l'alternativa difficile
Campo largo, un corno. Leggi e provvedimenti che dividono Schlein & alleati
La segretaria del Pd insiste, ma dall'Ucraina alla giustizia e all'energia, dai decreti agli ordini del giorno, le forze di opposizione votano spesso in ordine sparso, e si dividono. E Renzi non piace né al M5s nè ad Alleanza Verdi-sinistra
Uniti? Un corno. La segretaria del Pd Elly Schlein – sempre paziente e “testardamente unitaria”– non perde occasione per ribadirlo: solo insieme si vince. I fotografi danno una mano. Matteo Renzi sforna assist e ancora ieri, raccogliendo le firme contro l’Autonomia, spiegava che quella del campo largo è l’unica strada. Ma al di là di annunci e parole, di qualche slancio forse troppo ottimista, la sensazione è che per ora l’unico collante di questa presunta coalizione (da cui Calenda si tiene alla larga) sia giusto il no al governo Meloni. Più o meno sincero che sia. Troppe, e forse inconciliabili, le distanze sulle questioni davvero salienti (e non solo quelle).
La spaccatura più grande resta quella sull’Ucraina. Su questo fronte il Pd, ma anche Italia viva e +Europa, votano con la maggioranza. Il sostegno a Zelensky non si discute. Non è quello che pensano Avs e M5s. E non a caso hanno votato no, uniche forze in Parlamento, al decreto che prorogava gli aiuti a Kyiv. Una posizione ribadita più di recente al Parlamento Ue. Passiamo all’Italia: cambiano le geometrie ma restano le divisioni. Mercoledì, per dire, si discuteva il decreto Carceri. Un ordine del giorno di Enrico Costa – poi riformulato dal governo – chiedeva di rivedere la custodia cautelare: è stato votato oltre che dalla maggioranza pure da +Europa e Iv, mentre Pd e M5s sono andati all’attacco: “E’ il salva Toti”. Nella stessa giornata, lo abbiamo raccontato, Elisabetta Piccolotti si smarcava in commissione Cultura. E mentre le opposizioni si univano alla destra per finanziare il centenario della città di Latina, la deputata di Avs si asteneva su una norma “dal retrogusto nostalgico”. Ci sono poi i provvedimenti targati Nordio. In tema di giustizia i renziani hanno spesso sostenuto le misure del governo Meloni, in nome di un garantismo che, secondo Iv, non appartiene a Pd, M5s e sinistra. Mentre da parte grillina, dove Conte imputa a Renzi un problema di credibilità (e di voti), ricordano che i renziani hanno detto sì alla commissione Covid, quella che la maggioranza vuole usare per processare il fu governo giallorosso.
A fare da collante per i progressisti resta insomma solo il referendum sull’Autonomia. Perché l’altro lanciato dalla Cgil, quello sul Jobs act, già rimette in chiaro ogni divergenza. M5s e Avs vogliono abrogare quanto prima la legge renziana, Schlein sostiene la consultazione, ma non tutti nel Pd la pensano così. Questioni di sostanza politica a cui si sommano antipatie personali. Conte non ha mai digerito la mossa del cavallo con cui Renzi portò Draghi a Palazzo Chigi. Avs non si fida dei continui cambi di direzione del leader di Iv: “Non è un mistero, siamo scettici”, conferma Fratoianni al Foglio. Uno scetticismo che spiega bene un deputato dem, ex articolo Uno, che preferisce non rovinarsi le vacanze: “L’unica cosa su cui l’opposizione si è unita, e non era un no a qualcosa, è stato il salario minimo. Renzi ha detto no. La sola novità di oggi è che fa un’intervista al giorno”. Così, alla fine, viene il dubbio che il centrosinistra, con Renzi, non sia più forte. Ma rischi solo di ricominciare a litigare. Più di prima.