A Genova i No diga sono di due tipi, i giudiziari e gli ambientali
Sulla nuova diga foranea in costruzione a Genova incombono prove giudiziarie e tecniche. Ma c’è chi si aspetta che, superati questi ostacoli, comincino i grattacapi ambientalisti
I No Diga non si sono ancora visti, almeno formalmente, ma sulla nuova diga foranea in costruzione a Genova pende una spada di Damocle. Più spade. Ci sono quelle giudiziarie, quelle tecniche e quelle ambientali. Una è stata eliminata grazie a una sentenza del Consiglio di stato che ha considerato legittima la gara rimasta da mesi appesa a una sentenza contraria del Tar. Il consorzio Breakwater guidato da Webuild insieme a Fincantieri, Fincosit e Sidra, si era aggiudicato l’appalto da 1,3 miliardi di euro l’anno e lo ha fatto in modo corretto secondo i giudici romani che hanno annullato la decisione presa dai magistrati genovesi, a favore del ricorso presentato dal concorrente, il consorzio Eteria formato nel 2021 dai gruppi Caltagirone e Gavio, al quale si sono unite la spagnola Acciona e la salernitana Rcm della famiglia Rainone. Ma non è ancora finita, perché si deve pronunciare l’Anac.
È vero, le pendenze giudiziarie non hanno fermato i lavori cominciati a maggio 2023, perché una delle più rilevanti opere infrastrutturali italiane fa parte del Pnrr che gode di uno scudo giuridico in base al quale non si può togliere l’appalto una volta aggiudicato, tuttavia se l’impresa è stata esclusa ingiustamente, andrebbe indennizzata. Eteria sosteneva che Breakwater avrebbe inserito nel suo curriculum un’infrastruttura che non ha costruito direttamente, ma facendo ricorso a un’altra azienda non collegabile a Webuild. Si tratta di un terminal del porto di Singapore. Secondo il Consiglio di stato, invece, Webuild avrebbe dato una informazione corretta. La vicenda però è ancor più ingarbugliata. L’Autorità portuale di Genova aveva escluso dalla gara il consorzio guidato da Eteria perché Acciona era stata sottoposta a sanzione dall’autorità spagnola anti-corruzione. Il Tar aveva approvato la decisione, il Consiglio di stato invece sostiene che Eteria avrebbe dovuto comunque partecipare perché la sentenza spagnola non era ancora esecutiva. Cavilli giuridici? Certo è che l’opposizione strisciante alle grandi opere e anche alla diga foranea si nasconde nei meandri delle norme e delle obiezioni tecniche. Anche il sindaco di Genova Marco Bucci nell’esprimere soddisfazione per la sentenza del Consiglio di Stato, non ha nascosto la sua preoccupazione. La diga scende a 50 metri, è la più profonda d’Europa, e poggia su un fondale fangoso, non facile da consolidare. Nessuno sottovaluta la portata della sfida, nemmeno i costruttori.
La nuova struttura marina è ancora alla fase A, sarà realizzata circa mezzo chilometro al largo di quella attuale, con lo scopo di proteggere il porto dal moto ondoso e di accrescere il transito in sicurezza delle grandi navi commerciali e turistiche come i giganti delle crociere. Basti pensare che le navi portacontainer sono lunghe oltre 400 metri e larghe 60 metri. C’è bisogno di uno spazio di manovra di circa 800 metri, oggi si arriva a poco più di 500. Ma se Genova vuole rilanciare il suo porto che vanta una posizione geografica centrale nelle rotte con l’Asia e le Americhe, ha bisogno di competere con altri scali europei come Rotterdam che oggi è il terminale di tutti i collegamenti oceanici. O come Cherbourg sulla punta della Normandia dove le dighe foranee misurano ben sei chilometri. Quella di Genova dovrebbe essere poco più corta. Una volta sistemato il fondale inserendo colonne di ghiaia, viene costruita la base con sette tonnellate di materiale roccioso, più di quello usato per la piramide di Cheope. Poi vengono calati grandi cassoni prefabbricati alti 33 metri, larghi 30 e lunghi 67 metri (più o meno come un palazzo di dieci piani), una sorta di muro semisommerso per bloccare le onde. Gli scatoloni vuoti vengono riempiti d’acqua in modo da farli scendere verso il fondo. Ci sarà un impatto sull’ambiente marino. Il consorzio Breakwater ha presentato un progetto per ridurre le conseguenze sulla fauna, sulla flora e sul controllo del naturale moto delle maree. Ma c’è chi si aspetta che, superati gli ostacoli giudiziari, comincino i grattacapi ambientalisti.