Il racconto

Ex segretari, guru e big: così Schlein sta rottamando il vecchio Pd senza strepiti

Simone Canettieri

Zingaretti, Letta, Bettini, Bonaccini, Orlando: la segretaria, senza strappi, sta posizionando i precedenti leader lontani da sé e da Roma. E intanto investe su volti nuovo: in Emilia Romagna e Umbria

Ti guarda, ti ascolta, ride.  Pensi che insomma farà come dici tu. Escono i retroscena sui giornali, dici: è fatta, l’ho messa nel sacco. Invece no. Alla fine Elly Schlein ha deciso, senza strepiti, e sei costretto ad accodarti. Per non passare per colui che rovina con le sue ubbie e i suoi capricci il momento di euforia che si respira nella chat dei big del Pd, i nuovi padroncini del Nazareno. I quarantenni che si vedono nei ministeri, dopo il bel risultato delle europee e delle amministrative. E intanto la segretaria, mani di forbice, taglia e rottama. Ma prima ti ha guardato e sorriso. Non ha fatto interviste roboanti per annunciare il giudizio divino. Lei ride. Zac. 


Con una certa chirurgia, a guardare le cose dall’alto, sembra che la segretaria non solo sia una tipa che decida, ma che lo faccia con una strategia: rinnovare la linea di comando del partito. In Parlamento e nelle amministrazioni. In Emilia-Romagna il prescelto per il dopo Bonaccini (con il via libera del governatore uscente) è Michele De Pascale, sindaco di Ravenna, 39 anni. Ventitré anni in meno dell’altro pretendente: Vincenzo Colla, assessore regionale, con una lunga carriera nella Cgil. La sfida in Emilia Romagna, al netto di cataclismi, viene vista come una sgambata di salute dalle parti del Pd. Così come è tornata contendibile, e anche molto, la verde Umbria, in quanto governata dalla leghista Donatella Tesei. Dopo il “fenomeno” tutto da studiare e poco raccontato di Vittoria Ferdinandi”, che ha riportato a sinistra Perugia e per la quale Schlein si è spesa in campagna elettorale, adesso dovrebbe toccare a un’altra donna come candidata governatrice. Questa volta non una gauchista, ma una cattolica molto attenta all’ambiente che fa la sindaca ad Assisi: Stefania Proietti. La vogliono i civici, va bene al M5s di Giuseppe Conte e piace alla segretaria del Pd.

E mentre allarga e si carica in piazza, Schlein sembra iniziare a prendere le distanze fisiche dai vecchi big del Pd, lupi di mare di tante stagioni. Prendete Goffredo Bettini, il monaco del Pd nonché architetto del modello Roma esportato anche a livello nazionale. Uno abituato a sussurrare ai segretari del suo partito e anche a quelli di altri (vedi Giuseppe Conte del M5s). Bene, Bettini lo scorso maggio in un’intervista al Corriere ha detto: “Non sento Schlein da un anno”. Una notizia che è segno dei tempi e dell’aria che si respira nel “nuovo” Pd. Anche i rapporti con chi l’ha preceduta sono di cortese – perché Schlein non ama le polemiche pubbliche anzi è sempre “tutto fichissimo e bellissimo” – ma decisa lontanza. Enrico Letta non si occupa di Pd, ma di dossier europei e intanto scrive libri a tema (l’ultimo per il Mulino si intitola “Molto più di un mercato”, un viaggio nella nuova Europa). Nicola Zingaretti, anguilla della politica romana, è tornato dopo venti anni a Bruxelles-Strasburgo. Sarà capodelegazione, come ai tempi dei Ds. In compagnia di Stefano Bonaccini, lo sfidante della segretaria alle primarie che nel frattempo si è perso perstrada gran parte della mozione che lo sostenne. Con loro, lassù, c’è anche Antonio Decaro da Bari, mister mezzo milione di preferenze, uno che sulla carta potrebbe davvero essere l’anti-Elly, almeno nella mente dei costruttori di leader alternativi (specialità olimpionica nel Pd). Tuttavia dopo il risultato ottenuto in Puglia (nel resto del sud) è molto probabile che fra un anno torni in Italia per candidarsi governatore. Così come Andrea Orlando: pluriministro, principe della sinistra dem. Il suo nome per peso e provenienza è molto accreditato in Liguria, partita sospesa con l’arresto di Giovanni Toti. Ma pronta ad accendersi.

Dopo la conferma degli arresti domiciliari da parte del Tribunale del Riesame, dalle parti della Lega e Fratelli d’Italia circolava una consapevolezza ormai acquisita: “Non si può andare avanti così ancora per molto, Giovanni dovrà lasciare per il suo bene”. E per quello, sottinteso, del centrodestra, paralizzato in questo braccio di ferro con la magistratura, che così nel frattempo non riesce a trovare un’alternativa. Poi ci sono le riserve della Repubblica (e del Pd): Paolo Gentiloni e Dario Franceschini. Il primo, commissario europeo uscente, per statura politica e indole molto difficilmente avrà mire interne sul Pd quando tornerà da Bruxelles: ha già dato, ha già fatto tantissime cose, e gliene manca solo una. Franceschini, che lo stratega, asseconda e smussa, accoglie e ascolta i silenti malpancisti, fa massa critica e cuscinetto ma senza avere propositi belligeranti (almeno sulla carta, almeno per ora). Fatta questa premessa, non breve, si intuisce perché un’intera nuova classe dirigente di quarentenni è convinta di arrivare a dama. Al governo. Il governo Elly: metà donne, molto spazio ai diritti, età media tutti sotto i 45 anni. Nel taccuino restano impigliati un po’ di nomi che circolano in queste serate di afa romana: Marco Furfaro, Marta Bonafoni, Camilla Laureti, Cecilia Strada, Chiara Gribaudo, Chiara Braga, Michela Di Biase, Alessandro Zan, Igor Taruffi, l’immarcescibile Francesco Boccia. Sognano tutti il governo, o comunque sanno che ora tocca a loro. Se la chiamate rottamatrice, Schlein non vi risponderà. Al massimo un sorriso. E poi zac, Elly mani di forbice.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.