L'emergenza idrica è solo politica. Un'idea

Alfredo Macchiati

Una soluzione potrebbe essere una revisione del complesso quadro normativo del settore dove l’oscillazione tra accentramento e decentramento e la governance del settore trovino finalmente un diverso equilibrio, in grado di rispondere alle necessità del paese

Il senatore Renzi ha offerto sul Foglio una documentata analisi della crisi idrica che affligge il paese e ha messo sotto i riflettori la debolezza dell’impegno finanziario del governo. La responsabilità però non è solo della politica nazionale e non è solo questione di risorse finanziarie disponibili. C’è una responsabilità della politica regionale e locale che da anni ritarda, pospone, rinvia la realizzazione di una governance del settore più concentrata che consenta di superare ritardi e inefficienze.

 

Il settore è ancora frammentato; gli ambiti territoriali ottimali in cui viene organizzato il servizio sono ancora 62, laddove il quadro normativo prevedrebbe che le regioni incentivino la riorganizzazione degli ambiti verso la scala regionale o comunque in modo da consentire economie idonee a massimizzare l'efficienza del servizio. Altrettanto frammentata appare la gestione del servizio: i gestori unici per ambito che dovrebbero essere la regola sono una rarità.

   

Secondo una analisi dell’Istat pubblicata nel 2023, nel 2020 i gestori dei servizi idrici per uso civile erano 2.391: 1.997 gestori in economia, ovvero enti locali, e 394 gestori specializzati di cui, bisogna aggiungere, peraltro solo un centinaio rappresentano una realtà industriale.

  

La “regola” che si dovrebbe desumere dal quadro normativo, ovvero la direzione verso l’unicità della gestione, è ostacolata dalle eccezioni, ovvero la salvaguardia delle gestioni esistenti. In altri termini persiste una oscillazione tra accentramento e decentramento. La conseguenza è che la capacità progettuale dei gestori non può essere adeguata, ovvero i piani di investimento difficilmente possono rispondere a criteri di solidità tecnica ed economica ed essere in linea con gli standard di pianificazione internazionalmente adottati. A questo si somma una frammentazione delle competenze.

   

L’obiettivo della riduzione delle perdite non trova un terreno adeguato al suo pieno raggiungimento. Renzi potrebbe proporre, in sede parlamentare, una revisione del complesso quadro normativo del settore dove l’oscillazione tra accentramento e decentramento e la governance del settore trovino finalmente un diverso equilibrio rispondente alle necessità del paese.

Di più su questi argomenti: