Elly Schlein con Vito Leccese a Bari per la campagna elettorale di giugno - foto Ansa

In Puglia

A Bari il campo largo sta implodendo: il neosindaco Leccese ancora senza giunta

Gabriele De Campis

Nel capoluogo pugliese la coalizione che ha stravinto le elezioni si è impantanata poche ore dopo la proclamazione degli eletti in Consiglio. A lacerare le anime sono stati i provvedimenti assunti con piglio decisionista da Leccese, senza consultare nulla con l’ala più identitaria della sua coalizione

Bari. “Mamma mi si è ristretto il campo largo”: parafrasando il celebre film anni novanta, a Bari la coalizione progressista che ha stravinto le comunali con oltre il 70 per cento adesso è impantanata in una guerra intestina senza quartiere che vede la sinistra guidata da Michele Laforgia (candidato sindaco autonomo al primo turno) smarcarsi dal sindaco Vito Leccese, sostenuto da Pd e civici vicini a Michele Emiliano e Antonio Decaro. La dialettica è segnata da accuse di impegni non rispettati e mancata condivisione di metodo e scelte. La ricomposizione dell’area del centrosinistra, a cui avevano lavorato Elly Schlein, Nichi Vendola e Angelo Bonelli, registra fibrillazioni così forti che hanno portato Laforgia a mettere in mora il neo primo cittadino, rompendo un quadro di sintesi che aveva fatto parlare nelle scorse settimane di “modello Bari” per la capacità di includere forze che vanno da Rifondazione comunista al Terzo polo.
 


Mentre a Lecce la sindaca destrorsa Adriana Poli Bortone ha già una squadra di governo operativa fin da luglio, nel capoluogo regionale il riconteggio delle schede è terminato solo poche ore fa e la proclamazione degli eletti nel Consiglio comunale si pensava potesse favorire una accelerazione con la nomina dei dieci assessori. Il processo però si è inceppato, a sorpresa. A lacerare le anime inquiete del campo progressista sono stati i provvedimenti assunti con piglio decisionista da Leccese, senza consultare o concertare nulla con l’ala più identitaria della sua coalizione. Poi, come sempre, il diavolo è nei dettagli. Mentre a Palazzo di città si svolgeva l’incontro Leccese-Laforgia per le consultazioni pre-giunta, gli uffici predisponevano un’ordinanza di stampo legalitario per restituire agibilità ai cittadini delle piazze del centro cittadino, in risposta a una serie di fatti di cronaca contro ogni decoro urbano. I movimentisti della “Convenzione democratica” di Laforgia hanno interpretato la mossa come un’inaccettabile concessione alla retorica securitaria e per questo contestato e chiesto il ritiro dell’ordinanza “salviniana”. A questo hanno aggiunto altro veleno per l’approvazione da parte del Consiglio comunale uscente di una delibera che aumenta lo stipendio al direttore generale. Laforgia alla fine ha quasi scomunicato Leccese: “In questi giorni – ha scritto in una nota – ho preso atto della decisione del sindaco di non dare corso agli accordi intervenuti prima del voto di ballottaggio”.
 

Nella nota contro Leccese, Laforgia ha proseguito: “Non è mai ripreso, infatti, il lavoro sul programma comune e non vi è stata alcuna condivisione sui primi atti di governo, in ordine ai quali ho espresso pubblicamente le mie e le nostre perplessità, di metodo e di merito”. Fino al bilancio finale che sembra un requiem per il campo extra large barese: “L’auspicata unità, faticosamente raggiunta al secondo turno, è stata osteggiata da molti e, alla fine, messa da parte”. Di fatto la “gloriosa macchina da guerra” si è inceppata e la sinistra più ideologica ha scelto l’Aventino.
 

Leccese, intanto, da politico di lungo corso, ha scelto di rispondere con una pratica di perfetto moroteismo: prima ha incontrato a Roma Francesco Boccia per il Pd e Nicola Fratoianni per Sinistra italiana al fine di aggiornare sulle difficoltà in corso, poi ha aperto un canale di comunicazione diretta con i pentastellati, che potrebbero entrare in giunta, senza nessun placet di Laforgia (pur sostenuto da Giuseppe Conte al primo turno come alternativa al malaffare che emergeva dalle inchieste antimafia sull’intreccio politica-affari). I più maliziosi hanno anche ipotizzato un ingresso come assessore del nipote di Laforgia, il medico Victor, come segnale di ricomposizione, ma al momento tutte le soluzioni sono ancora in ballo. Il sindaco, infine, ha preso tempo per immaginare un nuovo schema inclusivo e per una mediazione in extremis con Laforgia, in nome di una ricomposizione che non dispiacerebbe soprattutto al dominus dem e (probabile) futuro governatore: Antonio  Decaro. Questa sera l’incontro tra i due litiganti con una fumata grigia: prove di dialogo.

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