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L'editoriale del direttore

Per capire l'odio degli ayatollah basta leggere, frase per frase 

Claudio Cerasa

La volontà dell’Iran di colpire Israele non c’entra con l’eliminazione di Haniyeh. Il folle odio ideologico antiebraico era già scritto nero su bianco da Khomeini. Una “ritorsione” lunga 45 anni

"O Dio, accorcia le braccia degli oppressori che sono tese contro le terre dei musulmani e sradica tutti i traditori dell’islam e dei paesi islamici. Risveglia i capi degli stati musulmani dal loro sonno profondo affinché possano impegnarsi per gli interessi del loro popolo e rinunciare alla divisione e alla ricerca del guadagno personale. Concedi che la generazione più giovane che studia nei college religiosi e nelle università possa lottare per raggiungere gli obiettivi sacri dell’islam e impegnarsi insieme, con le file unite, prima, per liberare i paesi islamici dalle grinfie dell’imperialismo e dei suoi vili agenti, e poi per difenderli”. Per provare a capire senza paraocchi cosa sta succedendo in queste ore tra l’Iran e Israele non è sufficiente concentrarsi sul singolo fotogramma, ovvero sulle conseguenze dell’uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran, ma è necessario allargare l’inquadratura, uscire dall’ipocrisia e ragionare sull’unico vero tema che può aiutarci a comprendere qual è la vera molla che spinge l’Iran, insieme ai suoi proxy, a minacciare ogni giorno, da quarantacinque anni, lo stato di Israele: l’ideologia.

Quarantacinque anni non è una data generica, naturalmente, ma è una data precisa, che coincide con la trasformazione dell’Iran in uno stato guidato dal regime fondamentalista degli ayatollah. È da quel giorno che Israele è diventato l’obiettivo numero uno dei fondamentalisti sciiti ed è da quel giorno che tutto ciò che gli ayatollah hanno individuato come il simbolo del demonio è stato associato allo stato di Israele. La guerra tra Hamas e Israele c’entra, naturalmente, con le tensioni di questi giorni, ma l’escalation contro Israele, da parte dell’Iran, non nasce oggi. Parte da lontano, parte dalla rivoluzione iraniana, parte dal giorno in cui l’ayatollah Khomeini, nel 1970, ha scritto nero su bianco, in un volume chiamato “Velayat-e faqih, Islamic Governance”, perché lo stato iraniano avrebbe dovuto essere sottomesso al dominio del clero. L’ayatollah sosteneva che Dio aveva creato l’islam perché questo dominio fosse attuato, come dimostrato dalla creazione della legge divina. Sosteneva che nessuno conosceva l’islam meglio del clero, per cui era naturale che gli ayatollah governassero come guardiani dello stato. Sosteneva che il mandato del leader supremo di governare la popolazione deriva da Dio e che alla luce di questo mandato divino le elezioni e la partecipazione popolare avessero poca rilevanza, poiché i risultati elettorali dipendono dall’approvazione del leader supremo. Sosteneva che il ruolo degli ayatollah iraniani dovesse essere simile a quello di leader supremi non solo dell’Iran ma anche dell’intera ummah, della comunità musulmana globale. 


E sulla base di questa dottrina, l’Iran è diventato un punto di riferimento della stessa ummah che, dal 1979, ha ricominciato a considerare il popolo ebraico, e Israele, come un nemico da abbattere. L’escalation contro Israele parte da qui, non dalla reazione di Israele al 7 ottobre, e per provare a capire perché, può essere utile leggersi le novantacinque pagine scritte da Khomeini, l’ayatollah che ispira anche l’ideologia dell’Iran di oggi. Novantacinque pagine di ideologia politica, culturale, religiosa, al centro della quale vi è un concentrato puro di antisemitismo. Ci sono frasi come quelle con cui abbiamo iniziato l’articolo. Ci sono frasi come queste: “Fin dall’inizio, il movimento storico dell’islam ha dovuto fare i conti con gli ebrei, perché sono stati loro i primi a stabilire la propaganda anti-islamica e a impegnarsi in vari stratagemmi, e come si può vedere, questa attività continua fino a oggi”.  “In seguito si sono uniti a loro altri gruppi, che erano per certi aspetti più satanici di loro”. Ci sono frasi come queste: “Questi nuovi gruppi hanno iniziato la loro penetrazione imperialista nei paesi musulmani circa trecento anni fa e hanno ritenuto necessario lavorare per l’estirpazione dell’islam al fine di raggiungere i loro obiettivi finali”. Ci sono frasi come queste: “Se i musulmani avessero agito in conformità a questo comando e, dopo aver formato un governo, avessero fatto i necessari preparativi estesi per essere in uno stato di piena prontezza per la guerra, una manciata di ebrei non avrebbe mai osato occupare le nostre terre e bruciare e distruggere la Masjid al-Aqs senza che il popolo fosse in grado di dare una risposta immediata”. Ci sono frasi come queste: “Se i governanti dei paesi musulmani rappresentassero veramente i credenti e promulgassero le ordinanze di Dio, metterebbero da parte le loro piccole differenze, abbandonerebbero le loro attività sovversive e divisive e si unirebbero come le dita di una mano.

