Il caso

Il telefono di Meloni: Ucraina, medio oriente e Ue. Le vacanze blindate della premier inseguita dalla cronaca

Simone Canettieri

In Puglia la presidente del Consiglio rifiuta contatti con l'esterno perché vuole ricaricarsi, ma lo scenario internazionale la pressa. I colloqui con Biden e Netanyahu. L'ultima trattativa con von der Leyen

Un trullo come bunker. E un telefono come protesi. Le vacanze pugliesi di Giorgia Meloni sono iniziate all’insegna del “non voglio vedere nessuno”. Ai cronisti temerari accampati fuori dal cancello della masseria manda a dire: non è per cattiveria ma se rilascio dichiarazioni qui parte la fiera dei giornalisti. Presidente, un’intervista? Thanks but no thanks. Non parla la premier e nemmeno la di lei sorella Arianna, numero due di Fratelli d’Italia. E’ muto anche il ministro e capo delegazione Francesco Lollobrigida. Rispetta il silenzio stampa  perfino Andrea Giambruno, l’ex compagno presidenziale  si concede qualche passeggiata con  “Lollo” e diverse incursioni in palestra quando non sta di giorno con la figlia Ginevra (la sera alloggia in un’altra struttura, raccontano a Ceglie).  Matteo Salvini è a Leuca,  nella punta della Puglia, ma per il momento non ballano visite o partite a burraco con Francesca Verdini. La premier vuole staccare anche se la cronaca la insegue con una certa costanza. L’altra sera la telefonata con Joe Biden sulla crisi in Iran, ieri mattina  un’altra conversazione con il  primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu. E poi c’è il fronte ucraino.  


Lontana da tutto e tutti, pronta a respingere visite e autoinviti, Meloni prova a staccare, anche se i venti di guerra non sembrano darle tregua. Dentro Fratelli d’Italia iniziano a nascere le prime perplessità sulla strategia offensiva di Zelensky. Voci non in linea con Palazzo Chigi. La situazione in medio oriente è esplosiva. E anche per questo ieri ha ribadito al primo ministro di Tel Aviv “il forte auspicio che si possa trovare un accordo per un cessate il fuoco sostenibile  a Gaza e il rilascio degli ostaggi, in linea con la risoluzione 2735 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Tutti la cercano per la cronaca vera e quella di dettaglio. E tutto come sempre passa dalla sua chat di WhatsApp, compresa la cacciata – fatto inedito nella storia parlamentare di FdI – del deputato Andrea De Bertoldi, accusato dal partito di via della Scrofa di strane consulenze. Sì, no, procediamo. Poche parole. E l’ordine viene eseguito. Intanto il telefono di Meloni squilla perché i fronti sono tanti: c’è la vicenda del commissario europeo che spetterà all’Italia. Anche la Polonia ieri ha indicato ufficialmente il nome del candidato, Piotr Serafin. All’appello manca praticamente solo Roma perché prima di dare a Ursula von der Leyen il nome di Raffaele Fitto la premier vuole essere sicura che le deleghe siano di peso: Pnrr e bilancio interno non le bastano. Parla di tutto e in diverse lingue.

 

Ma di Rai per ora no. L’argomento è tabù ed è meglio farsi una passeggiata in bicicletta tra cielo e mare. Nonostante questo la politica resta un pallino della real casa. E così ogni tanto, quando l’idea di settembre la passa a trovare, la presidente del Consiglio mette in fila le cose da fare e da far fare. Se è vero che in questi giorni è chiusa in masseria per rigenerarsi, per l’inizio dell’attività parlamentare ha deciso che il passaggio alla Camera del premierato potrà aspettare per far passare il primo via libera alla riforma della giustizia. Un modo per evitare che le opposizioni si compattino ancora di più agitando lo spettro del referendum come arma nucleare (non a caso la consultazione potrà cadere proprio a fine legislatura). E poi sempre da settembre Meloni ha in mente di tornare nelle periferie degradate. Nelle tante Caivano d’Italia: operazione quella del Parco verde che la rende orgogliosa. Ma c’è tempo: adesso le sta squillando il telefono.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.