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Il commento

Cosa cambia con il voto di ieri in Europa? Oltre le alleanze c'è di più

Gennaro Sangiuliano

L’Europa non è e non può essere degradata ad una mera costruzione tecnocratica. Ci scrive il ministro Gennaro Sangiuliano 

L’Ue si trova a un passaggio decisivo della sua storia. Il rinnovo della sua assise parlamentare a seguito delle elezioni dell’8-9 giugno e la nomina dei Vertici delle istituzioni europee avvengono in una congiuntura internazionale segnata da due conflitti in corso nelle sue immediate vicinanze e altri fattori di instabilità. Sfide che ci invitano a riflettere sull’Europa, sulla sua identità culturale e sul suo ruolo nel mondo. Alexis de Tocqueville scriveva: “Le leggi sono sempre vacillanti, fintanto che non poggiano sui costumi”. 

L’Europa non è e non può essere degradata ad una mera costruzione tecnocratica. La base del progetto europeo, nato con i trattati di Roma del 1957, è la storia comune, fatta di passaggi tormentati ma anche di conquiste storiche, a cominciare dalla democrazia e dal riconoscimento della centralità dell’individuo con i suoi diritti civili e della persona. Una storia che ha fondamenta ferme e vitali nelle comuni radici giudaico-cristiane e nella civiltà giuridica del diritto romano. Una storia che nei secoli è stata arricchita dall’intrecciarsi e dal contaminarsi delle arti e delle lettere e da tante piccole cose, apparentemente marginali, che forgiano la vita quotidiana. Una storia che non può prescindere dall’idea di nazione, attuale ora come nell’Ottocento. Lo storico Federico Chabod ha affermato che “dire senso di nazionalità, significa dire senso di individualità storica”. Questa individualità è un valore da preservare, il più rilevante lascito della storia. Perché lungi dall’essere una minaccia, le identità culturali nazionali, quella pluralità di tradizioni, di lingue, di costumi, di espressioni culturali uniche che costituiscono il patrimonio culturale europeo, sono la vera essenza dell’idea di Europa. In un mondo policentrico, dove le tentazioni autoritarie sono forti e pericolose, l’Europa è innanzitutto un valore, una dimensione culturale e spirituale plurale e tollerante; un faro di libertà e democrazia per il mondo intero. Il sistema democratico costituisce il più elevato risultato di secoli di storia dell’occidente, a cui l’Europa ha contribuito con il suo pensiero.

Ma non si può prescindere dalla storia e dal travaglio delle nazioni che ci hanno consentito di definire questa forma politica, la più vicina alla libertà. Una certa politica globale del nostro tempo ha archiviato troppo in fretta la storia e con essa la geografia dei popoli, delle loro culture, delle loro peculiarità che si sono sedimentate nei millenni. Questo è un danno alla civiltà. Il nostro tempo ha visto l’agire di caste di potere tecnocratico, strutturate secondo lo schema delle oligarchie, burocrazie del potere che esercitano una pedagogia quotidiana e impongono una visione univoca della realtà. Certe élite hanno decretato la “morte della nazione” che è soprattutto la “morte della Patria”. Mentre, invece, Patria, Nazione, Stato, restano i tre sostantivi che hanno ancora profondo valore nel precisare una comunità politica organizzata. Oswald Spengler, prima di altri, nel celebre libro “Tramonto dell’Occidente” (Der Untergang des Abendlandes), proponendo un’idea faustiana dell’Europa, culla della civiltà, muove una critica serrata al cosmopolitismo che uccide ogni vitalismo. E sottolinea i pericoli della decadenza dell’uomo europeo, perso alla ricerca di un universalismo indefinito. Da qui l’importanza del richiamo a Mircea Eliade per riaffermare il valore del sacro. Le sovrastrutture amministrative servono al governo dell’Europa, al buon funzionamento delle istituzioni. Si auspica che siano leggere ed efficienti e soprattutto che non prendano il sopravvento sul volere dei popoli, sul loro spirito e sulla comune vocazione ideale. Se la burocrazia diventa dominante, e purtroppo è accaduto spesso in Europa, si lede il principio di democrazia e di sovranità popolare, cardine delle costituzioni europee, creando una insana e pericolosa separazione tra le istituzioni e i cittadini. L’Europa non può essere l’insieme di regole astratte, che prescindono dalle aspettative dei popoli, dalle loro ansie e dai loro bisogni reali. José Ortega y Gasset nel rappresentare i tratti della società di massa avverte la necessità di costruire la politica mantenendo un legame con l’individuo-massa, le sue ansie e aspettative. “La vita pubblica”, scrive Ortega y Gasset nel delineare quello che definisce il fenomeno dell’agglomerato, “non è soltanto politica, ma in pari tempo e in prevalenza, è intellettuale, morale, economica, religiosa; comprende tutti i costumi collettivi, inclusa la maniera di vestire e la maniera di godere”. Un monito a quei gruppi di potere che elaborano modelli e soluzioni senza tener conto dell’idem sentire popolare. La storia dei popoli non può essere rappresentata come un cammino progressivo, che ha un inizio e una fine, dove il “dopo” risulta essere necessariamente meglio del “prima”.

Essa è piuttosto una coesistenza di culture diverse autonome nella loro sostanza. Il grande affresco familiare dei Buddenbrook, l’opera più famosa di Thomas Mann, nel proporre la saga decadente di una grande famiglia della Germania rende chiara la contrapposizione fra Kultur e Zivilisation, perché non sempre il progresso, la presunta civilizzazione, corrispondono a un reale avanzamento culturale. Ortega y Gasset, afferma che bisogna “piantare i talloni nel passato, partire dal presente e mettersi in marcia” in un sistema nel quale la “vita umana è strutturalmente storia” e le “credenze” che da questa derivano finiscono per essere la struttura dell’essere. “Il potere pubblico”, ribadisce sempre Ortega y Gasset nella “Meditazione sull’Europa”, non è altro che “l’intervento attivo, energico dell’opinione pubblica. Se non vi fosse opinione pubblica non ci sarebbe potere pubblico e ancor meno Stato”. Il conservatorismo è il vero modernismo, che punta al progresso delle società, nel solco delle loro tradizioni, senza l’utopia pericolosa di voler costruire una società nuova. Lo sforzo di Giorgia Meloni e dei suoi alleati è quello di riancorare l’Europa alla grandezza della sua storia e ai suoi valori fondativi per affrontare con coraggio e orgoglio le sfide della contemporaneità. Ben oltre le alchimie politiche e gli schemi di alleanze, l’Europa che sta nascendo in queste ore deve ripartire dai suoi presupposti culturali e ideali per essere in sintonia con la volontà dei suoi cittadini. L’esistenza, e questo vale per l’esistenza degli europei, non si realizza in un breve istante, in un attimo, ma nel tempo della storia.

Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura