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La parola alle città

Il governo, l'opposizione e la realtà. Parla il sindaco di Bergamo, Elena Carnevali

Marianna Rizzini

L’ex deputata dem, neo-eletta in Comune, mette in cima all’agenda la crescita. E dice no ai tagli meloniani

Vedere l’Italia e vedere una città dal basso, nel senso della terra e della realtà, e non guardarla da Marte, nel senso degli slogan e della pura retorica: è il compito e anche la sfida di un sindaco, e spesso l’abito precede il monaco. Difficile, infatti, governare un territorio prescindendo dalle vere urgenze (di una città ma anche del paese). Tanto più per un centrosinistra che si trova all’opposizione, in un quadro internazionale complesso, dove però ci sono segni di ripresa e resilienza, per esempio nella Gran Bretagna di Keir Starmer, l’uomo che ha portato una sinistra pragmatica e realista a vincere su populismi e destre. Forse quell’esempio può dare qualche spunto in direzione del 2027, l’anno delle prossime Politiche, ma intanto a presidio di alcuni temi e problemi ci sono loro, i sindaci eletti alla testa di una coalizione di centrosinistra più o meno larga, uomini e donne che fanno da sentinella e da avamposto. E non a caso molti ex primi cittadini siedono ora per il Pd in Europa, compreso Giorgio Gori, ex sindaco della Bergamo dove è stata ora eletta al vertice del Comune l’ex deputata dem Elena Carnevali. “Una signora città”, si leggeva sui manifesti elettorali di Carnevali, e l’orgoglio cittadino si percepisce anche nelle sue parole: Bergamo rinasce dopo gli anni del Covid, iniziati con lo shock della sfilata di camion militari carichi di bare. Altri tempi, per fortuna, e un’idea ricorrente: non si può prescindere dai temi della crescita, dell’occupazione, dei salari, della competitività, della giustizia. La linea “Meloni come Trump e Le Pen” e “diritti diritti diritti” insomma non basta. Quali sono allora le ricette con cui fare opposizione, quali le priorità di un’ipotetica agenda di concretezza a sinistra, vista da Bergamo? “L’Italia”, dice Carnevali, “sta attraversando una stagione di crisi demografica, ed è uno dei temi principali da affrontare. Gli effetti li vediamo su molti settori, dalla questione sanitaria in giù: non sembra essere una delle competenze direttamente in capo ai sindaci ma che sui Comuni si riverbera. Spendiamo circa 136 miliardi all’anno e, secondo le previsioni, andremo a spendere più di 211 miliardi nel giro di qualche tempo. Mettendo a confronto questi dati con l’ultima legge di bilancio, siamo di fronte a una condizione di insostenibilità. Per questo, in campagna elettorale, abbiamo fatto una sorta di cordata tra sindaci, per mettere l’accento sul necessario miglioramento del rapporto tra enti locali e governo centrale, fermo restando il grande lavoro di Antonio Decaro al vertice di Anci, in questi anni”. L’aumento dell’aspettativa di vita inciderà sempre più sulla spesa sanitaria, dice il sindaco di Bergamo, “impedendo di far fronte alla richiesta di cambio generazionale che viene dalla città, nonostante siano stati messi al centro della nostra azione il tema giovani e il tema casa, visto che l’attrattiva di un territorio si misura su tre parametri: formazione, case accessibili, lavoro”.

 

