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L'editoriale del direttore

Una destra che ama la libertà più che alimentare il trumpismo lo deve combattere

Claudio Cerasa

Ascoltare cosa pensa Marina Berlusconi di Trump per capire cosa c’è in ballo oggi in America, e anche in Italia. Chi ha a cuore la difesa di un sano pensiero conservatore non può non osservare con preoccupazione tutto ciò che rappresenta il candidato repubblicano

Bisognerebbe ascoltare quello che Marina Berlusconi dice in privato ai suoi interlocutori su Donald Trump per capire cosa c’è in ballo oggi in America, e anche in Italia. Bisognerebbe ascoltare quello che Marina Berlusconi dice in privato ai suoi interlocutori, sul pericolo rappresentato da Donald Trump per capire perché chi ha a cuore la difesa di un sano pensiero conservatore non può non osservare con preoccupazione tutto ciò che rappresenta, per il mondo, e non solo per gli Stati Uniti, l’ex presidente americano. Bisognerebbe ascoltare quello che Marina Berlusconi dice in privato ai suoi interlocutori, sul populismo trumpiano, per capire perché oggi chiunque tenti di tracciare un parallelismo tra Silvio Berlusconi e Donald Trump non sta facendo altro che avallare, legittimare e alimentare un’impostura politica.

Donald Trump incarna la paura, l’isolazionismo, il nazionalismo, l’estremismo, il radicalismo, il complottismo e il protezionismo, mentre il fondatore del centrodestra italiano ha incarnato tutto l’opposto: l’apertura, l’ottimismo, il multilateralismo, l’europeismo, l’anti nazionalismo, la difesa della globalizzazione, la battaglia contro molti estremismi, a partire da quello xenofobo, contro cui Berlusconi ha combattuto per buona parte della sua vita. Bisognerebbe ascoltare Marina Berlusconi, figlia primogenita di Silvio Berlusconi, per capire che è sufficiente osservare il famoso Project 2025, il piano della destra trumpiana per una “nuova America”, per capire che chi vuole ridurre i diritti civili, chi vuole inasprire le misure contro i migranti, chi vuole continuare a delegittimare le istituzioni democratiche negando il risultato di una tornata elettorale altro non è che un orizzonte da evitare e non un modello da emulare. Bisognerebbe ascoltare Marina Berlusconi quando, in privato, dice che per tutti coloro che a destra hanno, come modelli politici, i Reagan e le Thatcher, augurarsi una vittoria di Trump significa augurarsi di vedere vincere una destra pericolosa non solo per gli Stati Uniti ma anche per l’Europa e anche per l’Italia. Pensateci: ci vuole molto a capire che un paese come il nostro che vive di esportazioni non trarrebbe nessun giovamento dall’affermazione, in America, di una destra protezionista? Ora che Joe Biden ha fatto un passo indietro, ora che al centro della campagna  americana non vi è più il tema del corpo del presidente, non ci sono più alibi per non capire quello che una destra moderata dovrebbe comprendere. E cioè che sperare che Trump vinca le elezioni promuovendo l’oscurantismo alla guida della democrazia più importante del mondo è un cortocircuito inaccettabile. Certo, si può sperare, ed è quello che la figlia del Cav. dice in privato a chi glielo chiede, che alla fine Trump, se mai dovesse vincere, faccia meglio di quel che oggi proclama.

Ma al di là di questo osservare la campagna americana, a prescindere dal suo esito, sarà un test importante anche per l’Italia. Per capire chi ha intenzione di credere all’impostura trumpiana, chi ha intenzione di denunciarla, chi ha intenzione di assecondarla, chi ha intenzione di creare un modello alternativo. Bisognerebbe ascoltare, a destra, quello che Marina Berlusconi dice in privato di Trump, e del futuro della più grande e spettacolare democrazia del mondo, per rendersi conto che una sana cultura conservatrice dovrebbe fare di tutto per ricordare ogni giorno che il trumpismo non è l’evoluzione del berlusconismo ma ne è una degenerazione, è un virus politico che più che essere esportato andrebbe limitato, tenuto lontano, trasformato in un modello da respingere e non in un orizzonte a cui ispirare. Bisognerebbe ascoltare quello che Marina Berlusconi dice in privato di Trump per capire perché la destra che può avere un futuro è una destra che farebbe bene a osservare la campagna di Trump con distacco, con preoccupazione e con una certezza: chi ha amato il berlusconismo non può che essere per coerenza terrorizzato da tutto ciò che rappresenta il trumpismo agli occhi di chi ama un valore non negoziabile chiamato libertà.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.