Emiliano impugna la legge Calderoli, dopo aver sognato la Puglia super autonomista
Il governatore ha preso l’iniziativa e senza consultare l’assemblea legislativa ha deciso di impugnare la legge sull'autonomia davanti alla Consulta. Un tentativo di far dimenticare la debacle dell’ultimo consiglio regionale, nel quale non ha avuto i numeri per approvare la richiesta di referendum
A sinistra c’è una vera corsa a intestarsi la primazia nell’ostilità verso il progetto autonomista del ministro Roberto Calderoli e del governo, forse per far dimenticare l’iniziale innamoramento per il neoregionalismo leghista di Stefano Bonaccini, Eugenio Giani e Michele Emiliano: lo sceicco pugliese ha preso l’iniziativa e senza consultare l’assemblea legislativa ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale l’intero impianto legislativo approvato dalle Camere. Con questo blitz ha provato a far dimenticare la debacle registrata nell’ultimo consiglio regionale, nel quale - unico caso tra le cinque regioni a maggioranza di centrosinistra - non ha avuto i numeri per approvare la richiesta di referendum, in una seduta tragicomica convocata per emendare alla prima delibera (della settimana precedente) nella quale si erano dimenticati di indicare i presentatori del ricorso (assenza che inficiava la proposta).
Il provvedimento, deliberato dalla giunta pugliese, affida al costituzionalistae avvocato Massimo Luciani l’incarico di difendere le ragioni dell’impugnativa davanti alla corte costituzionale. “La Costituzione (art.116 comma 3) prevede - è spiegato nel documento dell’esecutivo emilianista - la possibilità che siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario, e non certo la possibilità, invece prevista dalla legge Calderoli, del trasferimento di tutte le funzioni concernenti tutte le ventitré materie contemplate dall'art. 117 Cost., così perpetrando una palese violazione dei princìpi fondamentali di unità e indivisibilità della Repubblica”. Per Emiliano la legge dunque configura “violazione” di diritti costituzionali che “si riverbera inesorabilmente sull'ordinamento regionale e sui princìpi supremi di eguaglianza tra i cittadini nell'esercizio dei diritti e nell'assolvimento dei doveri fondamentali”, e postula una possibile “erosione delle risorse” statali per finanziare il fondo perequativo. Per Emiliano “questa iniziativa nasce con lo spirito di tutelare i cittadini italiani e l'unità stessa del nostro Paese nel rispetto dei principi sanciti dai nostri padri costituenti”.
Emiliano ha poi spiegato su social l’iniziativa politica per “consentire alla Consulta di eliminare tutti gli aspetti incostituzionali. Ove non fosse di questa idea, potrebbe correggere la legge, eliminando le sperequazioni tra le varie regioni. Questo percorso non si sovrappone al referendum. Il ricorso vuole evidenziare l’incostituzionalità della norma, mentre i referendum consentiranno di far decidere al popolo italiano, se vuole avere venti ordinamenti giuridici diversi o se vuole mantenere l’indivisibilità dello stato. La Puglia e’ capofila in entrambe queste battaglie”.
L'opposizione meloniana alla Regione definisce lo sprint dello sceicco "un ennesimo colpo di teatro". E le cronache evidenziano come in passato l'opinione sulla riforma fosse completamente diversa. Emiliano sceicco anti-Calderoli nel 2018 era stato uno dei pasdaran progressisti della devoluzione di più poteri alle regioni, nel solco di una nuova Puglia autonomista, annunciando addirittura che avrebbe “richiesto tutte le 23 competenze”, auspicando un trasferimento di competenze con personale e risorse al seguito. Adesso, cambiato il vento, farà l’ultrà contro la riforma davanti al Palazzo della Consulta.