Regionali d'autunno

L'Emilia-Romagna al voto sogna il suo Keir Starmer

Marianna Rizzini

Il Pd va verso la candidatura del sindaco di Ravenna Michele De Pascale, la destra ha il (solito) problema di classe dirigente

L’Emilia di Romano Prodi, l’Emilia del Mulino, l’Emilia dei rocker e delle terre coltivate, l’Emilia che si risolleva da guerre, alluvioni e terremoti, l’Emilia dai ritmi lenti con il suo inseparabile contraltare, la Romagna veloce e operosa; l’Emilia rossa che soltanto una volta, a Bologna, nel 1999, ha eletto a sorpresa un uomo di centrodestra, Giorgio Guazzaloca, colui che oggi, dalla parti del governo Meloni, in tanti vorrebbero veder clonato, da quanto l’idea di doversi infilare nella solita sequela di tavoli preliminari per la ricerca di un candidato alle elezioni regionali emiliane d’autunno sgomenta chi, a destra, c’è passato già troppe volte (“ricordatevi a Roma il disastro del candidato sindaco”, ride amaro un esponente di FdI). E insomma, l’Emilia che a novembre andrà al voto ne ha viste di tutti i colori, compreso il sogno sfumato di Matteo Salvini: far eleggere una leghista (l’attuale sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni) alla presidenza della Regione, contro l’allora presidente uscente Stefano Bonaccini, all’alba di quel 2020 in cui tutto doveva ancora succedere. E infatti, sconfitta Borgonzoni ed eletto per un secondo mandato Bonaccini, con piazze piene di “sardine” e urne a supporto del Pd, tutto accadde, ma sotto forma di tragedia impensabile: il Covid, il lockdown, la crisi, il secondo lockdown. E oggi che Bonaccini, eletto in Europa, sta per andare a Bruxelles (ieri l’incontro di saluto con la stampa), la lotta per la successione entra nel vivo, anche se lotta non sembra: oggi la direzione regionale del Pd renderà ufficiale l’ufficiosa inconorazione a candidato governatore di Michele De Pascale, sindaco trentanovenne di Ravenna, bonacciniano che, dopo aver ricevuto l’investitura dal possibile competitor Vincenzo Colla, due giorni fa, ha pronunciato la frase della rottura d’indugio: “Sono a disposizione della segreteria”. E già si elucubra, al Nazareno, sui perché e i percome della scelta, e si dice che sì, non era schleiniano originario, De Pascale, “ma avrà attorno, dovesse essere eletto, le guardie del corpo politiche di Schlein”, i gemelli diversi Taruffi e Baruffi: Igor Taruffi, responsabile Organizzazione pd, già assessore regionale in Emilia, e Davide Baruffi, responsabile Enti locali, già sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale di Bonaccini. Non solo: il fatto che Colla, sessantaduenne uomo di lunga esperienza politica e sindacale (Cgil), abbia fatto il passo indietro a favore di De Pascale, è anche frutto, dice un deputato pd, “di una considerazione riguardante la capacità di De Pascale di governare con larga coalizione”. Larga nel senso di tutto il centrosinistra più i Cinque stelle. Miele per la segretaria Schlein che il primo luglio, proprio a Bologna, sul palco dell’Anpi, con suggestione da Fronte popolare francese, appariva sorridente alla serata di dibattito, con foto-ricordo, con tutti i leader dell’opposizione al governo Meloni, tranne i centristi Matteo Renzi e Carlo Calenda. Poi c’è il sindaco di Bologna Matteo Lepore (“avrebbe preferito una personalità legata a Bologna, ma la Romagna è pur sempre Romagna”, dice, sibillino, un esponente del Pd locale). Nomi a parte, c’è che Ravenna è in sé già un esperimento, intanto per il secondo mandato di De Pascale alla testa di un campo largo che fa della città dei mosaici un laboratorio di possibili nuove leadership – e c’è chi vede in lui il possibile futuro Keir Starmer d’Emilia, per il piglio riformista e federatore che si spera possa accomunarlo all’uomo che ha portato la sinistra alla vittoria in Gran Bretagna, con lessico e azione opposti a quelli del predecessore al vertice dei Laburisti Jeremy Corbyn, simbolo della sinistra movimentista e dei diritti a cui la segreteria schleiniana è parsa spesso ispirarsi nel suo primo anno di vita (intanto, a Ravenna, De Pascale si dichiarava favorevole al progetto del rigassificatore: “Se si vuole un rigassificatore in Italia, è difficile trovare un luogo che abbia le competenze e il mix di infrastrutture presenti a Ravenna. E’ il luogo corretto dove farlo”). Antefatto: nel 2022 Snam Spa (partecipata al 30 per cento dallo Stato tramite CdP) ha acquistato la nave di stoccaggio e rigassificazione BW Singapore. Ravenna si è proposta come candidata al ruolo di hub energetico (per il 2025) e come “ospite” per la nave (in mare, a circa otto chilomtetri dalle sue coste), con l’idea della diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas e della riduzione della dipendenza dalla Russia, con 25 milioni di euro di misure di compensazione. 


Governare con i moderati, dire no agli estremismi post-corbyniani (per non parlare dell’antisemitismo): il vaste programme che potrebbe delinearsi in casa De Pascale, già presidente dell’Unione Province italiane, piace a chi sogna, come modello, più Londra più che Parigi, ma l’indicazione da Roma, zona Nazareno, è di non far trapelare, da oggi in poi, dubbi di alcun tipo, onde evitare “la solita solfa del Pd che si divide in correnti pure quando ha un candidato forte”, dice un parlamentare dem emiliano. Sia come sia, al momento, chi si trova più al largo del futuro rigassificatore è la destra, costretta a mettere la testa sulla questione Emilia dopo la discesa in campo — come civica cui guardano anche i moderati della coalizione governativa, per esempio in zona Forza Italia — di Elena Ugolini, già sottosegretaria all’Istruzione nel Governo Monti e preside del liceo Malpighi di Bologna: “Mi piace unire e se alla mia proposta volesse unirsi anche il Pd sarei felicissima”, ha detto Ugolini. Ma il Pd ha già risposto accelerando su De Pascale. A destra dunque al momento si tace, si riflette, non v’è certezza. E c’era chi, nell’assenza di candidati papabili, problema non da poco che il partito della premier ha anche in altri campi, sognava la candidatura del meloniano bolognese e mister preferenza Galeazzo Bignami, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti che accusa Bonaccini di aver “abbandonato la nave” e che la politica della sua regione la osserva da vicino fin da quando, giovanissimo, è entrato come consigliere nella giunta Guazzaloca, sulle orme del padre Marcello, esponente storico della destra locale. Solo che poi è spuntata la foto (una vecchia foto del 2005, scattata in occasione del suo addio al celibato, in cui Bignami compare in divisa da nazista. E anche se il sottosegretario si è più volte scusato e ha più volte sottolineato “incondizionata condanna per qualsiasi forma di totalitarismo”, il rischio di riproposizione ciclica dell’immagine scoraggia chi, in FdI, vorrebbe spendersi per una sua candidatura). Nel Pd intanto si pensa alla squadra di De Pascale e, per andare incontro a chi avrebbe preferito un nome legato a Bologna, si parla, per la futura vicepresidenza di regione, della vicesindaca del capoluogo emiliano Emily Clancy, già assessora alla Casa (con un occhio socchiuso sulle occupazioni). Un nome corbyniano accanto al possibile “Starmer d’Emilia?”. I moderati tra i dem assicurano di no: “Alla vicepresidenza resterebbe Irene Priolo”, la vice di Bonaccini che si è definita “progressista e pragmatica”. 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.