Foto Ansa

L'editoriale dell'elefantino

Per Calenda è giunta l'ora di sporcarsi le mani

Giuliano Ferrara

Limitarsi al ciò che non vogliamo è montalismo poetico e impolitico. Il leader di Azione si è posto l'obiettivo di formare un piccolo spicchio di una generazione vogliosa di politica seria e responsabile. Ma resta poco chiaro come intenda procedere, dopo aver verificato quanto sia difficile filosofare prima di vivere

Carlo Calenda è come sempre inappuntabile. Che gli vuoi dire? La foto calcistica di Renzi e Schlein abbracciati e il raggruppamento pallonaro con La Russa sono effettivamente spettacolo o avanspettacolo, se si voglia essere maligni. Renzi è fin troppo veloce nel percorso a ostacoli verso la grande alleanza a sinistra, M5s compreso, con tanti saluti alle praterie del centro più o meno macroniano, anche se a leggere il bel libro Marsilio di Kaplan sul medio oriente pare di capire che sul rinascimento saudita, dispotico e modernizzatore, aveva ragione lui, M5s e MbS. Eppoi a Calenda, prima di rivotarlo alle europee dopo Roma, e che bello poterlo dire a cose fatte e a batosta incamerata sui denti, avevo consigliato con modestia la via di un lamalfismo del XXI secolo, addirittura: aggregarsi e stabilizzarsi non essendo nel suo stile, mescolare i suoi ottimi argomenti politici e programmatici con le accozzaglie non essendo nei suoi propositi, meglio un “azionismo” di piccolo gruppo magari severo e indisponibile, qualche volta indisponente, di una continua ricerca di alleanze e poli e patti che poi tipi come lui non possono mantenere o non vogliono, se non a certe condizioni, le sue. D’accordo. Un po’ si capisce, un po’ ci si adegua. 

 

C’è un limite. L’intralcio moralista. La serietà al governo è un bello slogan, senza esagerare, politics is fun, come si sa, e di governo e Parlamento si deve parlare con serietà, certo, eppure concedendo qualcosa allo spettacolo o avanspettacolo delle combinazioni, non chiamiamole alleanze, utili o meno disutili del necessario. Calenda trova respingente la partitella del cuore e non vuole mettersi a fare “il cespuglio dei populisti per quattro seggi in Parlamento”. Ma quattro seggi, quelli più o meno di La Malfa negli anni aurei del centrismo e poi del centrosinistra, erano considerati senza degnazione, senza sussiego morale. Una volta, quel siciliano focoso e intelligente che sapeva di programmi e programmazione, che si era alleato con la Dc dandole la baia e con le sinistre in epoca non sospetta, che delirava di piacere nel denunciare i sindacati che avevano rovinato il mercato del lavoro e l’Italia, che faceva sempre il suo e solo il suo nella cultura politica italiana dell’epoca, si aggrappò perfino a quel fantastico ma controverso personaggio che era il palermitano Aristide Gunnella per ottenere “quattro seggi in Parlamento”. Tra zero e quattro c’era la differenza politica, mai inappuntabile in sé, che gli consentiva di far scattare un quorum e di esistere. Pazienza se con gesti che i puristi del suo campo consideravano arbitrari o sospetti o questionabili in massimo grado.

 

Esistere, esistere, esistere. Limitarsi al ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, è montalismo poetico e impolitico. L’idea di formare a buone idee un piccolo spicchio di una generazione vogliosa di politica seria e responsabile non è affatto disprezzabile, Calenda ha fatto su questo un investimento che non si può considerare con abietto cinismo. Non è chiaro come intenda procedere, dopo aver verificato quanto sia difficile filosofare prima di vivere. Se eliminasse un tanto di impeccabilità, e si desse una sporcata alle mani candide con le quali agisce nel teatro del politico, forse darebbe un contributo meno effimero al lamalfismo militante dei nostri tempi, e giustificherebbe un soggetto esistente e efficace nel perseguire i suoi scopi. Non che gli scopi siano sopra ogni tipo di mezzo, ma nemmeno sotto.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.