Michele Guerra (foto LaPresse) 

Far scendere la sinistra da Marte-3

“Crescita, parola di sinistra”. Parla il sindaco di Parma Michele Guerra

Una ricetta di governo pragmatica, alla testa di una coalizione ampia (senza M5s)

Marianna Rizzini

Sì all’abolizione dell’abuso d’ufficio, “buona notizia per tutti gli schieramenti”, no ai tagli per i Comuni già avanti con i progetti targati Pnrr, no alla demonizzazione “dei vettori di uno sviluppo che riguarda la società nel suo complesso”, sì al sostegno all’Ucraina. La “diplomazia delle città” e la preoccupazione delle aziende nel Nord (ex?) leghista

Due anni fa, quando l’allora neo-quarantenne Michele Guerra è stato eletto sindaco “civico” di Parma, alla testa di una larga coalizione che andava dalla sinistra Pd a Italia Viva, il governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni era ancora di là da venire e Parma — in anni in cui, a livello nazionale, il M5s non era sceso ai livelli di oggi —  appariva come la città simbolo di una de-grillizzazione imminente, una città in cui Guerra era stato assessore alla Cultura, forte di una fulminea carriera accademica, con tanto di fellowship a Stanford (sul tema delle neuroscienze applicate al cinema), e con più di cento pubblicazioni alle spalle, tra articoli e saggi, oltre a una nomea (supportata dai fatti) di grande esperto della filmografia di Bernardo Bertolucci.

Oggi Guerra, secondo la Governance Poll 2024, la classifica sul gradimento degli amministratori locali realizzata dall’Istituto demoscopico Noto per il Sole 24 ore, è il sindaco più amato d’Italia. Non è un sindaco dall’impostazione ideologica, ha il Pd oggi guidato da Elly Schlein (che dice di stimare) come partito principale nella sua coalizione, non nasconde (anzi) il suo appoggio personale ed esterno a Stefano Bonaccini nella corsa per la segreteria pd d’inizio 2023, ed è uno degli uomini su cui poggia il progetto per l’Emilia-Romagna di Michele De Pascale, sindaco di Ravenna e candidato governatore alle prossime Regionali. Un progetto per l’Emilia-Romagna e forse anche un esperimento per cominciare a misurarsi su un terreno di realtà, come centrosinistra con i piedi per terra, pragmatico e non dogmatico, più simile a quello che in Gran Bretagna ha portato alla vittoria di Keir Starmer che a quello a cui si è pensato in Francia con il Fronte popolare del “tutti contro” il pericolo lepenista. Chiediamo a Guerra se ha qualche nota a margine per l’agenda del centrosinistra all’opposizione. Il sindaco di Parma dice, come diceva già un anno fa, intervistato da questo giornale, che l’abolizione dell’abuso d’ufficio voluta dal governo Meloni, invocata in passato da molti sindaci di centrosinistra, deve essere salutata come una buona notizia in qualsiasi schieramento politico. Ma dice anche, Guerra, che “produttività e crescita sono parole belle e importanti per la sinistra”. Un sindaco è avamposto e sentinella, a un sindaco si guarda (dai partiti e dai governi) per risolvere problemi concreti e per sperimentare formule. “Il sindaco è anche osservatore e interprete”, dice Guerra: “Guarda il quotidiano e sta nella realtà in senso politico ampio, più ampio di uno slogan, e prova a tradurre un pensiero di centrosinistra non asfittico in azione, tenendo presenti i temi prioritari per il nostro elettorato – la sanità pubblica, il lavoro (Parma se ne sta occupando direttamente, come candidata a Capitale europea dei giovani per il 2027) – ma anche facendo uno scatto verso una visione complessiva di paese che non può permettersi di arretrare”.

