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l'editoriale del direttore

L'Europa, specchio di ipocrisie e doppiezze della politica italiana

Claudio Cerasa

Le sorprese americane: il dopo Biden. Le certezze europee: il bagno di realtà. A Strasburgo i principali partiti in stato confusionale. Meloni e la politica del piede in due staffe. Salvini e la campagna contro il suo governo. Il Pd ondivago, diviso e lontano dal suo gruppo. Urge un bagno di verità

L’America ci riserva sorprese, l’Europa ci offre certezze. Diceva Luigi Pirandello che nulla atterrisce più di uno specchio una coscienza non tranquilla, e se si prova a proiettare questo concetto nel mondo della politica si avrà di fronte a sé l’immagine nitida di ciò che plasticamente rappresenta oggi l’Europa. Nulla atterrisce più di uno specchio una coscienza non tranquilla e nulla atterrisce più dello specchio europeo un politico non tranquillo, non in grado cioè di fare i conti fino in fondo con i propri limiti, le proprie contraddizioni, le proprie irresponsabilità, la propria coscienza. Da questo punto di vista, il nuovo corso europeo – corso europeo che dopo aver respinto l’ondata del populismo estremista osserva con un po’ di speranza in più l’evoluzione della campagna elettorale americana, dove l’estremismo trumpiano potrebbe trovare meno terreno fertile nel futuro grazie al ritiro annunciato ieri da Joe Biden –  è stato semplicemente esemplare e nel giro di poche ore, con alcune votazioni, lo specchio europeo ha mostrato in purezza lo stato confusionale in cui versa buona parte della politica italiana.

 

Il primo punto riguarda ovviamente il voto contrario rifilato a Ursula von der Leyen dal partito di Giorgia Meloni, e il mancato sostegno di Fratelli d’Italia alla nuova presidente della Commissione è stato lo specchio perfetto dell’incapacità di Meloni di fare i conti con la traiettoria europeista imboccata dal suo governo. Ed è stato anche lo specchio perfetto della difficoltà con cui Meloni cerca di essere a suo agio con la politica del piede in due staffe. Un po’ di qua e un po’ di là. Un po’ con gli europeisti e un po’ con gli antieuropeisti. Un po’ con i trumpiani e un po’ con gli antitrumpiani. Un po’ con i lepenisti e un po’ con gli antilepenisti. Ma in definitiva né carne né pesce. L’Europa è per Meloni lo specchio di quel che poteva diventare e che ancora Meloni non è. Ma l’Europa è anche per gli altri protagonisti della vita politica italiana uno specchio diabolico con cui i politici sono traumaticamente costretti a fare i conti per giudicare la propria coscienza. Prendete per esempio Matteo Salvini, leader della Lega, che in Europa, pur detestandola, sembra trovarsi decisamente più a suo agio rispetto a quando si muove in Italia. In Italia, Salvini deve fare compromessi, deve mordersi a volte la lingua.

In Europa, invece, Salvini, insieme con i Patrioti europei, ha trovato la sua dimensione naturale ed è in questo contesto, in quello europeo, che la vera natura del leader della Lega emerge con forza: contro Kyiv, contro Zelensky, contro la Nato, contro l’occidente, a favore del pacifismo farlocco secondo il quale il modo migliore per fare la pace in Ucraina è fare quello che chiede Putin, ovvero smetterla di armare Kyiv. Nulla atterrisce più di uno specchio una coscienza non tranquilla, diceva Pirandello, e in Europa il concetto vale anche per Salvini, che quando si abbraccia con i suoi alleati europei non può che chiedersi cosa diavolo ci faccia, in Italia, alleato con due partiti che quando parlano d’Europa, quando parlano di politica estera, quando parlano di atlantismo si trovano spesso dall’altro lato della barricata. E’ uno specchio, l’Europa, uno specchio delle proprie incoscienze e delle proprie irresponsabilità, e l’Europa è stata uno specchio, in queste ore, anche sul caso Vannacci, il generale portato da Salvini in Europa come il simbolo assoluto della grande forza della Lega, che nel giro di pochi giorni, dopo essere stato eletto come vicepresidente del gruppo dei Patrioti europei, è stato cacciato malamente da quel ruolo, essendo considerato persino dagli amici estremisti di Salvini troppo estremista per i loro gusti.

