pericolo figuraccia
“Il referendum sull'autonomia rischia l'inammissibilità”. Parla Guzzetta
Raccolte oltre 500 mila firme, ma per il costituzionalista il quesito referendario rischia il "no" della Corte costituzionale: "Prevede l'abrogazione integrale della legge, che però è eterogenea. Stando alla giurisprudenza, l'ammissibilità è problematica"
Oltre 500 mila firme sono state raccolte per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata, scatenando la gioia delle forze politiche (dal Pd al M5s) che si sono impegnate con i banchetti e la raccolta di adesioni online. Un dubbio, però, circola sempre più insistentemente tra i promotori del referendum: e se il quesito fosse dichiarato inammissibile dalla Corte costituzionale? Una prospettiva ritenuta molto concreta dal costituzionalista Giovanni Guzzetta, che al Foglio spiega: “Alla luce della giurisprudenza costituzionale, che ha elaborato numerosi criteri, anche impliciti, di valutazione dell’ammissibilità del quesito, credo sia molto in dubbio che la Corte possa accogliere un quesito formulato come abrogazione integrale della legge”. Il quesito referendario depositato in Cassazione, infatti, è diretto e chiede al cittadino se vuole “che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86”, cioè quella sull’autonomia differenziata. La legge, però, sottolinea Guzzetta “rappresenta un involucro all’interno del quale ci sono disposizioni e discipline con oggetti molto diversi”.
Guzzetta, professore di Diritto costituzionale all’Università Tor Vergata di Roma, elenca le materie regolate dalla legge: “C’è la disciplina del procedimento per il raggiungimento delle intese. C’è la disciplina che riguarda l’identificazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che peraltro è un obbligo giuridico che grava sul legislatore dal 2001 (essendo previsto dall’articolo 117, comma due, lettera m). Poi nell’ambito della disciplina sulle conseguenze delle intese c’è tutta una parte che attiene alla regolazione dei rapporti finanziari, anche dal punto di vista fiscale, che in qualche modo intercetta il limite esplicito dell’articolo 75, comma due (divieto di referendum per leggi tributarie e di bilancio). Infine c’è un’ultima parte della legge che riguarda misure di perequazione e promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, che sono di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione e hanno un’autonomia logico-sistematica rispetto all’articolo 116”. Insomma, riepiloga Guzzetta “ci sono almeno quattro oggetti della legge Calderoli che sono tra loro distinti e disomogenei”.
“Secondo la Corte costituzionale, un principio cardine per l’ammissione del referendum è invece che il quesito sia omogeneo, cioè che il lettore non sia chiamato ad approvare una pluralità eterogenea di misure ma possa pronunciarsi su ciascun aspetto di esse. Questo al fine di garantire la sua libertà di scegliere di votare sì per un certo oggetto e di votare no per un altro. Così invece è costretto a dire sì o no all’intera disciplina”. “In definitiva, stando alla giurisprudenza e ovviamente con tutta la cautela del caso, perché ogni referendum ha una storia a sé, vedo l’ammissibilità abbastanza problematica”, dice Guzzetta.
Formulare diversi quesiti avrebbe migliorato la situazione? “Sul piano dell’omogeneità sicuramente sarebbe stato meglio, ma non è detto che spezzettando il singolo quesito in diversi quesiti non ci sarebbero stati problemi di ammissibilità. Come già detto, bisognerà vedere come la Corte costituzionale valuta la possibilità di abrogare norme considerate in qualche modo ‘necessitate’ dalla Costituzione”, replica il costituzionalista.
“Non c’è da sorprendersi che su una legge così divisiva si sia attivata un’iniziativa referendaria, perché per il modello costituzionale il referendum abrogativo ha proprio una funzione oppositiva per le minoranze nei confronti della maggioranza, quindi, non si può criticare in sé la scelta”, aggiunge Guzzetta. “Non mi sorprende neanche che l’obiettivo della raccolta firme abbia un certo successo, anche grazie alla modalità di raccolta elettronica. Questo però riguarda l’aspetto più politico dell’iniziativa. Dal punto di vista tecnico rimangono tutte le mie perplessità”, conclude il costituzionalista.
Insomma, se, come ha detto la segretaria Pd Elly Schlein, “le 500 mila firme raccolte fino ad ora sono una valanga che travolge il progetto di governo”, la verità è che una valanga rischia di abbattersi alla fine sulla campagna referendaria. Trasformando l’intera iniziativa in una clamorosa figuraccia.