Il profilo

Daria Perrotta, il cigno di stato. Ritratto della prossima Ragioniera che vogliono Giorgetti e Meloni

Carmelo Caruso

Dal governo Renzi, a quello Draghi fino a Meloni. Chiamata da Giorgetti come capo del legislativo è destinata a prendere il posto di Biagio Mazzotta. La passione per il cinema, gli scontri, la carriera

Sarà la ragioniera con il cerchietto, il cigno di stato, Daria Perrotta “wonder Daria”, “uffa, Daria”. Sognava di fare cinema e teatro ma ha scelto diritto e contabilità, guarda tutti i film di Luca Guadagnino, le “Povere Creature” di Lanthimos, il crepuscolo sul suo terrazzo di limoni. Giancarlo Giorgetti vuole indicarla al posto di Biagio Mazzotta, il ragioniere di stato che si è dimesso, il campione dei 500 (mila euro) stile libero che va a presiedere Fincantieri, ma usufruendo dell’aspettativa del Mef.

Il 7 agosto, in Cdm, Giorgia Meloni, potrebbe aprire le finestre di governo, nominare questa napoletana tenace, ambiziosa, indomabile, andare oltre  Colle Oppio. Si somigliano. Perrotta è un’altra underdog, ma senza  smorfia. Padre ingegnere, niente lussi. Il giorno della sua laurea riuscì a far impuntare il professore che, raccontano, le negò la lode (meritata). A 22 anni ha vinto il concorso come documentarista della Camera, e da allora conosce le combinazioni delle leggi Finanziarie. Viene scoperta dal primo Giorgetti, ex presidente della Commissione Bilancio, che non si fidava dei vecchi funzionari: “Voglio qualcuno che mi sappia spiegare se sì perché è sì, e se è no perché è no”. In un cassetto tiene una scatola di cerchietti colorati, i vestiti li compra a Roma, in via Vittoria, dalla stilista che li creava per Giulietta Masina, la moglie di Fellini. (Caruso segue a pagina tre)
Quando Maurizio Gasparri cominciò a ricevere le chiamate gentili di Daria Perrotta chiese a un giornalista: “Ma chi è Perrotta? Ma che vuole? Io sono Gasparri, lo sa?”. Lo sa, e purtroppo per Gasparri, non ha soggezione. Sta per diventare cigno di stato, ragioniera, ma il suo vero lago è stata la Camera dei deputati. Era la spalla di Paolo Visca, ex capo di gabinetto di Giorgetti, oggi consigliere, l’altro suo maestro è Daniele Cabras, il guardiano della Carta, per conto di Sergio Mattarella, che è anche il suo collegamento con il Colle. E al momento il Colle tace. Il Quirinale ha infatti lasciato intendere che è nelle prerogative di un governo scegliere il ragioniere dello stato, ma cosa accade se quel ragioniere è un cigno, una donna? L’unica che è arrivata a un passo dal farlo è stata Alessandra Dal Verme, la cognata di Paolo Gentiloni, ma alla fine il ministro Giovanni Tria le preferì Mazzotta, il piagnone in aspettativa. Come Dal Verme, anche Perrotta è “difficile”, “poco amata”, “uffa, Daria”. Una sua amica chiese di fronte a un gruppo di giuristi, maschi: “Perdonatemi, ma perché il carattere in una donna è cattivo carattere, e in un uomo è carattere?”. Le rimproverano già ora, prima ancora della nomina, un problema di opportunità: “Da quando un capo del legislativo di un ministro diventa il funzionario che deve vigilare su un ministro?”