La Commissione

Pasticcio Meloni, per insegure Salvini vota "no". Ma FdI fa partire lo spin "L'abbiamo votata"

Carmelo Caruso

Vota "no" e spiazza tutti. La mossa di Fazzolari, il silenzio e poi la dichiarazioni in un video. Salvini pronta a urlare al tradimento la coccola, Tajani ne esce ridimensionato

Roma. Si è giocata un posto nella storia per non far posto a Salvini. Meloni non vota von der Leyen. Lo spiega da Oxford in un video: “Non condividiamo metodo e merito. La nostra scelta non compromette il ruolo che sarà riconosciuto all’Italia”. Forza Italia: “Hanno votato sottobanco”. Pier Ferdinando Casini lo suggerisce in un post: “Chi dice di non averla votata l’ha votata”. FdI (a Roma): “Falso”. FdI (a Strasburgo): “Vero”. Alla Camera, Enzo Amendola, del Pd, pensa che  “Meloni è solo una Orbán che ce l’ha fatta”. Tra Merkel e Calimero, Meloni ha scelto di restare Calimero, pulcino solo e nero.


Non ce l’ha fatta, Meloni non ce l’ha fatta a immaginare Salvini gridare “tradimento”. In queste ore a chi gli consigliava prudenza: “Guarda che ti isoli”, lei rispondeva all’incirca: io con Ursula ho un rapporto personale. Non mi sembra che dopo il Mes sia caduto il mondo. Ad altri ancora: io non faccio lo stesso sbaglio di Salvini che entrò nel governo Draghi. Al telefono dopo il voto, il suo staff avvisa: “Non parla”. I cronisti al seguito: “Non la vediamo da due giorni”. Sono a Oxford, ma lei si sposta a Londra, torna di mattina a Oxford sempre senza comunicare gli spostamenti. Sono spiazzati i collaboratori, rimane spiazzato Antonio Tajani, che fino a poche ore prima del voto, garantiva: “Vota, vota, vedrete”. E’ chiaro ormai che c’è un solo unico modo per fare cambiare idea a Meloni, consigliare che è meglio che la cambi. Non  importa contare in Europa, lei vuole contare i voti in Italia. La cerchia  della premier di fronte ai problemi vi risponde che non sa come rispondere e che in questi casi la chiave è “Fazzolari!”. Sarebbe lui l’ispiratore della linea dura, “mai piegarsi”, “la coerenza paga”, “una sola faccia per non perderla”, ma anche questo fa parte dello schema: lei lascia pensare che apre, lui recita la parte dell’inquisitore.  Alla Camera, il simpatico Salvatore Deidda, il coordinatore sardo di FdI, racconta che “una volta ascoltato il discorso di Von der Leyen era chiaro che non potevamo votarla. Sui carburanti non ha aperto”. Ma quando gli si chiede se sapesse che l’intenzione di Meloni era votare ‘no’, pure lui, sorride teneramente. Giovanni Donzelli non c’è, ha un appuntamento a Catania, dove ci sarà pure Arianna. In ogni articolo servono delle voci, ma a che serve raccogliere le loro, di voci, o quelle dei ministri di FdI: ne hanno forse mai avute una di voce, in capitolo, con Meloni? Lo sanno pure le pietre che decide lei e che a volte si confida con grandi italiani, solo per il piacere di fargli credere che ascolta. Andrea Crippa, il vice di Salvini, a voto in corso, dice: “Aspettiamo”. Lo dice come chi sta attendendo la fine della partita e conduce con due gol di vantaggio. I leghisti hanno il mandato di farsi vedere in Transatlantico pronti a dichiarare, esultare, a urlare al tradimento, come fa Claudio Borghi, sin dalla mattina, nessuno però prevede che Meloni voti no. A Oxford viene chiesto se ci sia stata una telefonata con Ursula. E’ un classico. Una telefonata allunga la vita, e l’articolo, e infatti lo si lascia credere: “Non confermiamo né smentiamo la telefonata”. In Transatlantico, Giulio Tremonti, che a Omnibus, aveva lasciato capire che in Europa si sta a tavola, tanto più se si è un paese fondatore, pensa che è stato bello vivere gli anni di Berlusconi dove si poteva pure cambiare idea, senza finire in uno di quei video cretini: “Diceva prima, dice ora”. A Bruxelles Nicola Procaccini e Carlo Fidanza spiegano invece che il ‘no’ è dovuto al Green deal e che in pratica Meloni si sarebbe giocata un posto al tavolo per un pieno di benzina. Meloni voleva un Europa con meno verde, ma ne avrà una con ancora più verde dato che von der Leyen viene eletta con i voti dei Verdi. E’ vero che loro due hanno un rapporto personale ma ora che è stata eletta per quale ragione Von der Leyen dovrebbe farle da cara amica, andare insieme in giro per l’Europa, come ha fatto in questi mesi? Tajani adesso è lo strambo in un governo dove è normale urlare contro la Ue. Salvini che aveva i petardi pronti può sempre dire, anzi, dice: “Vedete, alla fine Meloni ci segue”. Sogna già di fare il nuovo viaggio di nozze (politico) in America da Trump. Ora il governo è neroverde. E’ il momento dei Crippa, scatenato, perché “Meloni e Salvini non cedono ai ricatti”. Stiamo per entrare negli anni vannacciani, dove si può dare del “lamentoso” a un imprenditore come Pier Silvio Berlusconi (sempre Crippa) perché “fossi in lui sarei più orgoglioso che lamentoso”. Meloni ha scelto. Da ora i suoi amici di gioco rischiano di essere i Vannacci, i Borghi. Fitto andrà in Europa, farà il commissario probabilmente al Mercato interno, lei resta a Roma, con la coerenza. In cinquanta secondi, in un video, assicura che “l’Italia è un paese fondatore, con uno dei governi più solidi tra le grandi democrazie europee ed è sulla base di questo, e solo di questo, che si definisce il peso italiano”. E’ un video di una leader di partito e infatti comincia con “FdI ha deciso” ma è diffuso sui canali della presidenza del Consiglio. Non riesce a capire che è molto di più della leader di FdI e che mezza Lega pensa: “Meloni non vuole avere nessuno alla sua destra e a noi fa impazzire stare a destra di Meloni”.

Carmelo Caruso

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio