L'intervista

“Elly, stai attenta: Renzi è il Picasso della politica”. Parola di Pippo Civati

Francesco Gottardi

L’ex candidato alla segreteria dem, “tecnico del renzismo mio malgrado”, avverte chi si fa tentare dalle prove di campo largo. “Matteo è così: mentre dice una cosa, sta già pensando all’esatto contrario”. E intanto cento dirigenti di Iv gli chiedono di fare un congresso

C’è la logica matematica, c’è la logica politica. E poi c’è logica di Matteo Renzi. La quale recita: “Se lui dice a, significa anche b”, spiega al Foglio Giuseppe Civati, da buon professore di centrosinistra. Cento dirigenti di Iv (la sottoscrizione è stata promossa da Filippo Campiotti, presidente di Iv Milano) hanno già chiesto a Renzi di indire un congresso per decidere “la linea politica del partito”. Per Raffaella Paita è “segno di vitalità”. Civati, per lei, che segno è? “Per quanto resti ideologicamente lontanissimo da me”, la premessa del fondatore di Possibile, “va riconosciuto che Renzi in questo è il numero uno: esce malconcio dalle europee, vede arrivare Piersilvio fra i moderati. E allora cosa fa? Prende palla e smista assist”. Per Elly Schlein, gol annullato alla Partita del cuore – ma ancora al vaglio del Var di un ipotetico campo largo. “Insomma. In un colpo solo ha messo in crisi governo e opposizione. Da ennesima profezia che si autoavvera: Papeete, Conte bis. Ora c’è una nuova fase di fermento in area riformista, la pluralità è tornata di moda e – anche per scarsità altrui – le carte le smista Renzi. Ma ripeto: mentre indica una strada, sa tenersi aperta anche quella esattamente contraria. Come solo lui sa fare”.

  

Civati ne parla con disincanto, “da tecnico del renzismo, mio malgrado”. Primarie del Pd, anno 2013. Poi il primo ribaltone di governo. “Letta se lo ricorda bene. E me lo ricordo bene anch’io”, sorride Pippo. “Fatta la Leopolda andò da Berlusconi: mai avrei detto. Vinto il congresso ottenne subito Palazzo Chigi senza passare per le elezioni: mai avrei immaginato. Lo stesso Letta, fino all’ultimo giorno non ci voleva credere. Matteo ci aveva dato tutte le garanzie del caso. Tutte”. Invece Letta a casa e Renzi premier. “Passò alla storia quell’Enrico stai sereno. Ecco. Oggi mi sentirei di dire: Elly, stai attenta”.

 

Eppure Civati non ritiene di conoscerlo più, il leader di Italia viva. “Di quale Renzi stiamo parlando? Io l’ho incontrato soltanto durante il suo ‘Periodo blu’. È come Picasso, Renzi”. Rottama e scompone decenni di arte politica, destando scandalo e antipatie. “Non lo vogliono i Cinque stelle, non lo vuole Avs, non lo vogliono pezzi di Pd. La strada è lunga. La discussione riaperta. E se la famiglia Berlusconi scende in campo? E se Conte si sfila dal campo largo? E se la Lega abbandona Vannacci e Salvini e torna a fare la Lega? Tante le variabili in gioco. Anche quelle inscalfibili in apparenza: Meloni da una parte e Schlein dall’altra”. Secondo l’ex deputato, Renzi si trova nella posizione paradossalmente migliore. “Non ha nulla da perdere. Mentre Elly deve tenere insieme un equilibrio complicato. Quell’abbraccio calcistico potrebbe essere ferale oppure un’occasione per ricostruire. Per ora non si sa. E sarà così fino a conti fatti”. Con Renzi di mezzo diventano tutti San Tommaso. “Ah, beh. Andrebbero scomodate molte altre santità”.

  

Un rebus da oltre un decennio. Centrosinistra sotto scacco. Nel frattempo Civati si è serenamente defilato, “ho un bel lavoro con la casa editrice People e tanto mi basta. Mi sento molto extraparlamentare anche perché la situazione socioeconomica si è radicalizzata: mi piacerebbe discuterne come cittadino, parlare di contenuti”. Rimpianti? “Se nel 2018, anziché giocare ai renziani contro gli anti-renziani, avessimo disinnescato questo meccanismo elettorale che favorisce la destra, oggi non avremmo Meloni al governo. M’avessero dato retta…”.

  

Altro cortocircuito: voti alla mano Renzi non conta quasi più nulla. Addirittura, i sondaggi lo riterrebbero una presenza tossica per tutte le altre forze attorno a lui. Eppure continua a contare. “Parli con uno che ha sempre avuto poco consenso”, sorride Civati. “Chi determina il gioco non è necessariamente un accumulatore di voti, ma colui che sfodera l’intuizione giusta”. Il passaggio filtrante. “Il pericolo semmai è che Renzi alla fine detti pure le condizioni: Jobs act, garantismo, liberismo”. Sempre dall’opera omnia del senatore di Rignano: se dichiara “nessun veto”, vuol dire che sta già escogitando quali veti piazzare. “Mi auguro per la sinistra che non sia così. Ma se gli dice male il campo largo, sarà pronto a rioccupare il centro. E intanto su una cosa ha già vinto”. Cioè? “Si dice che non conti: stiamo parlando tutti di lui. È il romanzo dell’estate”. Letto e riletto senza mai arrivare alla fine.

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