Passeggiate romane
Nomine a Strasburgo e tattica politica. Per Schlein non tutto fila liscio
La segretaria ha rivitalizzato il Pd, facendogli guadagnare diversi punti alle europee, e ha creato alleanze alle amministrative: nessuno, nel partito, la attacca pubblicamente. Ma, al di là delle apparenze, serpeggia una certa preoccupazione per le sue mosse
In apparenza tutto fila liscio come l’olio in casa dem. La segretaria Elly Schlein ha rivitalizzato il partito, gli ha fatto guadagnare diversi punti in percentuale alle europee, è riuscita a creare delle alleanze, quantomeno al secondo turno, nelle elezioni amministrative, e quindi nessuno, dentro il partito, la attacca direttamente e pubblicamente. Al contrario, nelle interviste, anche gli esponenti dell’area Bonaccini, a cominciare dal loro leader, tessono le lodi della segretaria. Ma al di là delle apparenze serpeggia una certa preoccupazione per le mosse di Schlein. Soprattutto nella corrente di Lorenzo Guerini, Base riformista, che ha sempre visto con un certo disagio il comportamento “troppo acquiescente” di Bonaccini nei confronti della segretaria. Gli allarmi riguardano le mosse politiche e tattiche fatte fin qui dalla leader del Partito democratico. Ma andiamo per ordine, partendo dall’Europa. I parlamentari dem di Strasburgo si sono molto stupiti del fatto che quando a Bruxelles sono iniziate le trattative per le poltrone da distribuire Schlein non ci fosse. E’ arrivata, dicono loro, solo a cose fatte, permettendo così a tedeschi e spagnoli di spartirsi gli incarichi più importanti nonostante il Pd sia ormai la delegazione più numerosa. I riformisti dell’Europarlamento, poi, ce l’hanno con la segretaria (e con Bonaccini che ha gestito la trattativa con lei) perché si sentono sottorappresentati negli incarichi avendo il triplo degli eurodeputati di Schlein. Il sospetto, anche questa volta, è che Bonaccini abbia giocato la partita in proprio senza pensare a garantire gli altri esponenti della sua area. Si pensi solo al fatto che non ha aiutato Pina Picierno a diventare vicepresidente del Parlamento europeo, ma anzi l’ha ostacolata, contrapponendole Antonio Decaro come candidato per quel ruolo e, quindi, creando una spaccatura dentro l’area. Il dubbio è che Bonaccini si accontenti di avere il posto di Iratxe García Pérez nella seconda legislatura (sempre che quel patto della staffetta tra spagnoli e italiani regga) e si disinteressi del resto. “L’unica cosa in cui si è mosso veramente, spuntandola sia su Schlein sia su Matteo Lepore”, dicono i critici del presidente Pd, “è stata la candidatura di De Pascale alla guida della regione Emilia-Romagna al posto dell’ex Cgil Paolo Colla, sponsorizzato dalla segretaria e dal sindaco di Bologna. Per il resto non ha toccato palla in tutto questo periodo”.
E ora veniamo alla politica nostrana. La linea adottata da Elly Schlein è chiara: rivitalizzare il Pd come vero partito della sinistra, facendo sì che i voti che dai dem erano andati ai grillini tornino indietro. E questa è un’operazione che certamente le è riuscita. Ma secondo i riformisti, muoversi solo lungo questa direttiva non consentirà al Pd di diventare un vero partito di governo. Questo almeno è il ragionamento che viene fatto dalle parti di Base riformista ma anche tra alcuni franceschiniani ed ex lettiani. Il timore è che la segretaria riesca a cannibalizzare gli alleati – soprattutto il Movimento 5 stelle che, sotto la guida di Giuseppe Conte, appare sempre più carente di ossigeno – ma che non si occupi veramente di creare le condizioni per la nascita di un centro senza il quale, sostengono i detrattori della leader, non si può pensare di ottenere veramente la maggioranza. Insomma, buttarsi a sinistra va benissimo in campagna elettorale per acchiappare i voti andati via, ma poi, per costruire un progetto politico che possa veramente competere alle prossime elezioni politiche, bisogna muoversi in tutte le direzioni. C’è da dire, però, che tutti questi ragionamenti, e mugugni, non emergono alla luce del sole e nessuno ha posto con chiarezza, e anche con una certa franchezza, questo problema alla segretaria. Un classico del Pd, si mugugna con i giornalisti amici ma poi non ci si muove, fino a quando la situazione non diventa esplosiva e, allora, si fa saltare il segretario.