Made in Italy a rischio

L'Ue stronca l'Italia su un'emergenza vera: la peste suina

Luciano Capone

Il team di esperti EuVet denuncia i ritardi del governo. Il commissario straordinario si dimette. Mentre Lollobrigida e Coldiretti pensavano alla carne sintetica, avanzava una reale minaccia al made in Italy come la Psa

Da oggi l’Italia è senza un commissario straordinario alla peste suina africana (Psa). Vincenzo Caputo, quello scelto per risolvere l’emergenza dai ministri dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e della Salute Orazio Schillaci, si è dimesso nei giorni scorsi. Caputo si era insediato a febbraio del 2023 dicendo che in tre anni avrebbe eradicato il virus, dopo un anno e mezzo è stato eradicato lui: “Troppo impegnativo – ha detto commentando le dimissioni –. Sono già troppo oberato con l’incarico di direttore dell’Istituto zooprofilattico delle Marche e dell’Umbria”.

Che stesse facendo altro era il sospetto venuto a molti osservatori, visto il dilagare della peste suina. In realtà le ragioni delle dimissioni vanno trovate in un report dell’Ue che stronca l’Italia sulla gestione della peste suina. A inizio luglio, la Commissione europea ha mandato una missione in Lombardia ed Emilia-Romagna (in particolare Pavia, la zona più colpita, Piacenza e Parma) per valutare le misure adottate dall’Italia per prevenire la diffusione della Psa.

Il report del team EuVet (Eu Veterinary Emergency Team) mostra un quadro critico e inadeguato. “La strategia complessiva di controllo della malattia nel Nord Italia deve essere migliorata. Ogni regione/provincia mette in atto le proprie misure con un coordinamento minimo con i suoi vicini”. E ancora: “Un gruppo di esperti dovrebbe elaborare una strategia comune per la Psa”, che è esattamente ciò che avrebbe dovuto fare il commissario straordinario. Gli esperti della Commissione sottolineano anche la scarsità di risorse impiegate: “Il supporto finanziario insufficiente e i problemi tecnici hanno ritardato la costruzione di recinzioni”. E i ritardi: “L’epidemia sembra avanzare più velocemente delle misure di recinzione” e pertanto, se fatte in ritardo, le recinzioni “potrebbero non avere l’effetto desiderato di interrompere la diffusione della Psa nelle aree non infette”. I

tre esperti europei erano arrivati così a due conclusioni che hanno confermato i peggiori timori del settore: “C’è da temere che la Psa si diffonda ulteriormente verso est (a est dell’autostrada A15) e a sud verso la Toscana, se non lo ha già fatto”; e, pertanto, “è urgentemente necessario un piano esteso di controllo ed eradicazione della Psa” che includa anche l’Emilia-Romagna e la Toscana.

Due settimane dopo l’allarme lanciato dal team EuVet, a metà luglio, è stato registrato il primo caso di Psa in Toscana. Pochi giorni dopo sono arrivate le dimissioni “per motivi personali” del commissario Caputo, che i ministri Lollobrigida e Schillaci hanno ringraziato “per il prezioso lavoro svolto nel porre in essere azioni di contrasto al fenomeno”. Anche se nessuno ha capito quali.

Né Lollobrigida né Schillaci hanno fatto alcun riferimento al report della missione EuVet, che segnala enormi problemi strutturali: mancanza di coordinamento, scarsità di risorse, ritardi, assenza di un Piano B esteso ad altre regioni. In sintesi: un disastro. Che preannuncia uno scenario ben peggiore rispetto agli enormi danni già prodotti.

La peste suina africana è infatti la più devastante malattia contagiosa dei suini, che è presente in Italia da oltre due anni nei cinghiali e che si trasmette, appunto, dal contatto dei suini selvatici con quelli domestici. I problemi più grandi sono stati registrati l’anno scorso negli allevamenti della provincia di Pavia, dove sono stati abbattuti circa 40 mila capi per evitare il progresso della malattia: le normative prevedono, per un caso positivo, l’abbattimento di tutti gli animali. Oltre alla Toscana sono emersi altri focolai in Piemonte e Lombardia, mettendo a rischio i grandi allevamenti della Pianura Padana nelle zone di Brescia, Mantova e Cremona.

“La situazione è molto preoccupante, come associazione chiediamo un cambio di passo – dice al Foglio Davide Calderone, direttore generale di Assica, l’Associazione delle industrie delle carni e dei salumi – la struttura commissariale ha senso se ci sono un coordinamento e una strategia nazionale, con interventi urgenti e finanziamenti adeguati”. A rischio c’è un pezzo grosso del made in Italy, dato che tutte le Dop – i migliori prodotti italiani, come il prosciutto – hanno necessariamente bisogno del suino pesante italiano.

Solo il settore della salumeria fattura 9 miliardi annui, 5 miliardi la macellazione, 2 miliardi l’esportazione dei salumi. Proprio l’export è il più colpito, dato che molti mercati hanno chiuso automaticamente le porte all’Italia. Perché infetta dalla Psa. Per un paio d’anni il ministro Lollobrigida, al traino della Coldiretti, ha parlato solo del divieto sulla “carne sintetica”, perché quella era la minaccia più grande alla carne italiana. Nel frattempo avanzava la peste suina, colpendo realmente al cuore gli allevatori, l’industria della macellazione e quella della trasformazione.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali