(foto EPA)

Il colloquio

"Andrò a trovare Trump, ora lo sosteniamo più di prima”, ci dice l'uomo “americano” di Meloni

Luca Roberto

Parla l'onorevole di FdI Andrea Di Giuseppe, amico personale del tycoon: "L'attentato frutto di una campagna di odio. Ma Donald ha dimostrato di essere ancora più forte"

“Contro Trump ne hanno fatte più di Bertoldo. E’ chiaro che quando semini odio quel che raccogli è tempesta. Io che gli Stati Uniti li conosco bene sapevo non fosse una questione di se ma di quando sarebbe successo”. Onorevole Andrea Di Giuseppe, lei l’ex presidente lo conosce da tanti anni ed è una specie di ambasciatore di Fdi e di Meloni. Ha avuto modo di esprimergli la sua vicinanza? “Ma no, con tutta la concitazione del momento, con la convention di Milwaukee in corso, diciamo che è stato particolarmente impegnato. Però ho avuto contatti con tutto l’establishment repubblicano. Nei prossimi giorni aspettatevi qualche sorpresa. Di certo, quando ci sarà occasione, andrò a trovarlo. Le nostre abitazioni sono a mezz’ora di macchina di distanza”. Di Giuseppe alle scorse elezioni politiche è stato eletto con Fratelli d’Italia alla Camera. Italoamericano, imprenditore proprietario di un’azienda multinazionale nel settore edile, vive negli Stati Uniti, in Florida, da più di vent’anni. E’ uno dei più grandi sostenitori trumpiani all’interno del partito, una specie di cinghia di trasmissione tra l’ex presidente e Giorgia Meloni. Oltre che l’uomo che ha favorito il rientro in Italia di Chico Forti. “Ma ci tengo a dire che io non ho agevolato alcun contatto tra Giorgia e Donald. La premier non ha bisogno del mio aiuto. Si conoscono bene. Sono sicuro che avranno un rapporto molto proficuo quando Trump sarà rieletto alla Casa Bianca”, dice Di Giuseppe al Foglio. Lo considera davvero uno scenario così scontato? “Io sono almeno tre anni che sostengo sia una certezza. Ne sono convinto sia perché lo conosco personalmente, ma anche politicamente. Una presidenza americana forte fa bene a tutto il mondo. Può mettere fine all’incertezza a livello interazionale. E l’attentato di Butler lo rafforza ancora di più di prima. Ha dimostrato di sapersi rimettere subito in piedi. Ripeto, quando il clima è così polarizzato come negli Stati Uniti, almeno dalla presidenza Obama in poi, non ci vuole niente perché esca fuori uno squilibrato com’è successo in Pennsylvania. Quel che è successo è frutto di una campagna di odio contro Trump che andava avanti da mesi. O meglio, da anni. Sul piano politico e giudiziario”. Ma per voi di Fratelli d’Italia quindi Trump sarebbe l’interlocutore ideale. Meglio lui di Biden? “Io credo che noi che siamo un partito conservatore e che rappresentiamo uno dei governi più solidi a livello europeo possiamo essere considerati i migliori interlocutori per il prossimo presidente degli Stati Uniti”, risponde Di Giuseppe. “Questo sempre tenendo presente che il prossimo presidente lo scelgono gli elettori americani, non gli italiani o i francesi. Non trovo scandaloso che possa far breccia un messaggio come ‘Make America Great Again’. Eppure sono convinto che gli interessi americani e italiani, ma anche europei, possano assolutamente convergere”. 

 

A ogni modo le immagini dell’attentato in Pennsylvania hanno fatto accendere più di una lampadina sulla possibilità che un certo tipo di violenza politica possa riesplodere anche da noi, qui in Europa. Tutti, dalla premier Meloni al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, hanno suggerito un raffreddamento del dibattito pubblico. “Le società occidentali sono stressate da una struttura politica-economico finanziaria che non regge più. Quando tiri troppo il filo della globalizzazione ti devi aspettare i risultati che stiamo vedendo un po’ dappertutto. Questo anche perché oramai oggi i cosiddetti Brics fanno più del 60 per cento del pil mondiale”, analizza Di Giuseppe. “Siamo in una fase storica ben sintetizzata da quel che è successo in Francia. Lì la creazione di un cordone sanitario ha fatto sentire milioni di persone come degli appestati quando appestati non sono, visto che si tratta di semplice esercizio di democrazia. Sono quindi convinto che la polarizzazione stia arrivando anche da noi. Siamo arrivati a una specie di capolinea”. Guarda alle immagini dello scampato attentato ed è pessimista? “Se non cambia l’Europa è il popolo che fa cambiare l’Europa. Meglio allora che il cambio arrivi in maniera autonoma piuttosto che con i tumulti. Non vorrei ci trovassimo anche noi con il livello di divisione che c’è negli Stati Uniti”.

  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.