Guerre stellari

Dont'touch Beppe. Un gruppo di ex parlamentari del M5s scrive una lettera per difendere Grillo

Gianluca De Rosa

Nuova puntata del conflitto dei due Beppi. Conte pronto ad andare avanti sull'assemblea costituente e sul superamento del vincolo di mandati. Ma Grillo ha l'arma segreta: la titolarità del simbolo e del nome

Sono la falange che non ti aspetti. Il gruppo di azione pronto a farsi esplodere per le ragioni del fondatore. L’arma inattesa nella guerra dei due Beppi. Il conflitto epistolare scoppiato in terra M5s nel fine settimana. Da un lato il presidente Giuseppe Conte, dall’altro il fondatore Beppe Grillo. La zona contesa è la regola dei due mandati. Per Conte un argomento sul quale l’assemblea costituente di ottobre potrà decidere. Per Grillo un tabù intoccabile. E dato che qui si combatte scrivendo, ecco che un nugolo di ex parlamentari grillini si prepara a difendere le ragioni di Grillo redigendo una lunga lettera. “La pubblicheremo oggi”, assicura l’ex deputato Alessio Villarosa. Insieme a Virginia Raggi e al tesoriere del M5s Claudio Cominardi – vero trait d’union tra Campo Marzio e il garante – è l’unico ad aver sentito e pasteggiato insieme a Grillo negli ultimi tempi.  Personalmente è piuttosto indignato. Espulso dal M5s dopo la scelta di votare contro il governo Draghi non accetta che oggi Conte cerchi di far passare quella scelta come un’imposizione di Grillo, alludendo con calcolata malizia alla scelta di Draghi di mettere Roberto Cingolani, amico personale del comico, alla guida del ministero della Transizione ecologica. “Tutte falsità, Beppe e Giuseppe erano assolutamente d’accordo sul sostegno a Draghi. La verità è che Conte ha un atteggiamento padronale sul M5s e invece, come ogni grillino deve capire che ha una data di scadenza: quella del secondo mandato”. Il vero punto del contendere nella disputa del fine settimana tra i due Beppi. Grillo vorrebbe che fossero lui e Conte a scegliere quali quesiti sottoporre all’assemblea e quali no. Un modo per impedire il superamento della regola dei due mandati, eliminando direttamente il voto sul punto. Conte gli ha risposto un secco no. 


Ma in fondo la regola non è che una sineddoche di uno scontro più ampio e che gira intorno a una domanda: che cosa deve essere oggi il M5s? Per il garante deve restare un pungolo fuori dal sistema e dai tradizionali sistemi di alleanza, con temi e battaglie chiare davanti a qualsiasi tattica politica e ambizione personale. Insomma il “Non sono un partito”, cantato da Fedez come inno apotropaico ormai dieci anni fa. Per Conte invece per il M5s è giunto il momento di diventare grande, di completare la trasformazione in partito, scegliere un campo – in Europa ora i grillini sono con Left insieme a Fratoianni –, ma anche  una classe dirigente che permetta di fare buoni risultati anche alle elezioni locali (o alle europee) dove ci sono le preferenze da raccogliere. Impossibile con il vincolo dei mandati. Conte è dunque intenzionato ad andare avanti. In settimana il consiglio nazionale darà il via libera al percorso costituente, senza preventivi caminetti tra lui e Grillo sui temi da trattare, come aveva chiesto il garante.  In teoria poi già da agosto partirà la fase costituente. Chiunque, anche i non iscritti, potrà inviare le proprie proposte. Senza alcun filtro preventivo. In pratica, anche la regola  dei due mandati potrà essere messa in discussione.

 

Le proposte, invece che da Grillo e Conte, saranno vagliate e accorpate da Avventura Urbana, un’azienda che per volere di Vito Crimi si era già occupata degli stati generali del Movimento nel 2020. Su queste proposte a ottobre l’assemblea del Movimento voterà tracciando una traiettoria politica. In pratica non si sceglierà solo “cosa fare” ma anche su “cosa decidere cosa fare”. “Conte – dice al Foglio Lorenzo Borrè, ex attivista e storico avvocato dei dissidenti del M5s –  è furbo e cerca di dimostrare con questa scelta di essere più democratico di Grillo. Ma questa cosa di far decidere all’assemblea i punti sui quali deliberare era una vecchia fissa di una corrente del Movimento delle origini che si chiama assemblea dell’Uno. Le cose però non sono mai andate così. Le votazioni sono sempre avvenute su quesiti decisi dall’alto. E’ andata così anche nel 2021 quando si fece votare in modo plebiscitario il nuovo statuto voluto da Conte che ha ridimensionato Grillo”. Per Conte comunque sarà complicato forzare la mano. Il fondatore, pur ridimensionato, ha ancora con sé un’arma segreta. Una sentenza del Tribunale di Genova del 2020 che dirimeva le controversie tra la vecchia associazione Movimento 5 stelle (quella del 2009) e le nuove (2012 e 2017). “Quella sentenza – dice  Borrè, storico avvocato dei – sancisce che Grillo è titolare unico del nome e del simbolo del Movimento”. Insomma, non si può escludere che in caso di forzature Grillo possa togliere a Conte il diritto all’uso di logo e nome. Non proprio uno scherzetto.