Il caso
La legge ad personam voluta da Leo e Giorgetti sembra cucita per il super dirigente del Mef Italo Volpe
Una manina ha inserito in un decreto la possibilità per chi è vicecapo di gabinetto di un viceministro con delega di continuare a lavorare dopo la quiescenza. In ballo: la riforma del gioco d'azzardo
Mancano solo il nome e il cognome, forse per pudore giuridico. Anche se gratta gratta la legge ad personam uscita dal ministero dell’Economia lascia poco spazio ai fraintendimenti. Riguarda Italo Volpe, consigliere di stato fuori ruolo da più di dieci anni, vicecapo di gabinetto del Mef, storico dirigente di via XX Settembre nonché diretto collaboratore di Maurizio Leo, numero due di Giancarlo Giorgetti, e soprattutto uomo di Giorgia Meloni al ministero con pesantissima delega al Fisco. Insomma, se da una parte si spalancano le porte a Daria Perrotta per la Ragioneria, dall’altra si fa sì che l’eternità di foresta dei gran commis si perpetui senza colpo ferire. Dovrebbe andare in pensione – in quiescenza – e invece rimarrà al suo posto.
Volpe il 26 novembre compirà settant’anni. E’ un nome che conta nei corridoi dell’economia italiana. Lo sa Giorgetti, lo sa ancora meglio Leo, e lo sa benissimo Stefano Varone, capo di gabinetto del ministero. Romano, studi al liceo Massimo (quello dei Gesuiti frequentato da Mario Draghi ed Elisabetta Belloni), magistrato del Tar fuori ruolo da più di dieci anni, ma mai in aspettativa in virtù di una norma ad hoc del 2014 chiamata all’epoca “comma Volpe”. Vicino alla scuola di Vincenzo Fortunato è stato e ha fatto molte cose come il capo del legislativo, il direttore centrale degli affari legali e soprattutto per l’Agenzia dei monopoli si è occupato del gioco d’azzardo. Settore che teoricamente va rivisto in toto dal governo Meloni considerata la scadenza delle concessioni. Bene, cosa è successo nelle settimane scorse senza troppo clamore? E’ riuscito a farsi prorogare l’incarico di vicecapo di gabinetto nonostante i raggiunti limiti di età che tra poco toccherà. L’articolo 5, comma 9 del Dl n. 95/2012 vietava “il conferimento di incarichi di consulenza o incarichi direttivi in favore di dipendenti pubblici collocati in quiescenza”. Il divieto riguardava solo gli incarichi retribuiti mentre era consentito affidare incarichi a titolo gratuito e di durata massima per un anno, non prorogabile. Con il governo Meloni si cambia. L’articolo 11 del Dl n. 105/2023, al comma 3, prevede una deroga ad hoc al divieto di cui sopra. Infatti, il citato articolo 11 consente ai dipendenti pubblici in quiescenza l’affidamento di incarichi di vertice negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche (esempio: i capi staff dei ministri, come i capi di gabinetto o i capi degli uffici legislativi). Un anno dopo – ed è storia di queste settimane – ecco la norma, entrata in vigore lo scorso 14 luglio, che sembra cucita su misura per Volpe. Nel decreto numero 63 del 2024, quello del ministro Francesco Lollobrigida sull’agricoltura, una manina ha inserito un’ulteriore (e particolarissima) deroga al divieto di conferimento di incarichi. Ai dipendenti pubblici in quiescenza, infatti, è stata data la possibilità di assumere l’incarico di vicario di un vertice della diretta collaborazione (ad esempio, vicecapo di gabinetto) a condizione che “l’autorità politica presso cui si viene assegnati sia un viceministro”. Vedi Leo. E il viceministro “sia dotato di una delega di competenza per uno specifico intero comparto di materia”. Vedi il fisco. Et voilà. Mancano solo il nome e il cognome di Italo Volpe.