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Il retroscena

Conte in affanno promette di ritornare. Dice di avere un piano

Francesco Gottardi

Dopo il flop alle europee il leader del M5s era pronto a farsi da parte. Scampata la bocciatura interna, ora cerca il rilancio in tre tappe: assemblea costituente, sfida a Schlein a sinistra, lotta all'autonomia differenziata

Politologi e sondaggisti lo chiamano “CamaleConte all’angolo”: immerso nel suo mimetismo ideologico, in via di progressiva dissoluzione. E in effetti: chi ha più visto il leader del M5s dopo la batosta alle europee? Chi l’ha più sentito? Giusto l’altro giorno, raro colpo di reni alle porte della Camera: “Meloni ha una Ferrari che non sa guidare”. O una comparsata al tg che ormai fa notizia. Sussulti pentastellati, copia sbiadita del mediatico premier che fu. Alt. Invece no. E’ tutto un abbaglio, fanno intendere dal suo entourage: siamo di fronte al “silenzio operoso” di chi è pronto a rilanciare, altro che bandiera bianca. Più che un camaleonte, insomma, l’avvocato Giuseppe sarebbe un gatto. Cinque stelle, sette vite.

 

Eppure le chiacchiere stanno a zero. Le percentuali al dieci. E il Movimento è finito in autoanalisi. Questo non lo nega, no, lo staff di Conte. Anzi: il presidente si è preso tutta la responsabilità della sconfitta. Ci ha messo la faccia, davanti agli elettori e ai pezzi grossi. Era pronto a mettere sul tavolo la sua leadership, minata dal fuoco amico (Grillo, Raggi, Casaleggio: la lista è lunga). L’ha pure fatto. Dopo il flop alle urne – qualcuno minimizza: son le europee, gli elettori del M5s mica vanno a votare! – Conte ha convocato due giorni di assemblea congiunta tra Camera e Senato. Una riunione sentita. “Se la mia guida non è più funzionale al progetto”, diceva il presidente ai suoi, “io faccio un passo di lato”. Nessuno ha colto la palla al balzo. Nessuno ha fatto pollice verso. Poteva essere il giorno dell’eclisse, è stato quello della ripartenza. Magari non ancora sotto i riflettori. Ma dietro le quinte, pare che Conte stia lavorando a un Movimento 2.0. Rinnovato e competitivo.

Non ingannino i balbettii europei, l’ingresso in The Left, il cortocircuito – molto pentastellato – che oggi vede i delegati in giallo congratularsi per la rielezione di Roberta Metsola, dicendosi “al suo fianco nella battaglia”, mentre il loro eurogruppo caldeggiava la sfidante  Montero (lo sapevano, Tridico e soci?). È tutto fumo negli occhi. La ricostruzione contiana passa per tre punti e questi non passano per Bruxelles. Primo: l’assemblea costituente. Se di recente l’avvocato è parco di interviste e appuntamenti tv, è perché ha la testa china “sul momento congressuale che ridarà linfa al Movimento”. Una finestra per ridefinirne regole e temi prioritari – persiste il nodo sui due mandati –, coinvolgendo tanto la base quanto la classe dirigente. L’assemblea è in fase di organizzazione. Prematuri i verdetti. Ma è pur vero che siamo a luglio, l’attivismo è scarico: fa caldo, è estate. Pure questo, molto pentastellato.

L’altra grande questione è il derby con Schlein a sinistra. Tutt’altro che tramontato: l’avvocato era sul palco dell’Anpi a Bologna, a Napoli per il gay pride, all’Aquila per la partita del cuore e giovedì sarà a Genova contro Toti. Ci sarà anche Elly. Ma un leader che vuole sparire non si presterebbe alla carrellata, fa notare chi tiene la sua agenda. E archiviato il voto, il M5s non ha intenzione di fare il junior partner del Pd. Di vivere nella sua ombra, in condizione di minorità. Se i dem rilanciano a sinistra, il M5s lo farà di più.

E veniamo così al terzo punto: il recupero delle battaglie identitarie. Pace, salario minimo, sicurezza sul lavoro, sanità pubblica, lotta alla corruzione. E cavalcando l’onda, quella contro l’autonomia differenziata. Conte la ritiene cruciale per recuperare l’elettorato del sud. Previsti aiuti al comitato del referendum, raccolte firme sui territori, stratagemmi parlamentari: il M5s ha appena presentato una mozione per incunearsi nella spaccatura interna alla maggioranza (copincollando la richiesta del forzista Occhiuto, porre il veto agli accordi governo-regioni se non si definiscono i Lep). Ne ha in mente altre. Anzi, “una marea di proposte”. Questa è la narrativa del Movimento. Da vedere se mai farà pace con la realtà.

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