La parola crescita torna, sottesa a ogni parola, e Guerra non ci sta a vederla ritrarsi sotto i colpi di scure che tutti i sindaci stanno denunciando: i tagli ai Comuni che arrivano da Roma. “Ho notato un certo accanimento sugli enti locali”, dice, “enti locali che si sono invece caricati l’impegno di mettere a terra i progetti finanziati con i fondi del Pnrr, cercando di essere il più possibile efficienti, veloci, realistici, sentendo però poi che, a livello nazionale e governativo, non si è capito che quei progetti devono essere sostenuti. Se si vuole fare spending review, ma se non si vuole buttare il lavoro fatto e la grande opportunità, non si possono abbandonare a se stesse le realtà più attive. Tanto più mentre si parla di autonomia, prospettiva preoccupante: si intravede un possibile scenario di divaricazione, a due velocità. Bisogna andare avanti insieme e bene, non acuire le differenze tra chi corre veloce e chi cammina”. Se crescita e produttività non sono parolacce a sinistra, come andare in quella direzione? “La sinistra deve sentirle come sue, quelle parole, pur in un orizzonte di equità e sostenibilità, senza dire no a prescindere quando si tratti di innovare, senza demonizzare i vettori di uno sviluppo che riguarda la società italiana nel suo complesso e che le porterebbe benessere nel suo complesso”. La destra al governo parlava di crescita in campagna elettorale, compresa la Lega di Matteo Salvini. Un Salvini che oggi però predilige altri temi. “Nel Nord in cui la Lega ha le sue radici, tra i ceti produttivi e pensanti, c’è preoccupazione”. Figuriamoci dopo i commenti di Salvini al voto europeo di ieri, quello che ha portato alla rielezioni di Ursula von der Leyen al vertice della Commissione Ue (ma con il “no” di Fratelli d’Italia). “Le imprese e in generale le città del nord vogliono sentirsi parte di un tessuto produttivo e culturale europeo, e i sindaci, per forza dotati di senso della realtà, sanno che è importante far contare diplomaticamente il paese all’interno della Ue, per non fargli correre il rischio di diventare di fatto periferico”. E’ andata com’è andata, ieri a Strasburgo, con una maggioranza che ha detto sì al bis di Ursula e con Salvini che diceva che era stato “tradito il voto di milioni di cittadini” con “l’ennesimo inciucio”. Il centrosinistra ha davanti questo quadro, complicato dalle tensioni sul fronte ucraino. “Il Pd in questo anno ha tenuto una posizione chiara sul sostegno all’Ucraina e deve continuare”. Ci sono però spinte diverse, a sinistra. “E’ importante non retrocedere”, dice Guerra, che racconta di una parallela “diplomazia delle città”, attraverso una serie di gemellaggi (nel caso di Parma, con Melitopol) e con una crescente attenzione ai rapporti con altri paesi dell’area: tre giorni fa il sindaco ha incontrato l’ambasciatore della Repubblica di Moldavia, per parlare della situazione internazionale e stabilire i confini di future cooperazioni e scambi culturali, visti anche gli ottimi rapporti con gli americani (tanto che i consoli generali Usa sono passati da Parma numerose volte). Un campo largo internazionale per un campo largo del centrosinistra nazionale “di cui il Pd”, dice Guerra, “deve essere perno”. Come dire che il perno non dev’essere il M5s? “Pd e M5s hanno dimensioni diverse, e la situazione rispetto ad alcuni anni fa appare rovesciata”. I rapporti di forza ne conseguono? “Diciamo che il Pd non ha bisogno di rincorrere nessuno. E dico anche che è un peccato vedere la litigiosità centrista. E’ stato polverizzato, alle Europee, un numero non esiguo di consensi”. E però il Pd pare a volte sbilanciato verso il M5s, per esempio sull’abolizione dell’abuso d’ufficio. “Ripeto: l’abolizione dell’abuso d’ufficio dovrebbe essere considerata a sinistra una buona notizia, e non si è meno di opposizione se lo si dice. Sono anche i numeri a sottolineare che il 94 per cento dei processi per abuso d’ufficio finisce in un niente, come detto più volte in sede Anci”. C’è qualche materia su cui si può avviare un’azione di opposizione costruttiva? “Sento purtroppo la destra di governo molto chiusa, al momento, a partire dal tema autonomia. Peccato, servirebbero più tavoli di confronto, e un punto di vista più lungimirante. L’opposizione è costruttiva quando il governo apre a un minimo di ascolto e in Italia non sta accadendo anche su temi che non è pensabile né giusto imporre senza un consenso più largo di quello della maggioranza”. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.