Le armi all'Ucraina: ecco come giudicare il governo Meloni
L’esecutivo ha moltissimi difetti, ma il parametro di giudizio è quello, non un altro. Riconoscerlo, anche da parte del Pd, non limiterebbe affatto lo spazio dell’opposizione, la renderebbe più credibile. E isolerebbe i putiniani d’Italia
Non si sa bene quale possa essere il parametro giusto per giudicare un governo e la sua linea. Forse le armi all’Ucraina. L’impiego dei fondi europei è importante, certo. La tenuta del bilancio non è secondaria. Le riforme istituzionali, con annessa possibilità di negoziare o di far decidere al pubblico via referendum, ecco un altro elemento dirimente. Gli investimenti sociali sulla sanità e la scuola hanno un peso centrale. Il voto su Ursula, se vogliamo. Ma c’è qualcosa di più importante della fornitura di armi all’Ucraina, della partecipazione piena e convinta a uno sforzo di coalizione occidentale per impedire alla Russia di Putin di mangiarsi un pezzo d’Europa a colpi di missili? Mi pare di no. Ora su questa questione si apre una partita pericolosa fin dentro la maggioranza di governo. Vannacci è stato una burla a scopo elettorale, tra l’altro mal riuscita, con un finale da operetta e i lepenisti che lo considerano omofobo e estremista, impalatabile per loro come vicepresidente del gruppo dell’estrema destra a Strasburgo.
Ma è solo la superficie. Uno dei vice di Meloni, il senatore Salvini, fa la voce grossa pacifista, e sappiamo che cosa significhi pacifismo in previsione dell’arrivo possibile di Trump alla Casa Bianca: significa resa a discrezione nei confronti di Putin. Con questa maggioranza, e con la sua pretesa di stabilità, con la linea Meloni verso i putiniani, dite quel che volete ma votate i provvedimenti di Crosetto e gli acquisti di armi e le forniture a Zelensky, bisognerà fare i conti, credo. Il Pd si è lasciato infiltrare da pretini loffi e altra genia negoziale, ma dovrebbe avere ancora una maggioranza favorevole alla Nato e all’occidente contro il despota del Cremlino, salvo smentite.
Meloni e i suoi in difficoltà su questa questione sono un problema per il Pd, affiancato dai grillini che compiono continui scarti nel senso del vecchio governo o alleanza del contratto, un asse Conte-Salvini sulle armi e sul negoziato con l’invasore. Le elezioni europee tutto sommato hanno legittimato una linea seria sulla materia, hanno smentito le ansie di resa delle forze politiche e delle aree di opinione le quali hanno puntato sulla ripetizione a catena e a vanvera del tema della “pace” senza condizioni nel corso di una guerra nazionale di resistenza all’occupante e ai suoi gesti criminali. Il governo ha moltissimi difetti, il suo programma è non condivisibile per molti aspetti, le leggi firmate da Nordio fanno impazzire una sinistra arresa al giustizialismo per gli altri e alla gogna, è in preparazione un referendum su fronti contrapposti in tema di autonomie, il personale politico della destra è criticabilissimo, il folclore neofascista disgustoso, ma il parametro di giudizio è quello, non un altro.
Riconoscerlo sarebbe un atto di decenza e di ordine logico e politico. Non limiterebbe affatto lo spazio dell’opposizione, la renderebbe più credibile. Aprirebbe un canale di negoziato e di dialogo in Italia e in Europa al termine del quale la ipotesi di un’alternativa salirebbe di livello, dalla propaganda alla politica vera. Isolerebbe i putiniani d’Italia e li condannerebbe a un penoso isolamento nel momento per loro teoricamente migliore, in attesa con un Trump eventuale di una spinta strategica decisiva allo sfascio della coalizione occidentale. Non pare poco.