Il caso

Salvini scatenato, il rebus sull'Ursula bis e il caso Toti: il complicato ritorno di Meloni

Simone Canettieri

Finita la missione negli Usa la premier è attesa da guai e agguati. La Lega scatenata su Rai e guerra, il voto di Strasburgo di FdI e il destino del governatore della Liguria

Messi tutti insieme gli appuntamenti, agenda fisica e politica alla mano,  quello di lunedì con Vincenzo De Luca sembra il più innocuo. Nonostante  la premier incontri a Bagnoli il governatore della Campania dopo il famoso precedente “piacere, sono la stronza della Meloni” (reazione, ben studiata, a un insulto subìto). Vincenzo De Luca infatti ha fatto già sapere che la sfida a un confronto pubblico – “sereno e rispettoso” – davanti alla stampa sugli accordi di coesione. Bazzecole. Ieri Meloni è tornata da  Washington, con la valigia piena di ricordi e il quaderno zeppo di appunti con tanti punti interrogativi alla fine, tutti scritti con la sua amata penna verde. Il primo si chiama Matteo Salvini e si porta dietro scelte di politica interna e soprattutto europea. Appena scesa dall’aereo presidenziale, Meloni  ha avuto a che fare con  un uno-due abbastanza potente dell’alleato mai domo: il capo della Lega. Il primo   per interposta persona da Andrea Crippa, il vice Salvini. Rapido ad affossare il senso della missione italiana all’assemblea della Nato: “Dal mio punto di vista i missili ammazzano le persone, io sono contrario a fare in modo che in Ucraina e in Russia sempre più soldati muoiano”.  La premier, all’una di notte italiana, si era detta “fiera” di fornire armi di difesa aerea (i Samp-T) a Kyiv. Siamo alle solite. Con un’aggiunta inedita finora da segnalare: il “bentornata” è passato da un affondo del Carroccio sulla Rai. Fatto mai accaduto prima.

 

Per la copertura ballerina delle elezioni francesi messa in campo da RaiNews (il cui direttore è il turbomeloniano Paolo Petrecca) la Lega ha annunciato un’interrogazione in Vigilanza alla direzione dell’Approfondimento, guidata da un altro melonista tutto d’un pezzo: Paolo Corsini. Assolvendo allo stesso tempo l’ad Rai Roberto Sergio, “lasciato solo dal resto dell’azienda” di cui il direttore generale è Giampaolo Rossi, profeta della “Fiamma magica”.  Un missile a triplice gittata in una strategia che fa pensare a un’escalation. “Quando si fermerà Salvini? Dove vuole arrivare?”, si domandavano ieri, interdetti e lividi di rabbia, gli uomini e le donne più vicini alla premier. La quale in un’ormai sempre più complicata dissimulazione continua a dire in pubblico che il centrodestra è unito, che sulla guerra in Ucraina contano gli atti del governo e del Parlamento. Certo, senza citarlo, anche l’altra sera  ha mandato a dire “all’amico Matteo” che  se si continuano a inviare armi  non si alimenta la guerra, al contrario di quanto sostiene l’alleato. Di sicuro il controcanto salvinista inizia a essere costante, quotidiano e multidisciplinare. E soprattutto chiaro a tutti, al punto che il Pd ci sguazza in queste contraddizioni interne. Meloni minimizza, in privato si infuria: nessuno vorrebbe essere al posto delle sue sigarettine che, in questi casi, divora.

 

E’ tornata dunque la “zia d’America” e il daffare non le manca con cotanti scalmanati. Anche perché il sospetto di Palazzo Chigi guarda alla vera partita che si giocherà giovedì a Strasburgo, alle ore 13, quando la premier avrà terminato, forse,   il vertice della Comunità politica europea a Woodstock. Giovedì la Manica dividerà la leader dai suoi europarlamentari chiamati a votare sul bis di Ursula von der Leyen, dopo l’astensione della premier in Consiglio europeo. Allora: i segnali fanno pensare a un’apertura, non ancora esplicitata e da capire con quale forma nei confronti della presidente uscente della Commissione Ue che vuole succedere a se stessa.  Il   voto è legato al risultato che l’Italia deve ottenere “per il suo peso” e a quello che la presidente della commissione uscente dirà a Ecr, il gruppo conservatore europeo presieduto dalla stessa Meloni. Che intanto invia parole non proprio guerriere a Bruxelles: “Come presidente del Consiglio il mio obiettivo  è portare a casa per l’Italia il massimo risultato possibile”. Vicepresidente esecutivo della Commissione, delega di peso. E tutto può succedere. Come d’altronde spiega, con un perfetto sincrono, Nicola Procaccini, colonnello di FdI e generale di Ecr a Strasburgo: “Nulla di personale, martedì incontreremo Ursula e valuteremo il programma”. Si gratta e si tratta dunque.  Il sì palese di Meloni potrebbe provocare le reazioni scomposte del neo patriota Salvini. Ecco perché un’astensione annunciata e poi lasciata al segreto dell’urna resta un’ipotesi per salvare tutto. L’agenda pressa la premier, anche quella che c’è, ma non si vede e porta in Liguria. Dopo la conferma degli arresti domiciliari per il governatore Giovanni Toti c’è un problema che deve essere risolto a Roma. E soprattutto da chi guida la coalizione. Dai piani alti di Fratelli d’Italia, dopo una lunga premessa sul rapporto con la magistratura e su un braccio di ferro che non andrebbe perso, alla fine dicono: “Se fossimo in Giovanni ci penseremmo.  Nonostante l’attività della regione non sia paralizzata, un passo indietro aiuterebbe lui, in primis, e poi noi”. E però la decisione spetta ai leader. Salvini si è messo sulla difesa a oltranza del governatore, e contro i giudici, intravedendo anche questa volta la possibilità di una rendita di posizione interna e speculare. Il ritorno in Italia della leader della destra passa anche da questa matassa da sbrogliare. E’ tutto così complicato ed elettrico che il possibile faccia a faccia con De Luca di lunedì rischia di passare come un attimo di buon umore.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.