Il caso
Meloni: "Ascolto Ursula, poi decido alla luce del sole". Trattativa sulla vicepresidenza operativa
La premier combattuta sul sì di FdI a von der Leyen. Vuole una delega molto forte per Fitto che la tedesca sembra non concederle. Incognita Salvini tra "comprensione" e assalto in caso di voto favorevole
A mettere in fila le dichiarazioni di Fratelli d’Italia e a leggere controluce quelle belligeranti, ma non troppo della Lega, tutto farebbe pensare che Giorgia Meloni alla fine, e dopo una trattativa con le unghie e con i denti, dirà sì a Ursula von der Leyen. Chi però è molto vicino al dossier frena qualsiasi tipo di entusiasmo: “Sarei cauto, siamo al 50 per cento delle possibilità”. Meloni è tentata. L’appoggio alla presidente della commissione è un’ipotesi che contempla. Tuttavia deve vestire questa scelta con motivazioni forti “per l’interesse nazionale: la mia unica stella cometa”, dice a chi le chiede lumi. Le trattative sulle deleghe per il commissario italiano continuano (soprattutto sulla vicepresidenza operativa). E andranno avanti anche dopo le 13 di oggi quando l’Eurocamera di Strasburgo si esprimerà sull’Ursula bis. La premier in queste ore di incertezza espone il seguente ragionamento: “Non ci saranno sotterfugi, non è nel mio costume. Non sono attrezzata per la fantasia”. Niente astensione, che nell’urna potrebbe diventare sì. Sarà no o sì. A seconda del discorso pronunciato, alle 9, da von der Leyen.
Fratelli d’Italia, a partire dalla leader, chiede alla presidente della Commissione europea parole inequivocabili. Sui migranti, ma soprattutto sulla transizione ecologica cara ai Verdi, il vero freno davanti un’operazione di ingegneria politica non banale per un partito sovranista nato con forti spinte anti Bruxelles. “Non ci saranno più off o agenzie di stampa fatte filtrare: in Aula sarà il momento della verità. E in base a quello prenderemo una posizione alla luce del sole”. Meloni seguirà la faccenda dal vertice della Comunità politica europea al Blenheim Palace di Woodstock nel Regno Unito.
Se è vero che si sottrarrà al silenzio comunque vada la sua scelta sarà destinata ad avere conseguenze future: il sì significherebbe una svolta, il no la conferma di un autoisolamento iniziato in Consiglio europeo con il gradimento sulle principali tre nomine: due no e un’astensione.
La truppa di FdI a Strasburgo, 24 eurodeputati fra i quali anche la neo vicepresidente del parlamento Antonella Sberna, frigge.
Ieri si è riunita per analizzare tutti gli scenari, senza però arrivare a una conclusione. Qualcosa si è sbloccato durante la notte quando Meloni ha fatto il punto con
Carlo Fidanza, capodelegazione di FdI e Nicola Procaccini, copresidente dell’Ecr, famiglia dei Conservatori che ha dato a tutte le delegazioni libertà di scelta. I partiti di governo, i cechi e i fiamminghi, sono per il sì. Ad ascoltare i ragionamenti della premier che rimbalzano a Roma l’unica sicurezza rimane “la trasparenza”. Nessun giochetto segreto, nessun no che diventa sì. Ma qualsiasi scelta, soprattutto quella più ardita, ha bisogno di una forte narrazione politica da spiegare in Italia. E soprattutto alla Lega. Anche se dall’aria che gira dentro al Carroccio – e chissà che non sia una strategia – nessuno sta alzando barricate davanti a questa ipotesi. C’è tensioni, ma non troppa. Matteo Salvini dice che comunque vada al governo non accadrà nulla. Massimiliano Romeo, alla trasmissione di Giovanna Pancheri su Skytg24, parla addirittura di “comprensione” in caso di un voto favorevole di FdI. Al contrario Andrea Crippa, vice Salvini ben più dinamitardo, carica l’attesa con una domanda: “Chi avrà il coraggio di votare Ursula?”. Meloni, per questioni di propaganda interna al centrodestra, vuole essere “convinta dall’agenda Ursula”.
Anche se, allo stesso tempo, capisce il peso del suo no. Dentro Fratelli d’Italia c’è un dato politico: il sì non è un’eresia, se a determinate condizioni. Lo spiegano fra le righe il ministro Luca Ciriani e anche Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera. Il resto dei big, nelle discussioni private, sono ancora più possibilisti. Ma fuori dai retroscena Meloni vuole essere persuasa dagli argomenti programmatici di von der Leyen. Sarebbero conquiste, ma anche armi per dissuadere Salvini dagli attacchi. Anche se, complice la Rai, il vicepremier sembra non essere intenzionato a spingere sull’acceleratore contro la premier in caso di una svolta. Ma tutto può cambiare. Lo spauracchio del “no” ieri sera aleggiava costante dalle parti di Fratelli d’Italia: fa parte delle normali regole di una trattativa specie se così delicata. Di sicuro il no spingerebbe Meloni fra le braccia dei Patrioti nonostante le divisioni di ieri proprio sulle armi all’Ucraina (ma no sulla condanna alle iniziative diplomatiche di Viktor Orbán degli ultimi giorni). Anche questo fa parte del dilemma meloniano. Insieme certo alla trattativa per le deleghe del Commissario. A Bruxelles gira voce che von der Leyen sia disponibile a cedere un vicecommissario, ma senza deleghe esecutive. Sul piatto della bilancia oltre alla burocrazia ci sarebbero anche coesione e bilancio. Per chi? Ovviamente per Raffaele Fitto, tifato anche da Giancarlo Giorgetti (“è il nostro cavallo, il nostro candidato”). La telefona Giorgia-Ursula balla e forse sarà resa pubblica solo a ridosso del voto.
Questa mattina Ecr, in ogni caso, non farà alcuna dichiarazione di voto prima della votazione vera e propria.
La prossima Commissione