Sergio Mattarella (Ansa)

Volete essere i Chamberlain italiani?

La gran lezione di Mattarella su Kyiv contro gli utili idioti del putinismo

Claudio Cerasa

Il presidente della Repubblica ricorda ai finti pacifisti e ai professori della bandiera bianca che difendere l’Ucraina non vuol dire difendere soltanto i confini di una democrazia aggredita: significa imparare a difendere noi stessi e la pace

Ci sono occasioni in cui, quando parla, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dice e non dice. Giorni in cui gioca con i silenzi, affetta allusioni e confida poi nel fatto che il mattino dopo, sui giornali, ciò che voleva dire, e che non ha detto fino in fondo, venga spiegato dai giornalisti aruspici, in grado di interpretare le volontà reali del presidente anche solo osservando il movimento di un sopracciglio. Ieri, però, è stato un giorno diverso. E il capo dello stato, durante la cerimonia del Ventaglio, è stato chiaro e per niente allusivo. E lo ha fatto su un tema intorno al quale in Italia le ambiguità e le allusioni purtroppo non mancano: la difesa dell’Ucraina. Mattarella ieri ha rimesso i puntini sulle “i” e ha spiegato ai finti pacifisti, quelli per capirci che chiedono da mesi all’occidente di disarmare l’Ucraina e di lasciare in pace Putin, di ricordare tutto quello che, per una democrazia, significa la guerra in Ucraina. L’Italia, ha detto Mattarella, in versione troll anti putiniano, “è impegnata, con convinzione, a sostegno dell’Ucraina, insieme alla quasi totalità dei paesi dell’Unione e insieme a quelli dell’Alleanza atlantica”, e se a qualcuno fosse sfuggito la difesa dell’Ucraina non ha aiutato solo l’Ucraina a respingere l’offensiva russa ma ha aiutato anche l’occidente a proteggere se stesso. “Alla Nato”, ha ricordato, “la Federazione russa ha regalato un rilancio imprevedibile di ruolo e di protagonismo, e chi non ricorda le parole di più di uno, tra capi di stato e di governo della Nato che, appena tre anni fa, la definivano in stato di accantonamento, per usare un termine davvero riduttivo rispetto alle espressioni adoperate?”.

Mattarella si è detto anche rattristato nel vedere “che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie”. Ma un istante dopo, piuttosto che ammorbidire il messaggio, lo ha rafforzato (“Chi ne ha la responsabilità? chi difende la propria libertà? chi l’aiuta a difenderla, chi aggredisce la libertà altrui?”) offrendo poi una similitudine che  pare un disegnino: la parabola di Neville Chamberlain. Mattarella ha ricordato cosa disse, nel 1938, a Monaco, l’allora primo ministro inglese, dopo aver firmato un documento con cui si permetteva alla Germania di annettere parte della Cecoslovacchia. “Sono tornato dalla Germania con la pace per il nostro tempo”. E ha rievocato ciò che successe dopo che le potenze europee, Gran Bretagna, Francia, Italia, anziché difendere il diritto internazionale e sostenere la Cecoslovacchia, a Monaco, diedero a Hitler via libera. Prima la Germania nazista occupò i Sudeti. Dopo neppure sei mesi occupò l’intera Cecoslovacchia. Dopo sei mesi provò con la Polonia. E così scoppiò “la tragedia dei tanti anni della Seconda guerra mondiale, che non sarebbe scoppiata senza quel cedimento”.

Conclusione: “L’Italia, i suoi alleati, i suoi partner dell’Unione sostenendo l’Ucraina difendono la pace, affinché si eviti un succedersi di aggressioni sui vicini più deboli. Perché questo – anche in questo secolo – condurrebbe a un’esplosione di guerra globale”. Mattarella ce l’ha con la sinistra pacifista e la destra nazionalista,  con gli utili idioti del putinismo. Ce l’ha con la sinistra riformista, timida sull’Ucraina. Ce l’ha con il mondo cattolico, e forse anche con chi segue alla lettera le parole di Papa Francesco, che ha invitato l’Ucraina ad avere “il coraggio” di sventolare la bandiera bianca. Ma ce l’ha anche con il governo, per ciò che potrebbe fare nel futuro. “Nessuno – vorrei presumere – ipotizza di conformare i propri orientamenti a seconda di quanto decidono elettori di altri paesi e non in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei principi della nostra Costituzione”. Chissà se serve un disegnino per capire il concetto e ricordare che difendere l’Ucraina non significa difendere i confini di una democrazia aggredita. Ma significa imparare a difendere noi stessi, e i confini delle democrazie di tutto il mondo, compresa l’Italia. Vale anche in caso di vittoria trumpiana. Viva Mattarella.
 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.