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l'intervista

Un invito per Salvini a Kyiv per capire cosa significa “pace”

Nicolò Zambelli

La forza che serve contro Mosca non è solo militare. Parla la vicepresidente del Parlamento ucraino Olena Kondratiuk: "L’Italia al momento presiede il G7, per cui è molto importante che abbia una posizione chiara"

“L’Italia presiede il G7: per noi è importantissima una posizione chiara sul sostegno all’Ucraina. Chi ha opinioni diverse è invitato a venire da noi per vedere le atrocità che sta commettendo Putin. Se mi rivolgo a Matteo Salvini? Assolutamente, sì!”. Lo dice sorridendo Olena Kondratiuk, vicepresidente della Verchovna Rada, il Parlamento ucraino, commentando al Foglio le dichiarazioni del  ministro dei Trasporti italiano dopo l’attacco russo della scorsa settimana all’ospedale pediatrico di Kyiv. “Più armi si inviano, più il conflitto va avanti”, aveva detto il leader della Lega in diretta su TikTok, tornando a parlare di pace. “Pace non significa pacificazione, c’è differenza: quest’ultima è una strada che non porta a nulla” scandisce in risposta Kondratiuk.
 

È dalla cronaca della guerra che parte il nostro colloquio con Kondratiuk. La incontriamo dopo che ha partecipato come ospite al convegno “Cultura della Sicurezza: l’impegno italiano”, organizzato dall’executive programme in comunicazione politica e istituzionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Le foto dei pazienti oncologici fuori dall’ospedale pediatrico di Kyiv hanno fatto il giro del mondo, proprio alla vigilia del vertice Nato di Washington, dove il sostegno all’Ucraina è stato il tema centrale. “Se prima stavamo assistendo agli attacchi alla cultura, agli edifici religiosi, alle biblioteche, ora è chiaro che Putin sta cercando di colpire direttamente le strutture mediche. È  in corso un’escalation e l’aggressione in questi termini diventa sempre più ingiustificabile”, dice Kondratiuk. L’obiettivo è alzare la posta in gioco, spiega: “L’attacco è stato lanciato appositamente prima del vertice Nato perché Putin vuole farci capire che non ha paura di nulla. In più, ora, è sempre meno solo: ne è una prova l’ultima visita di Viktor Orbán a Mosca. L’unico messaggio che è passato da quell’incontro è che l’Ucraina deve arrendersi. Non è possibile”, afferma. “Un fatto come quello accaduto all’ospedale di Kyiv  dimostra quanto il sistema della sicurezza internazionale abbia bisogno di una riforma. La difesa antiaerea è fondamentale per permettere ai bambini di tornare a scuola, agli adulti di andare al lavoro, ai nostri cittadini di tornare a vivere”. 
 


È qui che entriamo in gioco anche noi, come Europa, come Nato e come Italia. Cosa può fare di più  il nostro paese per la difesa dell’Ucraina? E quanto incidono certe frange della politica italiana che mettono in discussione l’invio di armi? “L’Italia al momento presiede il G7, per cui è molto importante che abbia una posizione chiara. La Russia è e sarà il più grande pericolo per l’Europa, per cui per noi ucraini è molto importante che nei vari paesi che ci sostengono ci sia una leadership politica responsabile”. Quanto è responsabile il nostro paese, quindi? “Ho avuto incontri con esponenti di partiti politici italiani e tutti mi hanno dimostrato il loro sostegno al nostro popolo. Nessuno ha messo in dubbio la posizione dell’Italia. L’unica cosa che posso fare per chi la pensa diversamente, cosa che è giusta in una società democratica, è invitarli da noi, perché vedano con i loro occhi le atrocità che Putin sta commettendo”.
 

E mentre aspettiamo una risposta all’invito, restiamo sul leader della Lega e sui suoi nuovi alleati al Parlamento europeo, i Patrioti, che per la campagna elettorale alle ultime elezioni europee tanto hanno parlato di “pace”. La domanda è molto semplice: cosa significa “pace” per l’Ucraina, oggi: “La pace è la cosa che gli ucraini desiderano di più, soprattutto coloro che vivono al fronte”, dice, ma specifica: “La cosa che mi preme sottolineare di più però è che la pace, oggi, non deve essere confusa o scambiata con la pacificazione”.
 

“Siamo pronti a superare le difficoltà, a soffrire e a resistere. Ma chiediamo ai nostri alleati, ai partner, ai nostri concittadini che vivono all’estero di non stancarsi. E non di non stancarsi della guerra, quanto piuttosto di non stancarsi nel sostenere il nostro paese sotto tutti i punti di vista, militare, umanitario, diplomatico”. Le parole della vicepresidente riportano allo scorso autunno, quando la premier Giorgia Meloni, vittima di uno scherzo telefonico, parlò di “stanchezza” nei confronti della guerra in Ucraina a due comici russi. “L’obiettivo è portare Putin al tavolo delle trattative in una posizione di forza, cosa che solo i grandi leader sono in grado di fare. Questo rappresenta per noi la ‘pace’”.
 

Ritornano, dunque, i due binari accennati prima. Che dal loro punto di vista non sono due ma piuttosto uno solo. Perché se da una parte c’è la forza militare e l’autodifesa, dall’altra c’è la forza diplomatica: “Dobbiamo difenderci: senza difesa non c’è possibilità di trattativa. Una cosa alimenta l’altra”. Va da sé, dunque, che senza sostegno militare non ci sarebbe nemmeno difesa, e quindi, di nuovo, non ci sarebbe possibilità di trattativa. È questo il lavoro che fanno i militari ucraini, dice: “Loro sono attivi in due fronti: difendono e trattano. Sono i nostri eroi”.
 

Con questo spirito la vicepresidente ringrazia il nostro paese e ci ricorda che il prossimo anno sarà Roma a ospitare la conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, l'appuntamento annuale che si è tenuto per ultimo a Berlino: “Sarà un’occasione per rinsaldare ancora di più il legame che unisce i nostri due popoli”, dice, mentre ci congeda e finisce di bere il suo espresso ordinato al bar. 

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