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L'intervista

Tarquinio: “Bene Ursula, ma sull'Ucraina bisogna ripensare tutto”

Francesco Gottardi

Il neoeletto a Bruxelles tra le file del Pd esulta per "la nuova, progressista maggioranza von der Leyen". Ma allo stesso tempo chiede "lo stop all'escalation militare, la completa revisione della Nato: mi auguro non sia un problema confrontarsi con Ursula"

E’ un buon giorno per tanti, in Europa. Anche per Marco Tarquinio. “La rielezione di Ursula von der Leyen a capo della Commissione rispecchia un esito politico chiaro”, dice il neoeletto a Bruxelles tra le file del Pd. “E cioè che il lavoro dei prossimi cinque anni poggerà su una maggioranza ben delineata, somma delle forze progressiste”. Socialdem, popolari, liberali, verdi. “Una maggioranza forte e autosufficiente”. Sì? “Certo io non mi tiro indietro: l’escalation militare in Ucraina va fermata al più presto. Occorre una difesa comune europea, civile e non violenta. Completamente diversa dalla Nato”. E vallo a spiegare a Ursula.

 

Tarquinio si definisce “un indipendente, bobkennedyano puro”. Non gli piace esser ridotto a macchietta, “a colui che invoca la demolizione istantanea dell’Alleanza atlantica: il processo di revisione sarebbe lungo, ci avevano riflettuto anche Andreotti e Macron. Non dico eresie. Ma che l’ancoraggio al gigante d’oltreoceano sia un anacronismo, lo ripeto da trent’anni”. La differenza è che ora, sia pur da civico, Tarquinio è un eurodeputato del Pd. “Ma la linea Schlein è chiara: no all’escalation, no alla dottrina Stoltenberg. L’altro giorno quella dem è stata una delle poche delegazioni dell’Europarlamento ad aprire un dibattito molto serio, bello e pluralista, sulla guerra in Ucraina”. La votazione per il rinnovato sostegno a Kyiv è passata nonostante il Pd. Che sulle armi si esprime come la destra radicale francese. E sulla risoluzione finale fa i conti con due astensioni: Cecilia Strada e lo storico direttore di Avvenire. “Il partito ci ha riconosciuto libertà. La nostra scelta è frutto di una somma aritmetica: da un lato c’è il convinto sostegno politico e umanitario all’Ucraina; dall’altro la militarizzazione del sostegno e la mancanza di iniziative diplomatiche. Cruciali, eppure fin qui ignorate. Prendete i giornali di un anno e mezzo fa: Biden escludeva qualunque forma oltre l’uso difensivo e perimetrato delle armi fornite. Come si è evoluto quel dibattito oggi? Com’è cambiata la situazione bellica? Con attacchi più feroci da parte dei russi”. Eppure Tarquinio si risponde da solo.

“Non ho timidezze”, continua. “Sono abituato ad agire in minoranza. E avrò tanto lavoro: mi auguro che non sia un problema confrontarsi con von der Leyen”. Ce lo auguriamo tutti. “I perni di questa legislatura saranno il rilancio sociale e un forte piano verde. Parecchie cose del suo discorso a Strasburgo mi hanno colpito in positivo. Certo, sulla difesa magari persistono posizioni diverse”. Difficile immaginare Ursula né-né. “Ma ha il realismo di chi si deve confrontare con le posizioni degli stati membri. E alcuni di loro – Francia? Germania? ndr – fanno finta di non sentire la diplomazia: non ci saranno cessioni di sovranità in materia”. Se queste sono le premesse della larga intesa europea, prepararsi al fuoco amico ogni volta che c’è sul tavolo l’Ucraina. Cioè tutti i giorni. “Vediamo cosa succederà nei prossimi mesi. Sarà anche importante capire quanto potremo fare affidamento sull’America: con tutti i suoi difetti, ma speriamo pur sempre democratica”. Se non altro Tarquinio si smarca da Trump. “Ve l’ho detto: Bob Kennedy. E tutto quel che avrebbe potuto dare alla politica”. Ad avercene.

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