il colloquio
“Il Pd mi ha scaricato come spazzatura”. Parla Cozzolino, protagonista del Qatargate
“In diciotto mesi nemmeno una parola dal Partito democratico”, dice l'eurodeputato napoletano finito al centro delle indagini che hanno scosso il Parlamento europeo un anno e mezzo fa. Intervista
Bruxelles. Abbandonato da un Pd che lui definisce “indecente”, ma anche “deluso” dalla debolezza di Roberta Metsola e “amareggiato” dalle conseguenze di uno scandalo che doveva far esplodere la politica europea e che invece si va via via insabbiando. Per Andrea Cozzolino, l’eurodeputato napoletano finito al centro del Qatargate, è il momento di fare le valigie, lasciare Bruxelles per tornare a Napoli e tirare, assieme al Foglio, le conclusioni sulla tempesta che lo ha travolto.
Tutto inizia nel dicembre 2022 con l’esplosione del cosiddetto Qatargate e l’arresto per corruzione di Antonio Panzeri, ex eurodeputato Pd, Eva Kaili, vicepresidente dell’Euro camera, e Francesco Giorgi, compagno di Kaili, ex assistente di Panzeri e collaboratore dello stesso Cozzolino. Gli arresti, le valigie di denaro trovate dagli agenti e le confessioni di Panzeri innescano una valanga che investe l’Eurocamera. Le indagini si basano su una relazione dei servizi segreti, carte che in poche ore finiscono nelle mani della presidenza Parlamento europeo e nelle redazioni di mezza Europa, e così il nome di Andrea Cozzolino si fissa nella storia dell’euro scandalo più famoso dell’ultimo decennio. Al centro delle indagini ci sono principalmente italiani quasi tutti legati al Pd. E al Nazareno si scatena il panico. All’indomani degli arresti, Carlo Calenda twitta: “Quanto sta accadendo può portare allo scioglimento del Pd”. E mentre le procure su Cozzolino ancora tacciono, i primi a emettere una sentenza, definitiva e senza appello, sono i dirigenti dem.
A sette giorni dai primi arresti Enrico Letta convoca una commissione di garanzia e poi decide di sospendere con effetto immediato Cozzolino dal Pd. “Sono un caso unico nel panorama italiano, un politico che è stato investito da un’indagine della procura e, senza avere visto nemmeno un avviso di garanzia o aver capito il capo di imputazione, è stato sospeso dal proprio partito in poche ore”, spiega oggi Cozzolino, che giudica “assolutamente indecente il comportamento del Partito democratico e dell’allora gruppo dirigente”.
Quello che si strappa in quei giorni tra Cozzolino e il Pd è molto più che una tessera d’iscrizione. “Io sono un militante della sinistra italiana da quando avevo i pantaloni corti. Ho cominciato a 14 anni con il movimento degli studenti contro la camorra a Napoli, quando ero al liceo”, spiega l’eurodeputato napoletano. “Sospendendo me, si è negata l’esistenza di una storia che ha oltre 40 anni, la storia di una presenza di militanza attiva nella società, nelle istituzioni a livello locale e in ruoli anche molto importanti, a livello nazionale senza essere mai stato sottoposto al vaglio del controllo di legalità. Sono una persona che per la prima volta a 60 anni si è trovata coinvolta in una vicenda giudiziaria e, ciononostante, non si è mostrato alcun rispetto per la mia storia individuale e collettiva, che non è solo mia ma patrimonio del Pd che il Pd aveva il dovere di difendere e tutelare”, spiega l’ex dem.
Uno strappo voluto dal vecchio gruppo dirigente, ma che anche oggi nessuno, neanche con lo sgonfiarsi delle indagini, ha mai provato a ricucire. “Sono passati 18 mesi ma il Pd ancora non ha detto una parola, niente tranne un’iniziativa che ho molto apprezzato dall’ex ministro Orlando, che ringrazio, che ha ritenuto di fare un’interrogazione parlamentare su questa vicenda”.
Da lì a poco Cozzolino entra nell’occhio del ciclone dell’inchiesta. I giornali fanno quotidianamente una sorta di countdown sul suo arresto e l’eurodeputato sceglie di anticipare i tempi e rivolgersi direttamente alla procura. “Sin dalle prime notizie ho chiesto io alla Commissione preposta di sollevarmi dall’immunità parlamentare. E ho dato la mia disponibilità al giudice Claise – lo zelante pubblico ministero belga volto centrale di tutta l’inchiesta – di essere interrogato”. Le cose però prendono un’altra piega: a pochi giorni dal voto sulla sua immunità Cozzolino viene raggiunto da un mandato di arresto europeo per associazione, corruzione e riciclaggio.
“Una scelta impressionante, a causa della quale ho dovuto fare quattro mesi di arresti domiciliari e diciotto ore a Poggioreale. Una violenza gratuita e inaudita nei miei confronti, considerando che avevo dato la massima disponibilità a collaborare”, commenta Cozzolino. Perché si agì così non lo si saprà mai; la stampa internazionale parlò ai tempi della “solita disorganizzazione belga”, ma per l’ex eurodeputato c’è dell’altro. “C’era in quei giorni la volontà, vista infatti sugli altri imputati, di arrestare, interrogare e lasciare in carcere per ore, giorni, mesi, finché di fronte anche a una situazione psicologica complessa si arrivi a una forma, diciamo, di concessione alle teorie che formavano l’iniziativa della Procura”.
Arresti e perquisizioni e soggiorni in carcere su cui la presidenza del Parlamento europeo non ha mai voluto commentare. “Giustissima la collaborazione con le autorità, ma davanti a quanto stava accadendo la presidente e il Parlamento avrebbero dovuto dire qualcosa”, si lamenta Cozzolino. Ma, come in Largo del Nazareno, anche al nono piano di Rue Wiertz, la sede della presidenza dell’Euro camera, timori e preoccupazioni sulle conseguenze dello scandalo hanno influenzato le decisioni della presidente, “paure legittime, ma rimane il fatto che in Italia come in Belgio ci sia spesso una resa della politica e delle istituzioni davanti all’iniziativa legittima delle procure”, spiega l’ex eurodeputato. Mancanza di coraggio ancor più inquietante, secondo Cozzolino, se si tiene conto che chi aveva le carte già allora, sapeva che “per molti mesi, forse per anni, i servizi segreti hanno controllato direttamente o indirettamente l’attività che noi svolgiamo in Parlamento”.
A diciotto mesi di distanza il Qatargate oggi è sparito dalle cronache. “I protagonisti sono cambiati, il giudice Claise non c’è più, ho saputo che si è candidato alle elezioni politiche in Belgio, ma non è stato eletto, che dire, spiace…”, constata Cozzolino che poi aggiunge, “non ci sono più nelle indagini neanche i paesi presunti corruttori: né il Qatar né il Marocco”. Ma l’ex eurodeputato non vuole esprimere giudizi: “Ho un massimo rispetto dell’azione della procura belga e ho preso un impegno anche nei colloqui con loro e non intendo venirne meno. Al contempo però sono assolutamente impegnato a sostenere con determinazione la mia estraneità ai fatti e lo voglio dimostrare nei luoghi deputati”.
Ferite ancora aperte invece le accuse dei colleghi e titoli dei giornali che troppo rapidamente lo hanno dato per coinvolto, “comunque vada, non mi farò scudo con gli strumenti tradizionali, ma con una decisa battaglia politica e culturale”, spiega l’ex eurodeputato, “non si ricostruisce un’immagine a colpi di querele, e per ora non intendo avvalermene, né nei confronti di dirigenti del mio partito né tanto meno verso i tanti giornalisti che si sono, diciamo, presi la briga di scrivere delle cose che poi i fatti non hanno assolutamente confermato”.
Per lui l’avventura si chiude con un Bruxelles-Napoli sola andata, ma rimane “l’amarezza per il modo in cui si è conclusa la mia storia a Bruxelles, mista alla consapevolezza che in questi 15 anni ho sostenuto battaglie importanti e portato a casa anche risultati molto significativi”. Felice di abbandonare il pendolarismo tra Bruxelles e Strasburgo, Cozzolino saluta la legislatura che oggi prende il largo lasciando un consiglio: “Fare più attenzione alla questione della libertà delle persone e della loro dignità, non si tratta di garantismo peloso da casta, o di difendere un élite asserragliata, ma si parla della difesa dell’integrità e del prestigio stesso delle istituzioni. Serve garantismo vero, che si parli dall’Eurocamera ma ancor più per le persone più fragili, più povere come quelle che ho incontrato a Poggioreale”.