C’è un problema di capitale umano? “Nel primo trimestre del 2024”, dice Carnevali, “le imprese bergamasche hanno fatto richiesta per 30 mila lavoratori. I dati della Camera di Commercio locale dicono che 6 aziende su 10 faticano a reperire personale”. Soluzioni? “Per quanto ci riguarda, stiamo lavorando sulla formazione professionale, così come nel segno di una Bergamo città sempre più universitaria. Ma tutto si tiene, e di nuovo si pone il tema della casa e della sostenibilità degli affitti. Su questo un aiuto ci può arrivare da Cassa depositi e prestiti, sul fronte dell’housing e sulle nuove formule dell’abitare che hanno bisogno di una sorta di accompagnamento. Abbiamo ricevuto risorse importantissime sul fronte ammodernamento scuole  – l’ho ereditato dalla precedente amministrazione: 21 milioni di euro per ammodernamento scuole e nuovi asili nido, per azzerare le liste d’attesa, ma dall’altra parte ci troviamo di fronte a tagli che incidono proprio sullo stesso settore. E’ l’effetto paradosso di chi vuole l’autonomia e poi toglie ai Comuni non soltanto i finanziamenti, ma anche la capacità di programmazione”. Si parla abbastanza di crescita, di competitività? “Registriamo la presenza di un governo particolarmente romano, poco concentrato sulle potenzialità produttive, per esempio, del distretto di Bergamo e Brescia, come se non ci si rendesse conto di che cosa rappresenti questo distretto in termini di redditività a livello europeo e di capacità di innovazione. Non registro grandi politiche industriali, ecco. E servirebbe vedere qui la presenza del governo: venisse a conoscere bene questo nord, a capire che cosa chiediamo, mentre attraversiamo la suddetta fase di transizione digitale, tecnologica, ambientale. Le imprese vanno accompagnate. Al netto di tutte le considerazioni che ognuno di noi può fare sul Superbonus, il timore è che si passi da un periodo di boom al rischio di una contrazione. E, se non cresciamo, come facciamo a ridistribuire?”. Si impone anche un tema fiscale. La destra è intervenuta a suo modo, modo criticabile, ma a volte sembra che per la sinistra “tasse” sia una parolaccia. Cosa dicono i ceti produttivi a Bergamo? “Sanno benissimo che le leve in mano a un amministratore locale incidono poco sui livelli generali di tassazione. Sanno che l’interlocutore sta da un’altra parte. Ma, se si riuscisse a lavorare sull’aumento della produttività, si potrebbe ragionare meglio su una riorganizzazione della tassazione. L’altra faccia della medaglia di questo discorso sono i salari: anche in un territorio dove si scende al di sotto del 3 per cento in termini percentuali di disoccupazione, come a Bergamo, non vuol dire che le persone siano occupate con stipendi solidi e buona capacità reddituale. Personalmente il tema mi sta a cuore, come mi sta a cuore il modo in cui il Pd si rapporta alle piccole medie imprese e con il mondo industriale”.

Scenario internazionale, altri timori? “Il Pd ha tenuto sul tema del sostegno all’Ucraina. E intanto siamo stati capaci di diversificare le nostre fonti di approvvigionamento energetico, e siamo meno dipendenti dalla Russia. Ma dobbiamo affrontare il tema delle fonti alternative su dimensione climatica. Bergamo è tra le 112 città europee che hanno anticipato gli obiettivi dell’agenda 20-30. Siamo tra coloro che hanno scelto di essere pionieri di questa sfida, difficilissima, di non mancare l’abbattimento di 470.000 Ton di CO2”. Intanto, però, dice Carnevali, “c’è molta preoccupazione: siamo alla vigilia di scelte decisive in Europa, scelte che determineranno la collocazione del paese nella Ue. Temiamo un’eventuale indebolimento dell’Italia, proprio nel momento in cui sembrerebbe affacciarsi di nuovo il tema di una dimensione più politica dell’Europa, rispetto agli anni in cui prevaleva la  dimensione economica. Il paese ha approvato progetti di autonomia differenziata e di federalismo, e traduce il tutto in una forte volontà di regionalismo. Ecco, la paura è che questo si traduca in una perdita di forza”. Nell’agenda delle priorità con cui pungolare il governo, Carnevali metterebbe la sostenibilità e l’inclusività: “I dati che ci arrivano parlano di una povertà che sta diventando strutturale e di condizioni di marginalità anche grave, lo vediamo anche sul nostro territorio. Le regole attuali sull’immigrazione, poi, non fanno che peggiorare la situazione e si riflettono sulle politiche di sicurezza. Questo crea un corto circuito attorno all’immigrazione regolare, richiesta tra l’altro dal mondo delle imprese. Così non facciamo che far crescere sacche di irregolarità”. Carnevali, a Bergamo, parla anche di “grandi trasformazioni infrastrutturali, soprattutto sulla mobilità sostenibile: nuova stazione europea, nuova tramvia delle Valli, nuova tramvia in Val Brembana”. Non è il ponte sullo Stretto, ma il governo c’è? “Mi permetto di dire che non è pervenuto grande aiuto sul trasporto pubblico locale. Abbiamo sì avuto ingenti risorse dai fondi europei, ma ora servono risorse per la messa in servizio. La leva infrastrutturale, tra l’altro, si lega alla capacità attrattiva del territorio e questo si lega a sua volta, come si diceva, alla questione demografica. E comunque faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per contrastare la scelta governativa di far contribuire gli enti locali al contenimento della spesa pubblica in modo a nostro giudizio non proporzionato. Gli enti locali non sono i responsabili dello sforamento dei conti pubblici, e contestiamo la modalità con cui si è scelto di penalizzare gli enti più virtuosi. In prospettiva, è un quadro insostenibile, ed è un peccato: i processi di cambiamento spesso partono dai territori”. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.