Carlo Calenda (Ansa)

no al campo largo

Calenda resta al centro: “Renzi? Degrada i liberal-democratici a cespugli del populismo di sinistra”

Ruggiero Montenegro

Dopo la svolta del leader di Italia viva, Calenda rilancia il suo progetto repubblicano: "Indipendente dai due poli, Azione va avanti".  Troppo grandi le divisioni con i partiti progressisti. Mentre tra i calendiani convivono anime diverse e c'è chi si guarda intorno

Ma quale campo largo. “Per Azione non cambia nulla. Matteo Renzi? Sta degradando i liberal-democratici a cespugli del populismo di sinistra”. Carlo Calenda tira dritto e al Foglio spiega che il progetto di un centro repubblicano è tutt’altro che in discussione. “Si va avanti”. Il centrosinistra a guida Elly Schlein non può essere l’approdo, le divergenze sono troppo grandi, a cominciare dalla politica estera. Per Calenda sarebbe soltanto un accordo di “autoconservazione”. 

Chi sperava insomma che la svolta a sinistra del senatore di Rignano potesse innescare un meccanismo simile anche negli altri centristi, rimarrà deluso. Semmai adesso le distanze sono aumentate e Calenda ha trovato un motivo in più per tenersi lontano da un’alleanza tutta da verificare. “Noi continuiamo a costruire il nostro centro liberal-democratico indipendente dai due poli”, ribadisce quindi il leader di Azione nella convinzione mai rinnegata che esista uno spazio repubblicano al di là dei consueti schieramenti. 

All’interno di Azione comunque la mossa di Renzi ha colto di sorpresa in tanti, innescando un confronti interno. C’è una folta truppa che di spostarsi a sinistra proprio non ne vuole sapere e sarebbe pronta, in questo caso, a fare i bagagli. Non tutti, tra questi, hanno condiviso la gestione della campagna elettorale per le europee e qualcuno è tentato da Forza Italia – in Transatlantico i nomi girano da un po’: su tutti quelli di Mariastella Gelmini, Ettore Rosato e in maniera più tiepida Mara Carfagna. Mentre Enrico Costa, che da poco si è dimesso da vicesegretario del partito continua a lavorare di sponda con Luigi Marattin, di Italia viva, per una riedizione del fu Terzo polo. Sul fronte opposto c’è invece chi caldeggia la prospettiva progressista. Questi ultimi si muovono in maniera più timida, ma rappresentano in ogni caso una quota di cui Calenda deve tener conto.

In questo quadro, almeno nell’immediato, l’approccio di Azione non sembra destinato a cambiare: collaborazione con le altre forze d’opposizione su alcuni temi comuni – la sanità, i salari per esempio – divergenze su altri. Dipenderà dal merito o, come nel caso dell’autonomia, dal metodo: Azione è infatti contro la legge Calderoli, ma ha scelto di non seguire la strada dei referendum, indicata dai sindacati,  temendo l’effetto boomerang per via di un quorum difficilmente raggiungibile. Allo stesso modo (pare su spinta degli ex forzisti) la settimana scorsa Calenda si è tirato fuori dalla manifestazione delle opposizioni a Genova che chiedevano le dimissioni del presidente della Liguria, Giovanni Toti: “No alle piazze forcaiole”, aveva poi spiegato al Foglio. 

 

Nel frattempo, la scelta di restare a presidio del centro trova anche motivazioni più prettamente elettorali. “Azione avrà tanti difetti, e ne discuteremo. Ma non quello della chiarezza. Con Renzi nel campo largo si aprono per noi delle praterie e da questo punto di vista la collocazione di Azione non è in discussione. Tanto più adesso”, ci dice un deputato calendiano alla Camera, di quelli che non sempre hanno condiviso tutta la linea del partito. Ripensa forse all’otto per cento conquistato alle politiche del 2022 e al fatto che +Europa appare sempre più contigua al centrosinistra. Anche se per Calenda non è questo il punto. Un’occasione per allargare il nostro bacino di consenso? “No”, taglia corto l’ex ministro dello Sviluppo economico. “Questa è solo l’occasione, il modo di Matteo Renzi, per non far contare nulla i liberal-democratici e degradarli a cespugli del populismo di sinistra”. E si capisce anche come mai i tentativi della testardamente unitaria Elly Schlein nei confronti di Azione per ora non abbiano prodotto grandi effetti. Per Calenda comunque, quelle che arriveranno potrebbero essere settimane decisive. Come rivelato da questo giornale, durante la direzione convocata all’indomani della scoppola europea il segretario di Azione disse ai suoi che “il mio mandato è a disposizione. Non dovete considerare in alcun modo la mia presenza da leader come questione imprescindibile”. Salvo poi addrizzare il tiro con una nota: “Altro che dimissioni. Il vero tema è il rilancio del partito”. Il come per ora è un’incognita, ma è proprio da qui, tra posizioni contrapposte, che passa la leadership di Calenda.

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