Il caso

Tajani pensa al presente di Forza Italia, la famiglia Berlusconi al futuro

Simone Canettieri

Il partito è vivo e non è semplice da gestire. Pier Silvio e Marina ragionano su una prospettiva lunga: servono nuovi volti. A partire da chi va in tv

La ricerca di facce nuove era un pallino del papà e un titolo che quasi si scriveva da solo, di tanto in tanto: “Forza Italia, lo scouting di Berlusconi”. E poi si scivolava nei racconti dei casting ad Arcore, le fisse estetiche del padrone di casa, i consigli, i fugaci innamoramenti, le intuizioni e gli abbagli (chi si ricorda del mitico Gianpiero Samorì?). Adesso tutto questo è un ragionamento dei figli maggiori, Marina e Pier Silvio, con l’aggiunta dei preziosi consigli di Fedele Confalonieri. Attenzione: non è una trama oscura della “famiglia” contro Antonio Tajani che al contrario ha avuto il merito di rivitalizzare, voti e percentuali alla mano, un partito dato per morto dopo “la scomparsa del nostro Maradona”. 
Con una mentalità imprenditoriale, e dunque televisiva, i figli del Cav. pensano a come “migliorare” Forza Italia. E soprattutto a come fare per dare continuità a un progetto, fornendogli un pensiero lungo nel tempo e arioso nell’oggi. E’ la ricerca di un “fatto nuovo”, di uno slancio, di brio che fa riflettere gli eredi di Berlusconi. E questo esula, forse sì o forse no, anche dal clima che si respira dentro Forza Italia: il partito è vivo e dunque non mancano le complessità e gli annessi veleni. Come chi si lamenta e poi lo dice “ai Figli” dell’eccessiva e totalizzante esposizione mediatica di un ristretto pacchetto di mischia tajaneo: Barelli-Nevi-Gasparri. Pier Silvio e Marina, in attesa che uno fra loro faccia una nuova discesa in campo, si interrogano “sulla squadra”. Nell’ultimo periodo hanno incontrato anche parlamentari azzurri e del centrodestra in generale. Più imprenditori e manager. Normali rapporti di stima e vecchie consuetudini tra politica e impresa. 
Però insomma parlando parlando il ragionamento è uscito fuori: come intervenire, con chi e quando per dare una scrollata all’albero? (Canettieri segue nell’inserto IV)
Tajani, che è vicepremier e ministro degli Esteri in una congiuntura bestiale, non è che non abbia il suo bel daffare: ha dovuto gestire gli incendi scoppiati al sud con l’Autonomia differenziata, le mosse di traverso dei governatori, i viceré Roberto Occhiuto e Renato Schifani, ma anche il ritorno di Letizia Moratti al nord. Le piccole e grandi rivalità interne e poi appunto un discreto traffico in entrata, segno di vitalità, ma che va gestito. A partire dai parlamentari di Azione che si guardano attorno, pronti a tutto pur di non diventare una forza organica al centrosinistra. Per esempio raccontano che Tajani sia possibilista, con diverse sfumature, su Enrico Costa e Mariastella Gelmini, ma categorico nei confronti di Mara Carfagna. Tutto si muove, nel presente. E proprio il leader azzurro ha capito che non può crogiolarsi al sole delle europee: ecco perché adesso si è messo in testa di stringere patti territoriali con forze civiche o con una forte impronta locale. E’ successo in Sicilia e in Trentino, accadrà forse anche in Sardegna con i Riformisti. Aggrega per fare massa critica, Tajani. E prenota per Forza Italia la Campania. Visto che proprio ieri il rieletto europarlamentare Fulvio Martusciello è stato netto (“FI è stato l’unico partito dell’area di governo a crescere rispetto alla media nazionale: sono state le nostre primarie”). Discorso più complicato per l’Emilia Romagna dove il centrodestra non fa la gara a piantare la bandierina (il nome più forte sondato dalla destra, quello del presidente di Confartigianato Marco Granelli, alla fine ha declinato l’invito). 
E comunque visto che l’obiettivo di Forza Italia è quello di staccare ovunque la Lega, a settembre a Bellaria si terrà una convention azzurra. Risposta alla tradizionale festa del Carroccio a Cervia. Fermarsi è esiziale, anche solo per rifiatare. Soprattutto perché intanto a Milano c’è chi pensa al futuro del partito.
  

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.