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il colloquio

“Avrei voluto essere Jacques Costeau”. Una sera con Pier Silvio Berlusconi

Salvatore Merlo

Il secondogenito del Cav. non racconta barzellette ma è sorridente e seduttivo. La breve parentesi degli studi in Filosofia e la carriera a Cologno Monzese, la tentazione della politica e i consigli affettuosi della famiglia: "Ma chi te lo fa fare?"

E’ un Berlusconi che non racconta barzellette ma è sorridente e seduttivo. E’ un Berlusconi che  fuma il sigaro (mezzo toscano) e che dunque avrebbe potuto fare le riunioni con  Bossi senza soffocare a differenza del padre, il Cavaliere. Ma è anche un Berlusconi spaventato dalla politica. “Ne sento il fascino”, dice. “Ma un conto è l’adrenalina dell’avventura elettorale, un conto è il sacrificio di tutti i giorni. Chi te lo fa fare?”. Ecco, appunto. “Chi te lo fa fare” è all’incirca quello che a Pier Silvio Berlusconi ha detto anche la famiglia, alla quale spesso nei mesi scorsi l’amministratore delegato di Mediaset aveva manifestato il suo interesse e la sua curiosità per la politica. 

Ha una parola per tutti, un sorriso per tutti, una carezza per tutti, e da tutti pretende che gli si dia del tu. Perché Pier Silvio Berlusconi, dopo cinque minuti, qui a Milano, anzi a Cologno sede di Mediaset, ti dà l’idea di uno a cui potresti confessare ogni cosa. Anche perché lui ti racconta ogni cosa, e sembra sincero, cerca l’empatia, lo sguardo, l’intesa personale, persino rischiando gli eccessi della confidenza. Circondato dai manager di Publitalia,  in divisa (blazer blu e cravatta blu), prodigo di sé,  il secondogenito del Cav. racconta pure della sua vita privata, delle gite in mare col il sup (“che è una tavola gonfiabile con un remo: metti in moto tutti i muscoli, dalla punta dei piedi a quella delle mani”). Racconta degli amici pescatori a Portofino, di una dimensione certo agiata ma normale, dei figli che fanno la scuola pubblica e anche di quando da ragazzino disse al padre, il self made man, il grande funzionalista, insomma a Silvio: “Papà mi piacerebbe fare il biologo marino e girare il mondo come Jacques Cousteau”. Poi aggiunge: “Sotto sotto speravo che mi finanziasse”. E invece il Cavaliere lo mandò subito a fare uno stage in azienda. Qui. A Cologno. Sotto la grande torre con le antenne. “E meno male” sorride adesso Pier Silvio, che da ragazzo – dice – s’era iscritto a filosofia “ma feci solo un esame”. Poi l’università del lavoro. “La prima cosa che ho fatto a Mediaset era occuparmi dei numeri zero. Si trattava di programmi sperimentali che poi magari non andavano in onda”. Tutti fallimenti? “No, da lì sono iniziate le ‘Iene’”.

Volendolo misurare, a spanne, Pier Silvio Berlusconi sembra perfetto per la politica. La politica moderna, s’intende. Non è pasquino, certo, ma è simpatico a pelle, è spigliato, si lascia andare restando però sempre padrone delle sue espressioni verbali. Gli diciamo che sulla storia di Malpensa, Salvini ha speculato sul nome di Silvio Berlusconi. Di più. Gli diciamo che Salvini, secondo noi,  è un nano che è saltato sulle spalle di un gigante per fare un po’ di propaganda. E senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze. Anzi. E allora lui sorride, Pier Silvio. Con l’aria di chi sta dicendo: sono perfettamente d’accordo.  Poi però con le dita fa il gesto di chi si cuce la bocca per non parlare: zip. Non è forse un ingresso in politica questo esercizio, insieme, di diplomazia e di sincerità? “Al prossimo giro penso che ci potrebbe essere una opportunità pazzesca. I moderati in Italia sono la maggioranza, oggi però non hanno qualcuno in cui si riconoscono veramente. Forza Italia è perfetta e sta lì, ma un conto è una Forza Italia di resistenza, un conto è una Forza Italia di sfida”. Sì, certo, ma chi te lo fa fare? Ecco la domanda. Ecco il tormento. Ecco il suggerimento della famiglia e di chi gli vuole bene.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.