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il colloquio

Tarquinio: “L'attacco ucraino in Russia mi preoccupa. No a veti di Conte su Renzi"

Luca Roberto

L'europarlamentare eletto con il Pd: "Mi colpisce la leggerezza di certi commenti. Balliamo sull'abisso. Il campo largo? Si porga l'orecchio all'ascolto degli altri"

In Ucraina non c’è solo un’avanzata trionfale. Ci sono ancora centinaia di ucraini che muoiono a Donetsk. Per questo non ho cambiato idea: stop alla logica dell’escalation. Stiamo ballando sull’abisso”. L’europarlamentare Marco Tarquinio al partito che l’ha fatto eleggere, il Pd, non rinuncia a dire come la pensa, dopo l’attacco ucraino a Kursk. “Vedo in atto un gioco molto rischioso”. Conte ha già criticato Kyiv. Il Pd è più timido nella reazione? “Ma al Parlamento europeo abbiamo già votato il no all’uso delle armi occidentali per colpire sul territorio russo”.

 

Dice Tarquinio, ragionando sempre sugli ultimi avvenimenti ucraini, che “è uno sviluppo in parte logico dello spartito della guerra. E’ chiaro che alcune operazioni vengano fatte anche per sedersi meglio al tavolo negoziale. Ma non ci rendiamo conto che, in Ucraina così come in medio oriente, siamo sospesi tra il tutto e il niente. Io vedo tra i due conflitti uno sviluppo simmetrico”. In entrambe le guerre, secondo il giornalista ed europarlamentare, quel che non si sta avendo il coraggio di fare è insistere sulla soluzione diplomatica. “Sono preoccupato dalla leggerezza dei commenti di certi osservatori italiani. Non realizzano a pieno che, al di là della legittimità della reazione ucraina, questo gioco porta a un’escalation in cui alla fine la guerra non si ferma mai. Non ho mai visto un proiettile far germogliare dei fiori. Per questo continuo a sognare un’iniziativa forte da parte dell’Europa. Che nella sua stessa ragion d’essere è stata capace di controvertire le ragioni della guerra. E invece adesso è completamente assente: un black-out che dura da anni, almeno dall’accordo nucleare con l’Iran. Eppure il ruolo dell’Europa sarebbe quello di intervento negli scenari di crisi in maniera non violenta. Sull’esempio di ambasciatori come Luca Attanasio”.

 

Secondo l’ex direttore di Avvenire, in realtà, “anche la distinzione che viene fatta tra armi per difendersi e per attaccare è inutile. Non è che si possono controllare gli effetti di tutte le armi difensive”. E’ questo, forse, uno dei punti che più lo distanziano dalla linea del Pd, che almeno ufficialmente l’invio di armi difensive all’Ucraina l’ha sempre votato. “Come detto, al Parlamento europeo abbiamo detto no all’utilizzo in territorio russo delle armi inviate in Ucraina. Lo so che alcuni la pensano diversamente da me, ma non mi sono candidato per fare una battaglia solitaria. Voglio partecipare a un discorso politico che indichi l’uscita dalla guerra. Sul conflitto israelo-palestinese, per esempio, condivido pienamente la posizione del Pd del riconoscimento due popoli e due stati”. Il leader del M5s Giuseppe Conte, invece, smarcandosi, dopo un altro centinaio di morti in una scuola a Gaza ha chiesto il ritiro dell’ambasciatore italiano a Tel Aviv. Condivide? “Capisco il tentativo di pressare Netanyahu, ma interrompere i canali diplomatici è sempre una pessima soluzione”, dice Tarquinio. “Anche i negoziati in corso con Doha e il Cairo ci insegnano che i tavoli si fanno con chi c’è. Non con chi non c’è”.

 

Si dice spesso che la politica estera sia un fattore determinante nella costruzione di una coalizione. Nel famoso campo largo, però, vorrebbe dire far coesistere le posizioni di Tarquinio con quelle di Matteo Renzi. Il Pd, che è il baricentro di questo nuovo fronte progressista in costruzione, deve porgere l’altra guancia al leader di Italia viva? “Io credo che Renzi abbia già iniziato a fare i conti e a riconoscere i suoi errori. E che questa, lo dice uno che come lui viene dai boy scout, è una cosa positiva”, analizza Tarquinio. “I più grandi devono sempre aiutare gli altri. Più che porgere l’altra guancia servirebbe porgere l’altro orecchio, ascoltare, senza veti. La storia non si annulla con un soffio, ma la politica è pur sempre l’arte del possibile”. E’ un discorso che riguarda a maggior ragione Conte, che delle impuntature nei confronti di Renzi le ha  manifestate a più riprese? “Senz’altro”, risponde l’europarlamentare. “All’inizio della legislatura c’erano una coalizione di destra-centro che sembrava coesa e un’opposizione divisa in tre. Io credo che invece si sia fatto un lavoro comune per esempio a partire dai diritti sociali. Ci sono state azioni di ricucitura, dall’Autonomia al salario minimo. E dall’altra parte è la destra-centro a sembrare divisa in tre. Certo la capacità di creare una coalizione è qualcosa che deve interessare tutti”. Di questo fronte progressista, Schlein resta la leader indiscussa? “Così come a destra Salvini non accetta la leadership di Meloni, ci sta che qualcun altro ambisca a diventare il perno del centrosinistra. I rapporti di forza fotografati dalle europee però sono evidenti. Ma conterà la volontà di costruire un percorso comune”, aggiunge Tarquinio.  “Altrimenti il campo largo resterà un campo santo di buone intenzioni rimaste inascoltate”.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.