Il ministro Luca Ciriani (Ansa)

Rischio ingolfo

Palazzo Chigi detta i tempi: “Avanti con due decreti a settimana per camera”. O il Parlamento andrà in tilt

Francesco Gottardi

Il governo Meloni continua con l’inflazione di decreti-legge, sfidando il calendario e la logistica di Camera e Senato. Eppure per il ministro Ciriani tutto va bene: “Procediamo a tappe un po’ forzate, ma le urgenze sono tante”. Più di qualunque altro esecutivo

È la stagione dei decreti-legge. Non tanto l’estate, quanto il governo Meloni: oltre 70 in nemmeno due anni di legislatura. Una media di 3,5 al mese. Record. Anche più degli esecutivi Draghi e Conte bis – che pure erano alle prese con la politica della pandemia, dove “i casi straordinari di necessità e urgenza” (ciò che giustificherebbe l’adozione di quest’atto normativo a discapito delle leggi ordinarie, in teoria) erano all’ordine del giorno. Ma al dilemma giurisprudenziale, oggi si aggiunge una questione pratica. E cioè che i decreti-legge vanno convertiti in legge entro 60 giorni, se gli atti si accumulano il Parlamento va in collo di bottiglia, non riesce a convertirli e si ricomincia da zero. Rischio d’ingolfo concreto: nelle prossime tre settimane – basta uno sguardo al calendario dei lavori – le due camere dovranno pronunciarsi su ben sette decreti-legge. Il Senato chiude i battenti il 9 agosto. Alla Camera potrebbero protrarsi fino al 13. Poi tutti in vacanza. Come la mettiamo?

Secondo Luca Ciriani la situazione è impegnativa ma non ancora fuori controllo. “Mi rendo conto che i decreti-legge obbligano un po’ a procedere a tappe forzate”, ricorreva all’eufemismo il ministro per i rapporti con il Parlamento, ospite di Sky la settimana scorsa. “Devo anche rivendicare il fatto che il governo li considera molto importanti e quindi urgenti”. Altrimenti non potrebbero essere decreti. “Ora in Senato abbiamo deciso di affrontare l’approvazione del decreto liste d’attesa senza porre la fiducia: un segnale del dialogo aperto che vogliamo tenere con le opposizioni”. Poi domenica ha rilanciato sul Messaggero: “Se serve terremo l’aula aperta anche a Ferragosto”.

Non può permettersi altri intoppi, il ministro meloniano. E dal suo entourage riconoscono l’oggettiva densità del programma estivo. Servirà armarsi di pazienza e doti di mediazione. Il problema non è tanto la postilla che sembra ridurre l’attività del Senato a pura eventualità (decreti da discutere, si legge, “ove approvati dalla Camera dei deputati”: un pro forma del gergo parlamentare, spiegano gli addetti ai lavori). Ma la mole da convertire rispetto al conto alla rovescia dei 60 giorni, oberando l’ordinaria amministrazione. C’erano dieci decreti-legge che attendevano il via libera: ne sono rimasti sette. Liste d’attesa, Sport e alunni con disabilità, Semplificazione edilizia e urbanistica, Ricostruzione e protezione civile, Materia penitenziaria e giustizia civile e penale, Infrastrutture e investimenti strategici, Materie prime critiche di interesse strategico. “Procederemo a botte di due decreti a settimana per camera”, fanno sapere da Palazzo Chigi. Altro che Parigi 2024: è già in corso un’Olimpiade legislativa, maratona da capogiro.

Al ministro Ciriani verrebbe da chiedere come sia possibile quest’inflazione di decreti-legge, questo forsennato accavallarsi a ridosso della chiusura estiva. Ma in parte il ministro ha già risposto: il governo Meloni ha tante urgenze. Più dei precedenti, evidentemente (e pazienza se il criterio emergenziale sembra aver perso ogni connotato oggettivo). Completa il ragionamento il suo staff: la politica ha tempi più veloci del Parlamento, si pensi al decreto carceri, a quello sui Campi Flegrei. D’accordo. Ma 70 e passa, si può? A Roma sono convinti di sì. Scommessa contro il tempo. 

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