. E le rimprovereranno anche i suoi pranzi con i suoi amici al ristorante da Tullio, con Annalisa Cipollone, ex capo di gabinetto di Dario Franceschini, la sua voglia di camminare per strada, andare a vedersi una pellicola alla mostra del Cinema di Venezia, di leggere tutti i libri del Premio Strega. Per fortuna, Sangiuliano la stima. Le rimprovereranno anche il suo passato di successo. Viene notata al Mef durante il governo Renzi, quando a chiamarla nel suo gabinetto da ministro delle Riforme è Maria Elena Boschi. E’ allora che inizia a duellare con la struttura del ministero dell’Economia e con Roberto Garofoli, capo di gabinetto. Dicono che le fosse antipatica per la capacità di rovesciare i pareri della Ragioneria che anche per Sabino Cassese andrebbe ripensata in quanto “potere oscuro”. Oltre seimila funzionari che si ritengono gli ultimi sacerdoti della Repubblica. La Ragioneria è senza dubbio il cuore dello stato, ma il cuore è pronto ai cigni? Ancora oggi, all’alba, quando una legge Finanziaria viene approvata, il ministro è solito passare lungo il corridoio della Ragioneria e ringraziare. Si affaccia tutta una palestra di uomini, uomini, ancora uomini, e tutti si prendono gli applausi. Un’altra donna tosta, Marcella Panucci, che è il  capo gabinetto della ministra dell’Università, Bernini, durante un brindisi, dove si diceva, al solito, “ma bravo, Roberto”, “ma bravo, Carlo”, prese la parola e rilanciò: “Io voglio ringraziare Daria”. Perrotta si commosse. Ha un compagno, un costituzionalista, e lei stessa ha insegnato alla Luiss chiamata da Nicola Lupo. Dopo aver coordinato l’ufficio legislativo di Boschi, va a Palazzo Chigi, durante il governo Conte, poi da Giorgetti, e ancora, dopo, da Dario Franceschini, al ministero della Cultura, il vecchio castello di Salvo Nastasi. Un giorno Garofoli passò a trovarla e la incrociò  in una piccola stanza a preparare il concorso per la Corte dei Conti. Pratica nuoto ogni giorno. Durante il governo Draghi si era appassionata all’equitazione, la mattina invece correva con Francesco Giavazzi e Alessandro Aresu lungo l’Appia antica. Desiderava andare al Dagl, almeno è quello che dicono, e se ne dicono sempre tante, ma venne nominato Carlo Deodato, oggi segretario generale di Palazzo Chigi. Da due anni Perrotta è la “forza di Giorgetti”. Oggi fa sorridere sentire: “Ma Perrotta avrà la forza di dire no al ministro che la propone?”. Mazzotta non si oppose a Conte, mentre il più simpatico è stato l’ex ragioniere Monorchio che andò dove lo portò il cuore. Si dimise per una vita di baci e sorrisi. Esistono oggi le “Perrottine”, esiste una giovane generazione di donne che lavora al Mef con Perrotta. La imitano nel modo di vestire, di pensare, la portano come esempio di fierezza: Perrotta che non vuole rinunciare ai suoi abiti lunghi, colorati, Perrotta che tiene testa al ragioniere, Perrotta che è più forte di Giorgetti. Perrotta che ha la debolezza dei capelli. Li porta lunghi e non si accontenta dei parrucchieri di Roma. Va al nord, e non ha mai rivelato in quale città, perché questo sì che è un segreto di stato. Un capo di gabinetto oltre alla solita malizia: “Uffa, Daria”, spiegò quale fosse la vera insidia: “Lavora, ah, se lavora. Anche troppo”. Lascia l’incarico di capo del legislativo che si dice debba passare al suo vice Raphael D’Onofrio o forse a Mario Capolupo, avvocato dello stato, capo del legislativo di Raffaele Fitto. Meloni e Giorgetti stanno per scegliere il loro cigno di stato, la donna che correggerebbe la Finanziaria anche nello spazio. La sua fotografia, l’entelechia, scriverebbe Barthes, l’immagine che racconta la vita intera, la possiede un suo caro amico. Seduta su una panchina di Houston, allo Space Center: il cielo infuocato dietro e un libro di diritto tra le mani.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio