Meloni: "Privatizzare la Rai? Niente da dire. Riforma governance? Parliamone"

"La mia lettera non peggiora i rapporti con la Commissione europea", dice la premier in un punto stampa in Cina dopo l'incontro con Xi Jinping. E sull'Ucraina prova a dividere Pechino e Mosca: "Non sostenga l'industria russa". Preoccupata per l'escalation in Libano

La pioggia a Pechino costringe Giorgia Meloni rinviare la passeggiata alla Città proibita. Prima di lasciare il suo albergo con la figlia Ginevra, la premier si ferma nella hall per un punto stampa. La missione nella capitale cinese è finita ieri con l'incontro nella residenza di Xi Jinping: Meloni è la premier che ha fatto uscire l’Italia dal progetto strategico cinese della Via della seta, considerato sensibile e controverso, cercando però di mantenere sempre un certo equilibrismo con la leadership cinese, e sostituendo di fatto l’accordo con un “partenariato strategico” Roma-Pechino che rassicura tutti. 

  

Il memorandum generico con la Cina

Quello siglato ieri, conferma comunque la presidente del Consiglio, è un accordo generico da strutturare con ulteriori passaggi. Per esempio sull'auto elettrica, "uno dei temi inseriti all'interno del nostro Memorandum di collaborazione industriale", Meloni ammette che "ci siamo limitati a definire accordi di cornice, poi non sta a noi entrare nel merito delle singole intese e dei singoli investimenti che si possono sviluppare". E anche sulla "cantieristica navale, ci sono le materie legate generalmente alla transizione energetica. Poi però ovviamente saranno i tavoli tecnici e i ministri competenti a lavorare nello specifico sulla realizzazione di questa intesa".

   

Privatizzare la Rai e riforma della governance

"Per quello che riguarda le ipotesi di privatizzazione" della Rai, "ho letto queste indiscrezioni. Non so da dove siano uscite, non ho su questo niente da dire. Posso solamente confermare, rispetto a quello che ho letto e che mi è stato attribuito, che non ho bisogno di una TeleMeloni. Non ne ho bisogno, non mi interessa, non la voglio". "Sulle nomine - ha indicato la premier - bisognerà procedere anche perché si è dimessa anche la Presidente quindi è sicuramente una cosa da quale dobbiamo occuparci nelle prossime settimane. Sulla governance io sono assolutamente laica. Non è una riforma che ho fatto io, non l'ho neanche particolarmente difesa, quindi se quelli che l'hanno scritta oggi dicono che è pessima, possiamo parlarne". 

 

La questione era nata da una lettera scritta nei giorni scorsi dalla premier alla Commissione europea. Ma non c'è nessuna frizione con Bruxelles, solo "una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico del quale, mi corre l'obbligo di ricordare che gli accenti diciamo così critici non sono della Commissione europea", dice Meloni.

Nel rapporto "la Commissione - afferma la premier - riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica... Però la Commissione non è il  mio diretto interlocutore, ma chi strumentalizza quel rapporto che tra l'altro non dice niente di particolarmente nuovo rispetto agli anni precedenti, anche questo varrebbe la pena di ricordare". La governance Rai "è definita da una legge del 2015  che ha fatto il governo Renzi" e "dicono che ci sono delle intimidazioni alla stampa perché ci sono degli esponenti politici che querelano per diffamazione alcuni giornalisti ma non mi pare che in Italia vi sia una regola che dice che se tu hai una tessera da giornalista, che ho anche io in tasca, puoi liberamente diffamare qualcuno e dire che gli esponenti politici se avviano una causa per diffamazione stanno facendo azioni di intimidazione, vuol dire non avere neanche rispetto dell'indipendenza dei giudici. Vengono ad esempio prese in considerazione  - prosegue Meloni - anche alcune querele che ho fatto io, le ho fatte quando ero all'opposizione, non quando ero al governo. Capisco il tentativo di strumentalizzare, cioè conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però  - conclude - su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa". 

  

Politica internazionale

La premier spiega di aver ribadito le posizioni italiane sull'Ucraina, auspicando un ruolo di Pechino nella risoluzione del conflitto. "Io penso che la Cina non abbia alcuna convenienza in questa fase a sostenere la capacità industriale russa, anche se come sappiamo non interviene direttamente, è evidente che questo crea una frizione perché lo abbiamo scritto in tutti i modi possibili e immaginabili e lo abbiamo ribadito. Io spero che ci si renda conto che questa nazione può giocare veramente un ruolo dirimente". La premier si dice poi "molto preoccupata per quello che sta accadendo in Libano, per il rischio di una escalation regionale, proprio mentre sembrava che ci potessero essere degli spiragli e anche questo è un elemento che va valutato".

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