E’ uno specchio, l’Europa, uno specchio che non deforma, uno specchio in cui si vedono i propri limiti, le proprie ipocrisie, le proprie contraddizioni, e nel giro di pochi giorni l’Europa ha mostrato anche altro. Ha mostrato, per esempio, al centrosinistra alcune sue ipocrisie italiane quando parla di ambiente ed è significativo che il Pd, in Europa, abbia votato per la stessa Ursula von der Leyen che ha promesso di guidare l’Europa nei prossimi cinque anni, quando si parla di ambiente, mettendo al centro un concetto detestato dalla sinistra ambientalista italiana: la neutralità tecnologica. Dove per neutralità tecnologica, ovviamente, si intende anche essere aperti a considerare ogni opzione possibile per il futuro dell’ambiente, per far diminuire le emissioni, compresa ovviamente l’opzione nucleare. Così come è significativo che il Pd abbia votato a favore della stessa presidente della Commissione europea che ha definito “il Patto sulla migrazione e l’asilo come un enorme passo avanti”, quando su quel patto il Pd, in Europa, a differenza del gruppo dei socialisti europei di cui fa parte, si è invece espresso contro, votando a sfavore.

E’ uno specchio spietato l’Europa, uno specchio che mostra senza pietà ciò che i partiti sono, ciò che i partiti non riescono a essere, ciò che i leader vorrebbero essere e non riescono a essere, ed è uno specchio perfetto l’Europa anche di tutte le ipocrisie italiane quando si parla di difesa dell’Ucraina. Giovedì, von der Leyen, nel suo primo discorso da presidente della nuova Commissione, ha detto: “Dobbiamo dare all’Ucraina tutto ciò di cui ha bisogno per resistere e prevalere”. E nel dirlo ha ricevuto anche i voti di alcuni partiti che sul tema, negli ultimi mesi, sono stati un po’ freddi. Uno su tutti: il Pd, ancora una volta. Il caso più interessante si è manifestato due giorni prima, quando  il Parlamento europeo ha approvato, con 495 voti favorevoli 137 contrari e 47 astensioni, una risoluzione importante, che ha definito la prima posizione ufficiale della nuova Assemblea sulla guerra in Ucraina. Il testo approvato invitava l’Unione europea a mantenere ed estendere le sanzioni nei confronti della Russia, e su questo testo il Pd si è diviso (Strada e Tarquinio si sono astenuti). In un paragrafo successivo, il Pd ha fatto di più e ha mostrato ancora una volta la sua distanza dal posizionamento del gruppo europeo di cui fa parte, S&D, ancora sull’Ucraina. Il paragrafo in questione ribadiva l’autorizzazione all’uso delle armi occidentali fornite all’Ucraina “contro obiettivi militari sul territorio russo” e il Pd, salvo pochi casi, ha votato contro. Ma l’Europa, sull’Ucraina, è uno specchio diabolico per tutti, in Italia, anche per il partito più europeista del Parlamento, Forza Italia. Su un altro passaggio della risoluzione è emersa infatti con chiarezza la posizione ipocrita del partito guidato da Antonio Tajani: in Italia sostiene che non sia possibile dare all’Ucraina l’autorizzazione per usare le armi offerte dall’Italia anche in territorio russo e in Europa invece, dovendo fare i conti con la propria coscienza, sostiene il contrario, al punto da aver votato il paragrafo del testo in questione in cui si promuove l’idea di usare le armi inviate all’Ucraina anche in territorio russo.

Nulla atterrisce più di uno specchio una coscienza non tranquilla, diceva Pirandello, e lo stesso si può dire per Meloni, che non votando per Ursula ha cercato di tenere il piede in due staffe, essere europeista senza essere troppo lontana dagli antieuropeisti, e che ha scelto di seguire lo stesso ragionamento anche su un altro passaggio di quella mozione, quello in cui si condannava la visita diplomatica di Orbán in Russia, perché in violazione dei trattati e della politica estera comune. Meloni aveva criticato Orbán, ma non ha votato contro. Guardi l’Europa, dunque, e capisci con chiarezza i limiti della politica italiana. Vedi l’ambiguità della leadership di Meloni. Vedi il putinismo di fondo della leadership di Salvini. Vedi l’imbarazzo di Forza Italia di fronte ai suoi amici europei. Vedi la distanza del Pd dai suoi colleghi socialisti. E vedi con chiarezza che un partito che vuole contare in Europa se si trova fuori dai grandi gruppi alla fine potrà contare molto nel proprio paese ma poco in Europa.  Nulla atterrisce più di uno specchio una coscienza non tranquilla. Nulla atterrisce più di uno specchio che, in attesa del dopo Biden, è lì a rassicurarci, con la sua capacità di scremare le scemenze, le ipocrisie, le contraddizioni della politica a trazione populista. Nulla atterrisce più di quel formidabile specchio che di nome fa Europa e di cognome fa realtà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.