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Il ritorno di Gentiloni. Per lui Schlein pensa alla fondazione Pd

Gianluca De Rosa

Ad agosto l'ex premier terminerà il suo mandato da commissario europeo agli Affari economici. Ieri alla presentazione di un libro ha fornito qualche consiglio a Schlein: "Serve un'alternativa a Meloni che abbia però una prospettiva di governo"

 Se su una boa che ciondola in mezzo al mare disegnate un sorriso, ecco che vi apparirà sornione il volto di Paolo Gentiloni, il leader galleggiante. Immagine rassicurante per tanti amici del Pd e del centrosinistra  in generale, presagio inquietante invece per la segretaria dem Elly Schlein che conosce bene le remissive ma implacabili ambizioni dell’ex premier e ormai uscente commissario agli Affari economici della Ue. La “testardamente unitaria” Elly si sogna federatrice del centrosinistra – dal compagno Fratoianni all’assistman a centrocampo come al centro Matteo Renzi – la segretaria però sa bene che più di Giuseppe Conte a contenderle quel ruolo c’è la forza dell’inerzia di colui che proprio il capo grillino ha mandato per cinque anni  a Bruxelles, il placido Gentiloni appunto. E se la segretaria ha già pensato di offrire a lui la presidenza della fondazione Pd Demo, oggi guidata da Nicola Zingaretti, ecco che invece lui, a un mese e poco più dal termine del suo mandato da commissario Europeo agli Affari economici, ritorna in Italia per commentare insieme all’ex ministro socialista Claudio Martelli l’istant book “Quarta via”, libello firmato dal suo ex portavoce, il senatore Pd Filippo Sensi, insieme alla deputata Lia Quartapelle, Pietro Bussolati e Diego Castagno. Un testo dedicato al “changed Labour” di Keir Starmer, “che ha riportato dopo 14 anni i laburisti alla vittoria” mettendo in soffitta il corbynismo. Una suggestione per il futuro centrosinistra anche in Italia? Addio Elly, bentornato Paolo? All’inviata televisiva che a margine dell’incontro gli chiede se è pronto per un bis a Palazzo Chigi Gentiloni non offre neppure un cenno del capo. “Arrivederci”. E fila via. Prematuro? Qualcuno nel Pd ci spera, nonostante il periodo di buona forma della leader.

 

L’ex premier d’altronde è un uomo felpato. Parla un po’ come il presidente della Repubblica. Dice e non dice, lasciando che siano gli editorialisti a dipanare la tela delle sue intenzioni nascoste in una frase sibillina o a interpretare il suo programma federativo in un silenzio troppo protratto. Anche noi dunque siamo andati ad ascoltarlo. Il commissario europeo parte parlando della politica internazionale. Sugli Usa è convinto che:  “La storia sarà benigna con Joe Biden, che  ha gestito bene la pandemia, difeso l’interesse degli Stati Uniti, tenendo saldo il rapporto con l’Europa”, ora Gentiloni punta sulla Harris: “Ho la statuetta di Kamala sulla scrivania, ma l’ho presa sette anni fa, in tempi non sospetti”.  La vittoria eventuale di Trump, invece, sarebbe  “una difficoltà per l’unione europea”.  Mentre sul no di Giorgia Meloni al bis di Ursula von der Leyen Gentiloni dice: “Non mi aspetto ripicche”, ma sottolinea che quella della premier “è stata una scelta di campo, non una minuzia tattica”. 


L’ex premier comunque arriva finalmente anche alla politica nazionale. Niente di clamoroso, ma comunque non disdegna di offrire tra le righe anche qualche suggerimento a Schlein. Alla segretaria,  ricorda ad esempio l’importanza del sostegno all’Ucraina:  “Starmer lo ha chiarissimo, e per fortuna lo hanno chiaro anche i tedeschi, gli spagnoli, e la Ue”. E il Pd che ha mandato in Europa Marco Tarquinio e Cecilia Strada? Sul lavoro, argomento che al Nazareno è affrontato oggi con i referendum sul Jobs act, Gentiloni suggerisce: “La lotta al precariato è importante, ma la priorità del nostro paese  è innanzitutto quella di alzare i salari”, un compito che tecnicamente sarebbe del sindacati, con i quali – ricorda –Tony Blair ruppe il cordone di collegamento diretto “come uno dei primi atti del suo New Labour”. Tutto assai diverso dal rapporto strettissimo tra Schlein e Maurizio Landini oggi. Due esempi che portano l’ex premier a una conclusione: “Il risultato delle europee è stato un buon messaggio per la possibilità di una coalizione alternativa in Italia. Quello che serve a questa coalizione è una cultura di governo, la convergenza intorno a un programma di governo di centrosinistra, senza trattino”. I maliziosi: che possa essere di nuovo lui a guidarlo? Difficile. Gentiloni intanto, come una boa, galleggiando, ricorda a Schlein che lui c’è.