La sentenza

La Consulta boccia Salvini e apre alle nuove licenze Ncc. Ora tocca ai comuni agire

Gianluca De Rosa

Per i giudici è incostituzionale il divieto previsto dal decreto del 2019 che ha impedito nel corso di questi anni ai comuni di rilasciare nuove licenze causando, scrive la Corte nel suo comunicato, "un grave pregiudizio all'interesse della cittadinanza e dell'intera collettività"

Il divieto di rilasciare nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente (Ncc) è incostituzionale. Lo ha deciso i giudici della Corte costituzionale con la sentenza n.137, depositata oggi, che ha dichiarato illegittimo l'articolo 10-bis, comma 6, del decreto-legge n. 135 del 2018. Un provvedimento che deriva da un ricorso del governo contro una legge regionale della regione Calabria (governata dal forzista Roberto Occhiuto) che apriva alla possibilità di emetterre nuove licenze. Adesso i comuni non dovranno più aspettare "la piena operatività" del registro elettronico nazionale - atteso dal 2019 e solo recentemente normato nel dettaglio da un decreto attuativo approvato dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini - per mettere a bando nuove licenze Ncc

 

Secondi i giudici costituzionali il divieto ha consentito, per oltre cinque anni, "all'autorità amministrativa di alzare una barriera all'ingresso dei nuovi operatori", compromettendo gravemente "la possibilità di incrementare la già carente offerta degli autoservizi pubblici non di linea". La notizia è importantissima se si pensa che le licenze sono bloccate da anni.

 

A Roma, per esempio, se ne contano solo 974, un numero ridicolo. Gli autisti – fortemente contrastati dai sindacati dei tassisti – chiedevano di aumentarlo di oltre 5.000 unità. Il sindaco Roberto Gualtieri punta a emetterne 2.300, ma fino a oggi non avrebbe potuto farlo nonostante il registro elettronico sia finalmente stato normato. Il decreto attuativo di Salvini infatti prevedeva di garantirne la "piena operatività" entro 180 giorni dalla pubblicazione, ma nella sentenza la Corte costituzionale spiega che cancellando la norma che vietava le emissione di nuove licenze prima della sopracitata "piena operatività" di fatto il decreto Salvini non ha "alcuna incidenza, dal momento che le censure sono state prospettate sulla disposizione legislativa" in ragione della sua "struttura", a prescindere dalle evenienze "di fatto" e dalle "circostanze contingenti" attinenti alla sua concreta applicazione. E ciò in quanto - prosegue la nota della Consulta - è proprio la configurazione della disposizione censurata che ha consentito all'autorità amministrativa di bloccare l'ingresso dei nuovi operatori nel mercato del Ncc semplicemente rinviando, "con il succedersi dei decreti (ovvero con la loro emanazione e la loro successiva sospensione), la piena operatività del registro informatico". Insomma, basta rinvii, da adesso i comuni potranno pubblicare i bandi per le licenze.

  

Anche perché, dicono i giudici della Consulta: "È rimasta del tutto inascoltata la preoccupazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) volta a evidenziare che l'ampliamento dell'offerta dei servizi pubblici non di linea risponde all'esigenza di far fronte a una domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall'incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione". La norma censurata ha pertanto causato, in modo sproporzionato, "un grave pregiudizio all'interesse della cittadinanza e dell'intera collettività". I servizi di autotrasporto non di linea, infatti, concorrono a dare effettività alla libertà di circolazione, "che è la condizione per l'esercizio di altri diritti, per cui la forte carenza dell'offerta" – che colloca l'Italia fra i paesi europei meno attrezzati al riguardo – generata dal potere conformativo pubblico ha indebitamente compromesso "non solo il benessere del consumatore, ma qualcosa di più ampio, che attiene all'effettività nel godimento di alcuni diritti costituzionali, oltre che all'interesse allo sviluppo economico del paese". 

  

La sentenza della Corte arriva dopo una delibera di marzo con la quale i giudici costituzionali avevano dato una prima volta ragione alla regione Calabria contro Palazzo Chigi. ”Calabria-Governo 2-0. Non è una partita di calcio, ma il risultato decretato dalla Corte Costituzionale che ha rigettato entrambe le impugnative di Palazzo Chigi contro le nostre due leggi regionali costruite con l’obiettivo di distribuire nuove licenze Ncc in Calabria per favorire la mobilità di cittadini e turisti", ha festeggiato così la notizia il governatore Occhiuto prima di aggiungere: "Siamo davanti ad una decisione storica e senza precedenti, che ammacca le corporazioni e che finalmente rende il mercato realmente libero a vantaggio dei cittadini e di chi vuole fare impresa”. Lo ascolteranno ora a Palazzo Chigi e al ministero dei Trasporti?

    

Esulta anche Andrea Romano, ex parlamentare Pd e oggi presidente di MuoverSì Federazione Ncc e mobilità: “Chiediamo ora alla presidente del Consiglio di convocare rapidamente un tavolo di concertazione per una nuova legge quadro sul trasporto pubblico non di linea. Oggi la sentenza della Corte costituzionale assesta un colpo definitivo alla già traballante credibilità della legge 12 del 2019, che ormai solo il ministro Salvini si ostina a prendere sul serio con decreti attuativi gravemente punitivi verso decine di migliaia di operatori e aziende Ncc. La Corte ha messo nero su bianco quanto vivono ogni giorno sulla propria pelle milioni di cittadini italiani, di turisti stranieri e di aziende a cui si nega il diritto costituzionale alla libera mobilità".

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