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l'alternativa difficile

Campo largo, un corno. Leggi e provvedimenti che dividono Schlein & alleati

Ruggiero Montenegro

La segretaria del Pd insiste, ma dall'Ucraina alla giustizia e all'energia, dai decreti agli ordini del giorno, le forze di opposizione votano spesso in ordine sparso, e si dividono. E Renzi non piace né al M5s nè ad Alleanza Verdi-sinistra

Uniti? Un corno. La segretaria del Pd Elly Schlein – sempre paziente e “testardamente unitaria”–  non perde occasione per ribadirlo: solo insieme si vince. I fotografi danno una mano. Matteo Renzi sforna assist e ancora ieri, raccogliendo le firme  contro l’Autonomia, spiegava  che quella del campo largo è l’unica strada. Ma al di là di annunci  e parole, di qualche slancio forse  troppo ottimista, la sensazione è che per ora l’unico collante di questa presunta coalizione (da cui Calenda si tiene alla larga) sia giusto il no al governo Meloni.  Più o meno sincero che sia.  Troppe, e forse inconciliabili,  le distanze sulle questioni davvero salienti (e non solo quelle). 

La spaccatura più grande resta quella sull’Ucraina. Su questo fronte il Pd, ma anche  Italia viva e  +Europa, votano con la maggioranza. Il sostegno a Zelensky non si discute. Non è quello che pensano Avs e M5s. E non a caso hanno votato no, uniche  forze in Parlamento, al decreto che prorogava gli aiuti a Kyiv. Una posizione ribadita più di recente al Parlamento Ue. Passiamo all’Italia: cambiano le geometrie ma  restano le divisioni. Mercoledì, per dire, si discuteva il decreto Carceri. Un ordine del giorno di Enrico Costa – poi riformulato dal governo – chiedeva di rivedere la custodia cautelare: è stato votato oltre che dalla maggioranza pure da  +Europa e Iv, mentre Pd e M5s sono andati all’attacco: “E’ il salva Toti”. Nella stessa giornata, lo abbiamo raccontato, Elisabetta Piccolotti si smarcava in commissione Cultura. E mentre le opposizioni si univano alla destra per finanziare il centenario della città di Latina, la deputata di Avs si asteneva su una norma “dal retrogusto nostalgico”. Ci sono poi i provvedimenti targati Nordio. In tema di giustizia i renziani hanno spesso sostenuto le misure del governo Meloni, in nome di un garantismo che, secondo Iv, non appartiene a Pd, M5s e sinistra. Mentre da parte grillina, dove Conte imputa a Renzi un problema di credibilità (e di voti), ricordano  che i renziani hanno detto sì alla commissione Covid, quella che la maggioranza vuole usare per processare il fu governo giallorosso. 

A fare da collante per i progressisti resta insomma solo il referendum sull’Autonomia. Perché l’altro lanciato dalla Cgil, quello sul Jobs act, già rimette in chiaro ogni divergenza. M5s e Avs vogliono abrogare quanto prima la legge renziana, Schlein sostiene la consultazione, ma non tutti nel Pd la pensano così. Questioni di sostanza politica a cui si sommano antipatie personali. Conte non ha mai digerito la mossa del cavallo con cui Renzi portò  Draghi a Palazzo Chigi.  Avs non si fida dei continui cambi di direzione del leader di Iv: “Non è un mistero, siamo scettici”, conferma Fratoianni al Foglio. Uno scetticismo che spiega bene un deputato dem, ex articolo Uno, che preferisce non rovinarsi le vacanze: “L’unica cosa su cui l’opposizione si è unita, e  non era un no a qualcosa, è stato il salario minimo. Renzi ha detto no. La sola novità di oggi è che fa un’intervista al giorno”. Così, alla fine, viene il dubbio che il centrosinistra, con Renzi, non sia più forte. Ma rischi solo di ricominciare a litigare. Più di prima.
 

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