Quindi una manciata di miserabili ebrei (gli agenti dell’America, della Gran Bretagna e di altre potenze straniere) non sarebbero mai stati in grado di realizzare ciò che hanno fatto, non importa quanto sostegno abbiano”. Ci sono frasi come queste: “È perché siamo stati privi di unità, forza e preparazione che soffriamo l’oppressione e siamo alla mercé di aggressori stranieri”. Frasi come queste: “Gli imperialisti hanno propagato leggi straniere e cultura aliena tra i musulmani attraverso i loro agenti per il bene dei loro scopi malvagi, facendo sì che le persone si infatuassero dell’occidente”. Frasi come queste: “È nostro dovere preservare l’islam. Questo dovere è uno degli obblighi più importanti che ci incombono; è più necessario persino della preghiera e del digiuno. È per il bene di adempiere a questo dovere che a volte deve essere versato del sangue”. Frasi, infine, come queste: “Questo dovere è particolarmente importante nelle circostanze attuali, perché gli imperialisti, i governanti oppressivi e traditori, gli ebrei, i cristiani e i materialisti stanno tutti tentando di distorcere le verità dell’Islam e di sviare i musulmani. Le nostre responsabilità di propagazione e istruzione sono più grandi che mai. Vediamo oggi che gli ebrei (che Dio li maledica) hanno interferito con il testo del Corano e hanno apportato alcune modifiche ai Corani che hanno stampato nei territori occupati. Dobbiamo protestare e far sapere alla gente che gli ebrei e i loro sostenitori stranieri si oppongono alle fondamenta stesse dell’islam e desiderano stabilire il dominio ebraico in tutto il mondo. Poiché sono un gruppo di persone astuto e pieno di risorse, temo che – Dio non voglia – possano un giorno raggiungere il loro obiettivo e che l’apatia mostrata da alcuni di noi possa consentire a un ebreo di governarci un giorno. Che Dio non ci faccia mai vedere un giorno del genere!”.
 

Nella chiave del fondamentalismo islamista, la lotta contro Israele, come è evidente, non è una lotta finalizzata alla conquista di un territorio, ma è una lotta al centro del quale vi è la volontà di imporre un’ideologia, la volontà di trasformare il popolo ebraico nel simbolo di tutto ciò che l’islam deve combattere per essere coerente con se stesso, per difendere la sua storia, per proteggere la sua identità, per combattere l’imperialismo americano, dell’occidente, che con il suo stile di vita vuole corrompere il mondo islamico. È in nome dell’islam fondamentalista che Israele deve soccombere. È in nome dell’islam fondamentalista che Israele deve sparire. È in nome dell’islam fondamentalista che tutto ciò che rappresenta la democrazia occidentale, la società aperta, i valori liberali deve essere combattuto. Perché Israele è contaminazione. Perché Israele è apertura. Perché Israele è libertà. Basta rileggere con attenzione il concentrato di antisemitismo che si trova dietro la dottrina che muove da anni l’odio dell’Iran contro il popolo ebraico per capire che cosa c’è in ballo in queste ore quando si prova a ragionare senza ipocrisie su quella che è la vera origine dell’escalation in medio oriente. Non è una reazione obbligata. È ideologia omicida. E’ antisemitismo profondo. È islamismo fondamentalista, che trasforma la libertà in un bersaglio da abbattere, in un nemico da stendere, in un obiettivo da combattere, con tutti i mezzi a disposizione. Scegliere da che parte stare non dovrebbe essere così difficile.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.