Foto LaPresse

L'editoriale del direttore

Patrioti europei cercasi. Perché votare Ursula senza paura

Claudio Cerasa

Il rischio che i partiti italiani si presentino divisi a quest’appuntamento importante è piuttosto alto. Ma stare lì in mezzo tra europeisti e populisti significa marginalizzare l’Italia

Ieri Metsola, domani Ursula? Il Parlamento europeo, come sapete, ieri, con una maggioranza record, ha confermato Roberta Metsola come sua presidente. Hanno votato a favore di Metsola, oltre a Forza Italia, anche la Lega, anche Fratelli d’Italia e anche il Pd e già questa è una notizia interessante: stare insieme in Europa si può, anche se si fa parte di partiti rivali. Bene. Il voto su Metsola era scontato. Quello di domani, a voto segreto, su Ursula è meno scontato. Il rischio che i numeri ballino, per la presidente uscente, esiste. E il rischio che i partiti italiani si presentino a quest’appuntamento importante divisi, dilaniati, incapaci di fare squadra per ottenere qualcosa di utile non solo per il governo ma anche per l’Italia – immaginate se Elly Schlein, Antonio Tajani e Giorgia Meloni facessero pesare i propri voti in Parlamento non solo a nome dei gruppi di cui fanno parte ma anche a nome del paese che rappresentano – è piuttosto alto.

Sappiamo che la Lega non voterà a favore di von der Leyen. Sappiamo che Forza Italia voterà a favore. Sappiamo che il Pd voterà a favore. Ma nessuno sa ancora con certezza se Fratelli d’Italia userà il voto in Aula di giovedì con uno sguardo rivolto più all’Europa o più all’Italia. Se sceglierà di avere uno sguardo rivolto troppo all’Italia, è possibile che Giorgia Meloni si faccia prendere dalla paranoia politica ed è possibile che possa pensare qualcosa di questo tipo: veramente voglio fare questo regalo a Salvini e regalargli un argomento, il mio passo verso il mainstream europeo, verso Ursula, per farmi rompere le scatole per i prossimi tre anni? Se invece Meloni sceglierà di avere uno sguardo rivolto meno all’Italia e più all’Europa, è facile che capisca che di fronte a sé c’è un’unica scelta possibile per crescere, per rafforzarsi, per pesare di più, per contare di più, per avere un’Europa più vicina all’Italia, per avere un commissario europeo di peso nella prossima Commissione e per allontanare la propria destra dalla risacca degli estremismi. Una scelta e solo una: votare senza indugio per Ursula von der Leyen, rivendicando la mossa, mossa tra l’altro già fatta da un alleato di Meloni in Ecr, il partito guidato dal premier della Repubblica ceca Petr Fiala, mossa già fatta nel 2019 anche dagli alleati polacchi di Meloni – il PiS – che quando erano al governo non ci pensarono due volte a staccarsi da Ecr per votare a favore di Ursula, e spiegando con trasparenza tutto ciò che di utile rappresenterebbe per l’Italia avere un presidente eletto con i voti potenzialmente decisivi del principale partito italiano. Sul voto che riguarda Ursula, oltre che il trollaggio possibile di Salvini, per Meloni peseranno molti fattori, naturalmente.

Peserà la volontà di dare un dispiacere alla destra nazionalista, modello Le Pen. Peserà la volontà di dare dispiacere alla destra meno europeista, modello Orbán. Peserà la volontà di dare un dispiacere agli amici della destra polacca, il PiS, che non voteranno Ursula solo perché il loro grande nemico, Donald Tusk, voterà a favore. E peserà anche la volontà, per Meloni, di volersi distinguere dalla destra europea più vicina al trumpismo, proprio in un momento in cui il ritorno del trumpismo sembra essere inarrestabile. Peserà tutto questo ma prima di tutto peserà quel che Meloni, al momento del dunque, vedrà di fronte a sé guardandosi allo specchio, e quando cioè dovrà decidere se la destra che sta provando a cambiare è intenzionata a fare passi in avanti, anche per far contare l’Italia, o se la destra che sta provando a far crescere è intenzionata a fare passi indietro, immobilizzata dai fantasmi del passato, terrorizzata da quelli del presente e incapace di accettare l’idea che una destra che sostiene l’Ucraina, che sostiene l’Europa, che sostiene l’atlantismo, che combatte contro Putin, non può permettersi di stare in mezzo tra chi sogna di difendere le democrazie assediate e chi invece sogna di disarmarle. Ieri Metsola, domani Ursula? Patrioti europei cercansi, grazie. 

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.