L'intervista

“E' l'Iran, non Israele, il problema del medio oriente”. Parla Picierno

Gianluca De Rosa

L'eurodeputata Pd, fresca di conferma come vicepresidente del Parlamento europeo dopo l'attacco di Hezbollah sulle alture del Golan non si nasconde dietro un dito: "Sono decenni che la teocrazia di Teheran rappresenta un problema per la stabilità del medio oriente"

“Dal brutale attacco di Hezbollah, ai droni forniti alla Russia per attaccare l’Ucraina, al ruolo cruciale nell’ascesa strategica di Hamas e nel coordinamento del 7 ottobre, è inutile negare che fino a quando Teheran non cesserà di essere un hub del terrore non potrà realizzarsi nessuna pace in medio oriente”. Pina Picierno, eurodeputata Pd, rieletta pochi giorni fa vicepresidente del Parlamento europeo, sulla crisi in medio oriente non vuole nascondersi dietro un dito. Parlando con il Foglio ribadisce quella che è una sua profonda convinzione: “Sono decenni che la teocrazia di Teheran rappresenta un problema per la stabilità del medio oriente. Credo che occorra vedere ‘l’erba dalla parte delle radici’ e comprendere che esiste un regime che opprime la popolazione in ogni anfratto della vita civile e che condiziona anche i governi e le organizzazioni terroristiche dei paesi vicini”.

 

Eppure in Italia, come nel resto dell’Occidente, non tutti vedono questa linea sottile che collega fatti e soggetti diversi. Che l’attacco di Hezbollah abbia mostrato questa  volta quanto sia più complessa e articolata la tela che minaccia Israele? “Continuo a credere che Israele abbia diritto a difendersi ma debba farlo nelle more del diritto internazionale”, dice Picierno. “E però non c’è dubbio che i suoi nemici coincidono nella storia con i nemici della democrazia e del diritto. L’Iran è uno di questi”. La guerra a Gaza però ha indurito molto la posizione dell’opinione pubblica internazionale, nei confronti di Israele. Come mai  la stessa attenzione non viene riservata all’Iran ? “Purtroppo – risponde la vicepresidente dell’Europarlamento – c’è molta indulgenza verso i regimi, c’è un difetto di lettura nelle società occidentali, pensiamo che la nostra ‘difettabilità’ e i nostri errori storici, alle volte anche drammatici, siano il lasciapassare per indulgenze culturali e politiche nei confronti di regimi sanguinari. Il fallimento della dottrina repubblicana statunitense dell’esportazione della democrazia – prosegue Picierno – ha indebolito l’Occidente, così come la destra reazionaria di Netanyahu ha profondamente indebolito la democrazia israeliana, ma finché c’è stato di diritto e democrazia c’è la possibilità di cambiare e rendere migliori le proprie società: la democrazia e lo stato di diritto sono costruzioni in continua evoluzione e miglioramento”. 


Dopo l’elezione del nuovo presidente Masoud Pezeshkian, una figura considerata più moderata rispetto al predecessore Raisi,  sono in tanti a pensare che si possa riprendere un dialogo con l’Iran che possa essere in qualche modo proficuo. “La verità – dice Picierno – è che la diplomazia europea, e in generale dei paesi occidentali, ha sempre lasciato aperte le porte al dialogo e mantenuto un canale di dialogo costante, tuttavia non mi sembra che ci siano state evoluzioni fondamentali. L’Iran continua ad uccidere, a fornire armi alla Russia contro l’Ucraina e ad Hamas ed Hezbollah contro Israele. Poi c’è un equivoco molto diffuso: spesso dialogare per taluni significa fare cassa con i regimi e quello iraniano è uno dei più generosi”. E come dovrebbe porsi allora l’Europa nei confronti di Teheran? “L’Europa deve agire con fermezza e innescare un percorso di de-escalation in tutta l’area, in passato sono stati usati due pesi e due misure. Non si può stare con le ragazze iraniane e poi non indignarsi per la violenza sui corpi delle donne israeliane, cosi come i civili innocenti di Gaza non sono diversi dai bambini drusi uccisi qualche giorno fa. Il doppio standard sulla vita degli altri è pericoloso politicamente e strategicamente”.  


Passando da un conflitto all’altro, anche nel gruppo Pd c’è chi considera quella ucraina una guerra che va terminata “costi quel che costi”. La vedono così i suoi colleghi Cecilia Strada e Marco Tarquinio. Come riuscirete a gestire queste differenze di vedute? “Se c’è qualcuno che lo pensa lo fa a titolo personale. Il nostro gruppo, quello dei socialisti e democratici, ha le idee e posizioni abbastanza chiare su questo. I nostri indipendenti sono una ricchezza, ma la linea non è mai cambiata”.