La strategia della premier

Così Meloni aiuterà von der Leyen

Salvatore Merlo

“L’idea della rottura con Ursula è ridicola”, dicono dal governo dopo il voto a europeo. Ora la premier ha una strategia da “appoggio esterno” al Ppe stretto tra Socialisti e Verdi: ci saranno maggioranze alternative

C’è una maggioranza Ursula che ha votato giovedì al Parlamento europeo per la presidente della Commissione, con Fratelli d’Italia fuori. Ma ci saranno altre maggioranze Ursula che si comporranno su diversi e importanti dossier, con Fratelli d’Italia dentro. “Dall’immigrazione all’ambiente, fino alle politiche agricole, Fratelli d’Italia andrà a compensare le contraddizioni della sinistra al Parlamento europeo”, dice Carlo Fidanza, che di FdI è il capodelegazione a Bruxelles. A fine anno si voterà, per esempio, il cosiddetto “Cleaning Industry”, il provvedimento che prevede il  taglio delle emissioni industriali in Europa entro il 2040. I Verdi, che fanno parte della maggioranza Ursula che si è composta giovedì sono favorevoli. La stragrande maggioranza dei popolari, invece, è contraria. E lì già arriverà il primo supporto  di Fratelli d’Italia ai popolari e a von der Leyen. Un’altra maggioranza Ursula, dunque, spostata però a destra. Una maggioranza che si comporrà pure sulle politiche agricole, su cui la distanza tra Verdi e popolari è apparentemente incolmabile. Quelle politiche agricole che von der Leyen ha già dichiarato, nelle linee programmatiche di azione, di voler rivedere entro i primi cento giorni dall’insediamento.


   
A ventiquattro ore circa dal voto del Parlamento di Strasburgo sulla presidente della Commissione europea, restano sul campo interpretazioni e ricostruzioni distantissime, che vanno, a seconda del tifo personale e dello spin politico, dall’immagine di un’Italia “isolata in Europa” (secondo la sinistra) a quella  di un’Italia vincente che rifiuta il “bidone verde” (secondo la destra). Ma la misura del peso politico di Giorgia Meloni in Europa, e nella Commissione, non è materia di interpretazione. Avrà presto un metro, una unità di misura inequivocabile: dipenderà da quale commissario sarà affidato all’Italia. Se il commissario italiano avrà deleghe al Pnrr,  alla Coesione, al Mercato interno, alla Concorrenza,  ovvero se avrà deleghe importanti, questa sarà la prova che Meloni non è affatto isolata. Lo si vedrà dopo l’estate, e con le prime trattative.

 

Al momento tuttavia va registrato un ragionamento, che viene fatto in ambienti di governo, intorno alla presidente del Consiglio e in Fratelli d’Italia. Il ragionamento suona all’incirca così: “Il voto di giovedì von der Leyen  ha  perso oltre cinquanta voti della sua presunta maggioranza. Significa che la maggioranza è fragile e che la destra può diventare  determinante per molti dossier in Parlamento. Perché le maggioranze al Parlamento europeo in realtà sono variabili da dossier a dossier”. Questo significa che Meloni, non votando giovedì, ha rinunciato a sigillare un patto politico che anche la presidente della Commissione avrebbe dovuto onorare, per addentrarsi sulla strada di un patto che andrà costruito giorno per giorno. Dice un ministro del governo Meloni: “Era così anche prima. Non eravamo in maggioranza, ma siamo andati d’accordissimo con la Commissione su tutto. E  i rapporti con von der Leyen sono ancora molto positivi. Ricordo inoltre che, nella scorsa legislatura, i polacchi del PiS votarono per la presidente della Commissione, eppure la von der Leyen dal giorno dopo iniziò a mazzolare la Polonia sullo stato di diritto”. Insomma le buone relazioni e il peso politico di un governo e di una nazione non dipendono (soltanto) dal voto di gradimento al Parlamento europeo. Tanto più se la composizione della “maggioranza Ursula” è destinata a modificarsi argomento per argomento. E i voti della destra – sostengono a destra – saranno importanti per contrastare i Verdi e una parte dei socialisti anche sulla questione centrale che riguarda la dismissione dei motori termici delle automobili entro il 2035. “E’ un provvedimento che passerà dal Parlamento europeo. Ed è uno dei grandi temi sui quali va in crisi il rapporto tra i popolari e la sinistra”, dice Fidanza. 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.