Alessandro Cattaneo - foto Ansa

L'intervista

"Contro la peste suina africana ristori e abbattimenti senza indugio". Parla Cattaneo (FI)

Francesco Palmieri

L'esponente azzurro, reduce da un'esperienza come sindaco di Pavia, commenta il recente allarme lanciato dall'Unione europea al governo sull'epidemia da Psa: "Siamo stati eroici, non ci additate come pecore nere"

Ristori più rapidi agli imprenditori colpiti dalla peste suina africana (Psa) e abbattimenti senza indugio dei cinghiali portatori del virus: sono le raccomandazioni dell’ex sindaco di Pavia e deputato di Forza Italia, Alessandro Cattaneo, dopo l’allarme lanciato dall’Unione europea al governo italiano. È un’emergenza che Cattaneo ha vissuto in prima persona nella sua provincia, infelice epicentro della Psa. L’ex sindaco della città lombarda sottolinea tuttavia che “siamo stati eroici, non ci additate come pecore nere”, perché malgrado i rilievi europei, e mentre il commissario straordinario all’emergenza scelto dal governo, Vincenzo Caputo, si è dimesso, “siamo riusciti per un anno a contenere la diffusione dell’epidemia”.
 

Una lotta finora costata 40 mila capi abbattuti e attività che hanno scelto di chiudere in mancanza di pronti ristori quando fronteggiavano proteste animaliste che secondo Cattaneo avrebbero tutt’al più aggravato il contagio. Il rischio adesso è che l’epidemia si diffonda per la dorsale appenninica e possa coinvolgere altri territori in cui è più sviluppata la filiera produttiva suinicola con danni per miliardi di euro. Cattaneo, come responsabile dei dipartimenti di FI e reduce dall’esperienza della sua provincia, sollecita una ricetta “semplice ed efficace” a patto che sia subito attuata: “Consiste di due punti. Il primo: un intervento senza più esitazioni sulla fauna selvatica, veicolo principale della peste suina. Il secondo: l’accelerazione dei ristori economici agli imprenditori che sono stati colpiti. Sono arrivati solo adesso i fondi fino a dicembre scorso, ma se non si sveltisce l’erogazione c’è il rischio che molti, come è già accaduto, invece di reintrodurre il bestiame abbandonino l’attività”.
 

Una carcassa infetta determina l’abbattimento di tutti i suini di un allevamento, sicché la vasta provincia pavese è stata teatro non solo di ecatombi ma di scontri fra animalisti e forze dell’ordine, “che hanno fatto solo danni: la diffusione dell’epidemia avviene anche attraverso il terreno, perché può essere contaminato da escrementi di uccelli che si sono nutriti di carni malate o da viandanti umani che veicolano il virus sotto le scarpe, come chi protestava cercando di assaltare gli allevamenti. Perciò le strutture sono state coperte e vi si accede solo disinfettando le calzature”. Il problema principale, tuttavia, resta la presenza dei cinghiali: “È impensabile che se un imprenditore trova un capo malato ne debba sopprimere a migliaia di sani, mentre verso la fauna selvatica si registra una eccessiva prudenza”, dice Cattaneo, aggiungendo che “la propagazione della peste suina avviene lungo la linea del Ticino perché è una vera e propria autostrada naturale. Non si tratta solo di un rischio sanitario: le confederazioni agricole quantificano in 200 milioni di euro i danni diretti e indiretti causati dai cinghiali agli agricoltori e rimborsati in parte o lentamente, cui s’aggiungono gli incidenti stradali: 170 l’anno scorso con un aumento dell’8 per cento sul precedente, in qualche caso con morti e feriti”. I danni alle esportazioni, malgrado le normative salvaguardino alcune lavorazioni (prodotti con più di 400 giorni di stagionatura o preservati dalla cottura), sarebbero “gravissimi”. “È già accaduto con il Canada”, ricorda Cattaneo, “che ha smesso di importare tutti i prodotti dalle zone interessate dalla Psa”.
 

La “resistenza” pavese, sostiene, ha permesso di arginare i contagi in una zona cruciale, ossia una provincia tra le più ampie d’Italia con circa 200 comuni e confinante nella parte appenninica con Piemonte ed Emilia-Romagna. “Siamo la porta d’ingresso della fauna selvatica e per un anno abbiamo lottato contro tutto, perciò la nostra esperienza va ascoltata a tutti i livelli: stato, regioni, province. Non è possibile che basti il ricorso di un’associazione animalista per bloccare gli abbattimenti in attesa del Tar. La tempestività è un elemento imprescindibile e il caso della Xylella per gli olivi pugliesi lo ha dimostrato a nostre spese. Il rigore risparmiato nel presente implica un rigore maggiore nel futuro”.
 

Tra i rilievi mossi dalla missione dell’EuVet (l’Eu Veterinary Emergency Team) ci sono anche lo scarso coordinamento tra regioni e province vicine e la mancata costruzione di recinzioni, ma Cattaneo ribatte che bisogna fare i conti con le caratteristiche geografiche dell’area: “Le recinzioni dei boschi per la biosicurezza sono state realizzate in alcuni paesi dell’Est, ma da noi non è altrettanto facile attuarle dappertutto. Anche se non mi sento di lamentare un cattivo dialogo tra i ministeri interessati, le regioni e le province, i ritardi che ci sono stati non ce li possiamo consentire più”.

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