Il caso
Ursula incontra Ecr: resta lo stallo, con qualche apertura. Meloni non sa come dirle sì
I Conservatori a Strasburgo giudicano in "chiaroscuro" il vertice con la candidata presidente. Lei promette loro la delega alla burocrazia e la vicepresidenza. Il problema della premier: annunciare o meno la posizione di Fratelli d'Italia? La leader teme di scoprirsi a destra con Salvini
A chi gli chiede una previsione, Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, risponde: “L’unica certezza mi sembra la difficoltà di astenersi giovedì: i voti degli astenuti poi dovrebbero uscir fuori dal segreto dell’urna. Tutti e 24. Poi nel segreto dell'urna...”. In Transatlantico non si parla d’altro: cosa farà domani all’Europarlamento il partito di Giorgia Meloni davanti al bis di Ursula von der Leyen? Ieri la presidente uscente della Commissione che vuole succedere a se stessa ha incontrato Ecr, il gruppo dei conservatori presieduto da Meloni. Riassunto di di chi era presente all’incontro: “Stessa posizione dei giorni scorsi, nessun passo avanti. Ursula in chiaroscuro: bene su migranti e difesa, troppo evasiva sulle politiche green”. E quindi? La nostra fonte euromelonista aggiunge: “Al momento è più no che sì”. In mezzo c’è di tutto, a partire dalla delega che toccherà all’Italia.
Un sassolino che fa pensare a un’intesa, ancora tutta da costruire nella forma e dunque nella meccanica, lo ha lasciato cadere von der Leyen davanti ai Conservatori: ha affermato di avere intenzione di istituire un vicepresidente con il compito di ridurre la burocrazia, in particolare nei rapporti con il Parlamento europeo.
Delega e ruolo che sembrerebbe, al netto di altre deleghe magari che Roma vorrebbe ottenere, cucito su misura per Raffaele Fitto, il ministro gps di Meloni a Bruxelles. Il titolare del Pnrr, quello della Difesa Guido Crosetto e il sottosegretario Alfredo Mantovano fanno parte di un silenzioso e influente pacchetto di mischia che valuta complicato per l’Italia dire ‘no’ alla candidata tedesca alla presidenza della Commissione, soprattutto alla luce dell’astensione in Consiglio europeo. Anche le parole di Francesco Lollobrigida, non proprio un ministro qualsiasi nella gerarchia di governo, hanno fatto eccitare gli spiriti di chi spinge per un accordo: “Negli ultimi mesi la presidente della Commissione ha avuto una nuova impostazione che fa ben sperare per il futuro”.
Marginale, ma chissà quanto, è il ruolo di Matteo Salvini, capo della Lega, entrato nel gruppo dei patrioti orbaniani. Chi conosce Meloni da venti anni dà un’interpretazione di questo tipo: “Non le piace scoprirsi a destra”. Le pressioni sulla presidente del Consiglio, affinché sostenga Ursula, sono molteplici. E per uno strano caso dell’agenda proprio ieri ha visto a Palazzo Chigi una delegazione della Tavola rotonda europea per l’industria (Ert). Per l’Italia erano presenti Claudio Descalzi (Eni) e Gianfelice Rocca (Techint). All’ordine del giorno: il completamento del mercato unico e la transizione verde. Ert ha incoraggiato Meloni e altri capi di governo dell’Ue a sostenere le raccomandazioni di Enrico Letta, incaricato da Bruxelles di redigere un piano proprio sul mercato unico. La posizione di Letta, ex segretario del Pd ed europeista convinto, è nota: l’Italia non può restare ai margini della futura Commissione. Ma tutti questi sembrano essere discorsi accademici. Il voto di domani sarà uno spartiacque. Soprattutto per Meloni. Il problema è anche il “come”. Una dichiarazione della leader di destra a favore potrebbe complicare, e non poco, i conti della candidata, favorendo così una marea di franchi tiratori specie dalle parti del Pse e dei Verdi. Al contrario l’annuncio di un “no” – che nel segreto potrebbe diventare sì – sarebbe la fotografia di un paese del G7 e fondatore dell’Unione che si mette da solo ai margini di tutto. Meloni dunque valuta il “come”. In un incastro di scenari che rotolerebbero sulla sua scrivania a seconda della scelta. Ecco perché si fa strada l’ipotesi che non si esprima pubblicamente. Ipotesi comunque complicata, anche se i suoi eurodeputati sono a pronti a dire: “Parleremo noi”. Certo, ma la scelta la prenderà comunque lei e solo lei. Aiutata, questo va detto, dalla libertà di coscienza che vige dentro Ecr. Sono per il sì a Ursula i conservatori di governo: i cechi e i fiamminghi-belgi. Ieri intanto anche FdI ha votato la riconferma di Roberta Metsola a presidente del Parlamento di Strasburgo e ha incassato l’elezione di Antonella Sberna, a vice, al secondo spoglio. Piccoli indizi?