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La controffensiva

La Lega in Veneto prova ad arginare il referendum contro l'autonomia: “Pronti 200 presidi permanenti”

Francesco Gottardi

“A chi dice no all’Italia delle riforme, noi rispondiamo sul territorio”, attacca Alberto Stefani, segretario regionale e promotore dell’iniziativa. “I gazebo saranno attivi ogni weekend da qui alle prossime regionali: coinvolgeremo i cittadini e faremo valere i nostri diritti”

La Liga muove le torri. Se l’Italia centralista suona le sue trombe, gli autonomisti suonano le loro campane. “Mi sembra una buona sintesi”, conviene Alberto Stefani, deputato e segretario del Carroccio in Veneto. Che da oggi disporrà 200 gazebo permanenti in tutta la regione per rilanciare il tema dell'autonomia. “Il cammino è tracciato. A grandi tappe: riunione organizzativa il 5 settembre, poi il 14-15 partiamo coi presidi”, spiega al Foglio l’artefice della campagna. “E questi saranno attivi sempre, ogni weekend da qui alle prossime elezioni regionali. Iniziative, comizi, flashmob, video. Anche per incentivare il coinvolgimento esterno. L’autonomia è nel nostro Dna: non staremo a guardare mentre qualcun altro prova a togliercela”.

 

La raccolta firme per il referendum contro la Legge Calderoli sull’autonomia differenziata, promosso da tutte le opposizioni, ha già ottenute 500 mila firme. Ultima quella del dem Bonaccini, già federalista, eppure poco incline a lasciare gli onori del caso al leghismo. E con lui sono tanti altri, i vorrei ma non posso. “Presto raggiungeremo un milione di firme”, dicono in coro Pd e M5s. Così la vecchia Liga, di lotta e di governo, non poteva stare a guardare. “Abbiamo creato un pannello di gestione dei gazebo insieme ai capigruppo regionali, ai responsabili organizzativi delle province e a una figura di riferimento per i parlamentari ancora da individuare”, continua Stefani. “Una vera e propria cabina di regia. Poi ogni militante istituzionale sarà impegnato a curare due gazebo a settimana”. Dalle Dolomiti all’Adriatico, in oltre un comune su tre nel territorio. “L’obiettivo è garantire un baluardo a tutela dell’autonomia, attraverso il collegamento diretto con i cittadini”.

La sensazione è quella di sfondare una porta aperta: il Veneto si è già espresso, nel fatidico 22 ottobre 2017. Quorum raggiunto, 98,1 per cento di voti a favore. Un plebiscito. Allora perché non dirottare le forze sulle regioni in bilico? “Io sono il segretario di questa, e per questa posso darmi da fare”, sorride il deputato. “Ma al netto degli slogan, penso sia importante spiegare a chi ci ascolta i benefici concreti della riforma. Preparando la base e il consenso: attorno a noi vogliamo un elettorato vigile, reattivo, che sappia a cosa vanno incontro il Veneto e l’Italia se la Legge Calderoli non troverà applicazione reale”. In caso di controffensive referendarie, pronti picchetti e bandiere di San Marco anche fuori da Palazzo Chigi? “Vediamo come procede. Ma in caso di necessità, l’essenza dei gazebo è proprio questa: far valere la nostra voce e i nostri diritti”.

È la mossa che ricompatta la vecchia Liga, dilaniata da logoranti battaglie interne da oltre un triennio. Il ‘bulldog’ Marcato parla di “Ius Veneti”, di “tradimento”, di “uscita dal governo qualora passasse il referendum abrogativo”. Alberto Villanova, il delfino di Zaia, avverte che “metterci in discussione con lo stato centrale rischia di essere uno scenario concreto”. E in tutto questo il salviniano Stefani rilancia coi gazebo. Dando sfogo alle voci, appunto. Nuove arene della militanza. “Finalmente c’è un bel clima attorno a noi”. Gli altri confermano, approvano l’iniziativa. Si mettono in posizione di guardia. È spalle al muro che i venetisti sanno fare squadra davvero. Perché di politica si può discutere. Di autonomia, oltre la linea del Po, giammai.

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