l'anniversario
La democrazia? Difficile ma necessaria. La lezione di De Gasperi
Mediazione e immediatezza, contrapposizione apparente. L’eredità dell'ex presidente del Consiglio a 70 anni dalla morte
Lo scorso 13 maggio, a Palazzo Lombardia, durante un’iniziativa promossa dalla Fondazione che ne serba la memoria, alla domanda se conoscessero Alcide De Gasperi, più della metà dei partecipanti – poco oltre un centinaio di studentesse e studenti – ha risposto negativamente. Nonostante la rudimentalità del sondaggio, il dato emerso deve comunque far riflettere. Infatti, la frequenza con la quale viene evocato nel dibattito pubblico lo statista trentino induce a pensare che la stragrande maggioranza dei cittadini sappia chi sia: è vero per alcune fasce della popolazione, ma forse non per quelle più giovani.
Settant’anni fa, invece, la figura di De Gasperi era largamente nota. Quando – dopo la morte avvenuta il 19 agosto 1954 – la sua salma venne trasportata da Sella di Valsugana a Roma, nelle stazioni ferroviarie toccate dal convoglio si riunirono centinaia di persone per rendere omaggio a una delle figure più importanti della storia italiana, e non solo. Provato nella salute, ma anche deluso dal fallimento di alcune importanti iniziative politiche (soprattutto il progetto di difesa europea), il leader democristiano moriva nel suo Trentino lasciando una traccia indelebile che è stata poi variamente ripresa, declinata e talvolta persino stravolta. E’ il destino riservato a coloro che segnano effettivamente la storia di un paese.
E’ dunque un peccato che oggi molti giovani non conoscano De Gasperi e il settantesimo dalla morte è certamente l’occasione per farne memoria e per sottolinearne l’eredità. Maria Romana De Gasperi ha dedicato tutta la vita a ricordare la figura del padre, con la sua instancabile presenza in convegni e seminari e soprattutto con un importante biografia scritta nel lontano 1964 (De Gasperi. Uomo solo, Mondadori) e con una serie di scritti, alcuni dei quali ora raccolti in un agile e al tempo stesso intenso libro (Mio padre, Alcide, Vita e Pensiero 2023). Recentemente Antonio Polito ha scritto un saggio su De Gasperi, individuando, dall’esperienza dello statista trentino, cinque lezioni da offrire ai politici di oggi (Il costruttore, Mondadori 2024), che confermano quindi il grande interesse che suscita questa leadership.
Nel frangente storico attuale, vale la pena sottolineare un aspetto che più di altri evoca l’esperienza degasperiana: l’importanza della democrazia. Il 20 novembre 1948, in un celebre intervento tenuto al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles, lo statista trentino delineava le basi morali dell’ordinamento democratico e sottolineava che “questo metodo democratico, che pure è il migliore che il consorzio umano abbia inventato, è tutt’altro che semplice”. E’ dunque un sistema complesso: “continui discorsi, continue agitazioni, una Camera, due Camere, elezioni, sopra elezioni, quanta fatica!”. Eppure, proseguiva, “abbiamo avuto tali esperienze nel passato per concludere che è il meno peggio che possa toccare al mondo”. Tale consapevolezza sembra essersi persa ai giorni nostri. La democrazia rappresentativa è vista come un sistema lento, che non favorisce decisioni immediate e veloci, come invece richiede un contesto interno e internazionale sempre più frenetico. E’ in questa apparente contrapposizione – riassumibile nel contrasto tra mediazione e immediatezza – che risiede una parte significativa dell’attuale dibattito sulle possibili riforme istituzionali. Il modo con il quale De Gasperi ha guidato alcuni processi (per esempio, la creazione di coalizioni eccedenti, l’approvazione della cosiddetta legge truffa, l’attuazione di alcune parti della Costituzione) testimoniano come sia possibile avere una leadership “forte” in un contesto ad alto tasso di mediazione. Un’eventualità che dobbiamo tenere bene a mente.
Infatti, secondo una ricerca su giovani, democrazia e partecipazione politica, condotta dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo in collaborazione con Ipsos, una fetta significativa degli intervistati (72,5 per cento) è d’accordo con l’idea che in Italia ci sia bisogno di un leader politico con una forte personalità, capace di affrontare in modo risoluto i problemi. Un dato di per sé non sorprendente, ma che conferma una tendenza e soprattutto caratterizza una fascia della popolazione (18-34 anni). Allo stesso tempo, gli intervistati indicano un aumento della fiducia nei partiti: è ancora bassa in termini numerici (31,6 per cento), ma è il dato più alto rispetto a quelli rilevati nell’ultimo decennio. Sembrano dati in contraddizione: una personalità politica autorevole allude a un contesto di immediatezza, mentre l’attività dei partiti suggerisce la mediazione. In realtà, dicono molto su come sia articolato l’elettorato di una democrazia e su come le aspettative dei cittadini sfuggano a schemi e polarizzazioni semplificanti. E quindi ci ricordano – come ci ha insegnato De Gasperi – che la democrazia è un sistema complesso.
Antonio Campati, Università Cattolica del Sacro Cuore
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