Matteo Salvini - foto via Getty Images

Il ministro d'amianto

Ammiriamo la politica di Salvini, incomprensibile che abbia ritirato la legge contro i nomi femminili

Salvatore Merlo

Nonostante la moltitudine di emendamenti strampalati che presenta la Lega da più di un anno, ieri il Carroccio ha ritirato la proposta di legge contro l'uso delle parole come "sindaca" o "avvocata". "Non rispetta le linee guida", dicono. Ma lo hanno chiesto a Salvini?

Abbiamo letto sui giornali di ieri che la presidente del Consiglio, per via di alcune recenti incomprensioni tra i suoi alleati di governo, vorrebbe compiere “un giro d’orizzonte“ e che forse intende vedere per primo il ministro Matteo Salvini. Qualche giornale si esprimeva proprio così. E allora noi abbiamo provato a immaginarci, con raccapriccio, la povera onorevole Meloni che si affaccia all’orizzonte, così prodigo ai poeti e agli innamorati di ineffabili spettacoli, e chi vede invece l’infelice? Il segretario della Lega. Al quale, oltre a una certa litigiosità dispettosa nei confronti dell’altro alleato di governo, Antonio Tajani, viene rimproverato un eccesso di – per così dire – vivacità.
 

Allegro zuzzurellone, birichino com’è, il leader della Lega, oltre alle dichiarazioni pubbliche tipo (Giorgia è alla Nato? “In Ucraina più armi si inviano e più la guerra va avanti”: tié), ha anche integralmente trasferito la sua proverbiale indole farfallona a quel partito, la Lega appunto, un tempo composto da abili amministratori. Egli infatti, con l’aria di un novello Calamandrei, da circa un anno invoglia e ispira il suo partito a riempire gli uffici della Camera e del Senato, commissioni comprese, di briosi emendamenti e disegni di legge, di alta scienza giuridica. Tipo l’introduzione di un’aggravante per i reati commessi in treno, in metro, nelle stazioni o nelle immediate vicinanze delle stazioni medesime. Roba per cui, scippare una vecchietta alla fermata di Piazza di Spagna è più grave che farlo dopo che ha ritirato la pensione alle poste di via Taranto. Innovazioni. Colpi di genio. Ispirati dall’esempio di Salvini, questo ministro d’amianto, fiammeggiante ma indistruttibile. A maggio, per dire, i leghisti volevano innalzare fino a venticinque anni la pena per chi protesta contro le opere pubbliche “strategiche”. A marzo invece avevano proposto il carcere fino a due anni per chi va in giro con una maglietta con una foglia di cannabis disegnata sopra. Poco prima avevano perorato per emendamento la causa dell’abolizione di alcune vaccinazioni obbligatorie per i bambini. Ecco.
 

Di fronte a questa prodigiosa fioritura di talento (e a volte di genio), così spensierata, generosa, e in apparenza casuale, da sembrare inesauribile, ci chiediamo per quale motivo ieri, dopo aver proposto di vietare per legge l’uso negli atti pubblici di termini femminili come “sindaca”, “questora”, “ministra” e “rettrice”, la Lega abbia cambiato idea. “Non rispetta le linee del partito”, hanno spiegato. Sicuri? Ma l’avete chiesto a Salvini?

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.