dopo il voto

In Francia si parla di “governo balneare”. Ed è subito commedia, all'italiana

Salvatore Merlo

Nello stallo per la formazione del governo, la politica francese guarda al passato dell'Italia. Una balnearizzazione con cui probabilmente a Parigi cominciano a prendere le distanze da quel che sarà: niente di serio

In Francia ha sempre avuto grande successo la commedia all’italiana, ma leggere dei francesi che di fronte al risultato incerto delle loro elezioni parlano di “governo balneare” è quasi uno choc di civiltà. “Dovremo essere meno verticali nell’esercizio del potere e italianizzarci un po’”, ha detto ieri Jack Lang, l’ex ministro di Mitterrand, al Corriere della Sera. “Dovremo imparare quelle vostre straordinarie formule politiche. Per esempio, adesso in Francia sarebbe il momento di un governo... Come lo chiamate voi... Sì, un governo balneare”. Che è  una di quelle strambe parole con le quali in Italia sono stati chiamati i governi stagionali e di decantazione: governo fantoccio, governo istituzionale, governo di bandiera, governo di necessità, governo di salute pubblica, governicchio, e poi, ovviamente, il più fantasioso di tutti che è il governo balneare. Appunto. Espressione che gallizzata, ieri, diventava – pensate un po’ – gouvernement balnéaire in un tweet di Michel Rose, il cronista che a Parigi segue Emmanuel Macron per  l’agenzia di stampa Reuters. E viene da pensare che in questo riverbero italiano ci sia forse la fuga francese dalla calura estiva, ma pure dall’esagerazione e dal tragico dell’ingovernabilità. L’idea che la si possa curare, con balneare languore.

Solo che l’estate  in Francia è storicamente ipercinetica mentre è in Italia che l’estate si è da sempre trasformata in torpore politico (fatta eccezione per la crisi del Papeete: ma quella non era politica, era Salvini). In Francia a luglio si prese  la Bastiglia e incominciò la Rivoluzione,  mentre  in Italia  si insediarono sonnecchiando, per l’appunto, i brevi governi balneari (il massimo del movimento  con il minimo dello spostamento): il primo fu quello di Bonomi il 4 luglio del 1921, l’ultimo quello di Rumor il 7 luglio del 1973. E allora l’idea del gouvernement balnéaire, che porta con sé quell’italianizzazione della politica francese che già s’era incarnata nel quesito “può Le Pen melonizzarsi?”, è forse un indicatore di incompiutezza, di difficoltà, di crisi latente.  

Ma  poiché la Francia ama, dell’Italia, la sua commedia assai più della sua politica –   c’è da sempre a Parigi il teatro degli italiani – ecco che forse questa balnearizzazione  si  configura come un modo spiritoso, addirittura elegante, col quale probabilmente a Parigi cominciano a prendere le distanze da quel che sarà. Niente di serio. Commedia, appunto. Balneare e all’italiana.  Con una differenza fondamentale, tuttavia.  Ovvero che a  Roma ci si può bagnare di giorno a Ostia e votare la sera a Montecitorio. Mentre a Parigi il sole corrode i nervi e provoca gastriti. D’altra parte se Parigi avèsse lu mèri, fosse na piccola Bèri. E qui comincerebbe un altro capitolo, quello dell’école Barisienne.  
 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.