Hotel Meloni 

Federalberghi: "Nuova tassa di soggiorno? Una mazzata. I turisti fuggiranno in Croazia"

Francesco Gottardi

Il direttore Claudio Scarpa avverte: "Penalizza le strutture ricettive fragili, non i turisti stranieri". Il governo smentisce e assicura che si tratta soltanto di ipotesi, ma il settore è in allarme. A rischio l'appetibilità di molte destinazioni italiane. "Se si vogliono recuperare risorse basterebbe l’obbligo di partita Iva a chi affitta appartamenti"

Venezia. Sarà anche un abbaglio di mezza estate. “Ma se con la nuova imposta di soggiorno il governo pensa di colpire i turisti stranieri si sbaglia di grosso”, dice al Foglio Claudio Scarpa, direttore di Federalberghi Venezia. “A farne le spese sarebbe invece il nostro settore economico. E in particolare le strutture ricettive più fragili”. È bastata la modifica di una bozza di decreto per mandare in preallarme i rappresentanti di categoria: il ministero del Turismo smorza i toni, assicura che si tratta soltanto di ipotesi e che il confronto riprenderà a settembre. Palazzo Chigi corre ai ripari: “Smentiamo. Non esiste ipotesi di tassa”. Eppure sul tavolo aleggiano già alcune cifre. Dagli attuali 5 fino a 25 euro di tassa per gli hotel extralusso. Con analoga rimodulazione degli importi intermedi, tutti in rialzo. “Il problema non si pone tanto a Venezia, Roma o Firenze, dove i flussi persisteranno a prescindere. Ma penso all’Abruzzo, penso alla Puglia. A tutti quei territori non toccati dall’overtourism: in caso di ulteriori spese, i visitatori sceglieranno la Croazia”. 

    
Secondo il numero uno degli albergatori veneziani, per le città d’arte la situazione cambierà poco. “Si passerebbe a un altro sistema di tassazione, non più a persona ma a stanza. Per queste destinazioni però è già in vigore una normativa nazionale che consente ai sindaci di portare la tassa di soggiorno fino a 12 euro a individuo: col nuovo quadro si aggirerebbe sui 12,5”. Differenza esigua. “Ma per gli altri comuni italiani sarebbe un disastro: è su questo che Federalberghi interviene con forza”. La proposta circolata?  Estendere l’imposta di soggiorno a tutto il paese (finora è applicabile soltanto da capoluoghi e centri turistici). Con i canonici 5 euro al giorno destinati a raddoppiare a 10 per i pernottamenti superiori a 100 euro, “ossia ormai praticamente tutti. Di fatto significa gravare gli alberghi di una seconda Iva: un onere pesantissimo, una mazzata per chi non può vivere di turismo 365 giorni l’anno”. Il risultato, insiste Scarpa, “è disincentivare l’appetibilità di molte strutture turistiche. Al ministero l’avevamo fatto presente, questo modo di fare non è corretto. E non risolve il problema”.


Anzi. Prepararsi all’ennesima ondata di Airbnb e dintorni, come funghi nell’ecosistema urbano. Proprio ieri Firenze ha rivelato i dati sugli introiti turistici riscossi da Palazzo Vecchio nel 2023: il 18 per cento arriva dagli affitti brevi, il resto dagli hotel; i primi però detengono quasi il quadruplo dei posti letto rispetto ai secondi (176 mila a 46 mila, fonte Irpet e Camera di Commercio). 


Proporzioni rovesciate. “Capisco le esigenze del governo, tra la situazione economica e gli sprechi della stagione gialloverde”, continua il dirigente veneziano. “Tuttavia, se si vogliono recuperare risorse basterebbe una semplice contromisura: l’obbligo di partita Iva a chi vuole affittare due o più appartamenti. Perché finora i grandi proprietari beneficiano dello sconto fiscale con cedolare secca”. Per non parlare degli evasori. “Gli alberghi, soprattutto quelli di catena o di grandi dimensioni, sono imprese a tutti gli effetti: sfido chiunque a riscontrare irregolarità tributarie. Anche questo è un tema. Continuare ad aumentare le tasse perché c’è qualcun altro che non le paga è un errore: Palazzo Chigi dovrebbe saper distinguere tra categorie più e meno attente. Invece si percepisce una grossa difficoltà di gestione”.


Si dice che a rimpolpare l’euforia ‘spremi-turista’ possa essere stata proprio Venezia, che nei primi tre mesi del controverso contributo d’accesso ha riscosso oltre 2,2 milioni di euro. “Ma questa è tutt’altra partita”, puntualizza Scarpa. “È giusto che anche i visitatori mordi e fuggi lascino qualcosa alla città. E si tratta di una sperimentazione: l’abbiamo testata, ora va aggiustata di conseguenza”. Ovvero? “È evidente che il ticket a 5 euro non basta a contenere l’overtourism: l’anno prossimo potrebbe essere alzato a 10, fino a trovare la soglia ottimale. Inoltre andrebbe esteso anche ai veneti – la maggior parte dei giornalieri, ndr. È assurdo che un bresciano debba pagare e un veronese no”, con buona pace di Zaia. 

   
“Ricordiamo che il meccanismo si applica soltanto nei 29 giorni più caldi e affollati dell’anno. Un provvedimento di buonsenso, da approfondire collegialmente tra politica e categorie coinvolte”. L’esatto opposto dell’operazione imposta di soggiorno. “Ne va del nostro impianto turistico. Non dei turisti”.

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